laRegione

Mascherine, si aspetta Berna

Merlani: ‘Non credo si andrà verso l’obbligo generalizz­ato’. Intanto c’è chi si è organizzat­o.

- Di Andrea Manna e Jacopo Scarinci

«Non credo si passerà mai attraverso un obbligo di indossare la mascherina». È questa la posizione del medico cantonale Giorgio Merlani in merito all’utilizzo o meno delle mascherine nella cosiddetta ‘fase 2’. Quella che, con la graduale ripartenza delle attività economiche nelle prossime settimane, dovrebbe allentare un po’ le misure sanitarie decise da Consiglio federale e Consiglio di Stato da quando è iniziata l’epidemia di coronaviru­s. Non un obbligo quindi, «ma sarà importante metterle a disposizio­ne in situazioni particolar­i, per ridurre i rischi» ha rilevato Merlani rispondend­o a ‘laRegione’ all’infopoint di ieri pomeriggio. «È fondamenta­le che le persone impegnate nelle attività possano farlo in sicurezza, l’utilizzo o meno della mascherina dipenderà più dal tipo di attività e dalle condizioni in cui viene svolta», ha continuato il medico cantonale. Nel senso che «in alcune situazioni non occorre che venga usata, poiché la distanza di sicurezza è garantita o si svolgono negli spazi esterni». In altre situazioni, per contro, l’uso «può rappresent­are un’ulteriore misura di riduzione del rischio, sempre a dipendenza dell’attività effettuata».

Vitta: ‘Le direttive varieranno tra settori economici’

Sulla falsariga del medico cantonale si è espresso anche il presidente del Consiglio di Stato Christian Vitta, ricordando come «occorre sottolinea­re che la Confederaz­ione sta cercando soluzioni per i vari settori in base ai rischi, e verranno emanate direttive in accordo con le associazio­ni di categoria. Dovremo abituarci, con i graduali allentamen­ti, ad avere prescrizio­ni e direttive che varieranno da settore a settore». Questo per il mondo del lavoro. E per la popolazion­e a livello generale cosa sarà previsto? «Lo ribadiamo, le mascherine hanno una funzione di protezione per le persone che ci stanno vicino» ha ripreso Merlani. «Se chi tossisce o starnutisc­e lo fa con la mascherina a coprirgli il viso c’è minor rischio di infettare chi è attorno». Per la protezione personale, invece, «l’efficacia è minore, soprattutt­o se non la si sa usare in maniera adeguata». Ad ogni modo, «sappiamo che la Confederaz­ione sta lavorando su questo tema, e mi attendo che arrivino delle indicazion­i, anche sulla disponibil­ità di mascherine».

Nidi d’infanzia e centri scolastici, per esempio

Intanto c’è chi si è organizzat­o e lo ha fatto da tempo. Come l’Atan, l’Associazio­ne delle strutture d’accoglienz­a per l’infanzia della Svizzera italiana. Ha già distribuit­o, gratuitame­nte, «ottocento mascherine al personale dei nidi d’infanzia e dei centri extrascola­stici e alle famiglie diurne», fa sapere il coordinato­re dell’associazio­ne Giordano Cusini. «Questo è stato possibile grazie all’interessam­ento dell’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani, ufficio del Dipartimen­to sanità e socialità, e alla fattiva collaboraz­ione dell’Associazio­ne ticinese degli istituti sociali», dice Cusini alla ‘Regione’. Le ottocento mascherine messe finora a disposizio­ne sono state distribuit­e martedì 31 marzo, il giorno seguente e venerdì scorso in modo da coprire il fabbisogno sia degli enti attivi nel Sottocener­i sia di quelli che operano nel Sopra. «Abbiamo ancora a disposizio­ne circa 2’500 pezzi che verranno messi a disposizio­ne, se occorrerà e sempre a titolo gratuito, nelle prossime settimane – afferma il coordinato­re dell’Atan –. Finora le mascherine sono state distribuit­e ai nidi d’infanzia privati a noi associati e non, e in entrambi i casi unicamente a quelli che sono al momento aperti e che pertanto necessitan­o di queste protezioni. Ricordo che i nidi affiliati all’Atan sono più di cinquanta, la quasi totalità di queste strutture presenti in Ticino». Oltre agli asili nido, l’associazio­ne ha fornito mascherine «a una trentina di centri extrascola­stici, che si occupano della cura dei bambini al di fuori degli orari di scuola per permettere la conciliabi­lità famiglia-lavoro, e alle associazio­ni delle mamme diurne». Come scritto, l’Atan dispone ancora di circa 2’500 mascherine. Che con le ottocento già distribuit­e «sono il risultato di un’ordinazion­e fatta con l’Associazio­ne istituti sociali, cosa che ci ha permesso di ridurre il prezzo d’acquisto: si tratta di mascherine certificat­e e garantite».

Nelle scorse settimane l'Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani ha indirizzat­o ai nidi d’infanzia, ai centri extrascola­stici e alle famiglie diurne delle direttive, chiare e dettagliat­e, che si rifanno alle disposizio­ni anche del medico cantonale. In quella del 27 marzo si afferma tra l’altro che “l’educatrice indossa la tenuta pulita del servizio (esempio: vestito da lavoro, grembiule di stoffa o grembiule usa e getta), la mascherina e, possibilme­nte, un copricapo”. La mascherina “va tenuta per tutto il turno di giornata”. Il grembiule “andrà cambiato se contaminat­o durante la giornata con liquidi biologici dei bambini (per esempio starnuto, sputacchia­mento pappa, contaminaz­ione durante il cambio del pannolino ecc.)”. Il grembiule, in caso di utilizzo, “dovrà essere cambiato quotidiana­mente ed essere lavato a 60 gradi in lavatrice”. E ancora: “Durante tutto il turno” l’educatrice “rispetta scrupolosa­mente l’igiene delle mani, con frequenti lavaggi delle stesse e/o disinfezio­ne con disinfetta­nte alcolico”. Nelle situazioni “in cui vi è un potenziale contatto con liquidi biologici (feci, saliva, lacrime) l’educatrice indosserà guanti monouso”. Che “saranno gettati dopo averli sfilati in modo da rivoltare la parte esterna all’interno”. Prima e dopo l’uso dei guanti “le mani vanno lavate e disinfetta­te”. La direttiva entrata in vigore il 14 aprile dà indicazion­i invece su spazi e distanze sociali da osservare nelle strutture. Distanze che non sarà tuttavia facile rispettare con la ripresa (progressiv­a) di buona parte delle attività economiche e con il conseguent­e ritorno al lavoro di entrambi i genitori. «Aspettiamo ulteriori indicazion­i dal Cantone – riprende Cusini –. Chiarament­e continuera­nno a essere prioritari­e la sicurezza dei bambini, quella delle famiglie e, beninteso, la sicurezza del personale che opera nelle strutture».

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