Mascherine, si aspetta Berna
Merlani: ‘Non credo si andrà verso l’obbligo generalizzato’. Intanto c’è chi si è organizzato.
«Non credo si passerà mai attraverso un obbligo di indossare la mascherina». È questa la posizione del medico cantonale Giorgio Merlani in merito all’utilizzo o meno delle mascherine nella cosiddetta ‘fase 2’. Quella che, con la graduale ripartenza delle attività economiche nelle prossime settimane, dovrebbe allentare un po’ le misure sanitarie decise da Consiglio federale e Consiglio di Stato da quando è iniziata l’epidemia di coronavirus. Non un obbligo quindi, «ma sarà importante metterle a disposizione in situazioni particolari, per ridurre i rischi» ha rilevato Merlani rispondendo a ‘laRegione’ all’infopoint di ieri pomeriggio. «È fondamentale che le persone impegnate nelle attività possano farlo in sicurezza, l’utilizzo o meno della mascherina dipenderà più dal tipo di attività e dalle condizioni in cui viene svolta», ha continuato il medico cantonale. Nel senso che «in alcune situazioni non occorre che venga usata, poiché la distanza di sicurezza è garantita o si svolgono negli spazi esterni». In altre situazioni, per contro, l’uso «può rappresentare un’ulteriore misura di riduzione del rischio, sempre a dipendenza dell’attività effettuata».
Vitta: ‘Le direttive varieranno tra settori economici’
Sulla falsariga del medico cantonale si è espresso anche il presidente del Consiglio di Stato Christian Vitta, ricordando come «occorre sottolineare che la Confederazione sta cercando soluzioni per i vari settori in base ai rischi, e verranno emanate direttive in accordo con le associazioni di categoria. Dovremo abituarci, con i graduali allentamenti, ad avere prescrizioni e direttive che varieranno da settore a settore». Questo per il mondo del lavoro. E per la popolazione a livello generale cosa sarà previsto? «Lo ribadiamo, le mascherine hanno una funzione di protezione per le persone che ci stanno vicino» ha ripreso Merlani. «Se chi tossisce o starnutisce lo fa con la mascherina a coprirgli il viso c’è minor rischio di infettare chi è attorno». Per la protezione personale, invece, «l’efficacia è minore, soprattutto se non la si sa usare in maniera adeguata». Ad ogni modo, «sappiamo che la Confederazione sta lavorando su questo tema, e mi attendo che arrivino delle indicazioni, anche sulla disponibilità di mascherine».
Nidi d’infanzia e centri scolastici, per esempio
Intanto c’è chi si è organizzato e lo ha fatto da tempo. Come l’Atan, l’Associazione delle strutture d’accoglienza per l’infanzia della Svizzera italiana. Ha già distribuito, gratuitamente, «ottocento mascherine al personale dei nidi d’infanzia e dei centri extrascolastici e alle famiglie diurne», fa sapere il coordinatore dell’associazione Giordano Cusini. «Questo è stato possibile grazie all’interessamento dell’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani, ufficio del Dipartimento sanità e socialità, e alla fattiva collaborazione dell’Associazione ticinese degli istituti sociali», dice Cusini alla ‘Regione’. Le ottocento mascherine messe finora a disposizione sono state distribuite martedì 31 marzo, il giorno seguente e venerdì scorso in modo da coprire il fabbisogno sia degli enti attivi nel Sottoceneri sia di quelli che operano nel Sopra. «Abbiamo ancora a disposizione circa 2’500 pezzi che verranno messi a disposizione, se occorrerà e sempre a titolo gratuito, nelle prossime settimane – afferma il coordinatore dell’Atan –. Finora le mascherine sono state distribuite ai nidi d’infanzia privati a noi associati e non, e in entrambi i casi unicamente a quelli che sono al momento aperti e che pertanto necessitano di queste protezioni. Ricordo che i nidi affiliati all’Atan sono più di cinquanta, la quasi totalità di queste strutture presenti in Ticino». Oltre agli asili nido, l’associazione ha fornito mascherine «a una trentina di centri extrascolastici, che si occupano della cura dei bambini al di fuori degli orari di scuola per permettere la conciliabilità famiglia-lavoro, e alle associazioni delle mamme diurne». Come scritto, l’Atan dispone ancora di circa 2’500 mascherine. Che con le ottocento già distribuite «sono il risultato di un’ordinazione fatta con l’Associazione istituti sociali, cosa che ci ha permesso di ridurre il prezzo d’acquisto: si tratta di mascherine certificate e garantite».
Nelle scorse settimane l'Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani ha indirizzato ai nidi d’infanzia, ai centri extrascolastici e alle famiglie diurne delle direttive, chiare e dettagliate, che si rifanno alle disposizioni anche del medico cantonale. In quella del 27 marzo si afferma tra l’altro che “l’educatrice indossa la tenuta pulita del servizio (esempio: vestito da lavoro, grembiule di stoffa o grembiule usa e getta), la mascherina e, possibilmente, un copricapo”. La mascherina “va tenuta per tutto il turno di giornata”. Il grembiule “andrà cambiato se contaminato durante la giornata con liquidi biologici dei bambini (per esempio starnuto, sputacchiamento pappa, contaminazione durante il cambio del pannolino ecc.)”. Il grembiule, in caso di utilizzo, “dovrà essere cambiato quotidianamente ed essere lavato a 60 gradi in lavatrice”. E ancora: “Durante tutto il turno” l’educatrice “rispetta scrupolosamente l’igiene delle mani, con frequenti lavaggi delle stesse e/o disinfezione con disinfettante alcolico”. Nelle situazioni “in cui vi è un potenziale contatto con liquidi biologici (feci, saliva, lacrime) l’educatrice indosserà guanti monouso”. Che “saranno gettati dopo averli sfilati in modo da rivoltare la parte esterna all’interno”. Prima e dopo l’uso dei guanti “le mani vanno lavate e disinfettate”. La direttiva entrata in vigore il 14 aprile dà indicazioni invece su spazi e distanze sociali da osservare nelle strutture. Distanze che non sarà tuttavia facile rispettare con la ripresa (progressiva) di buona parte delle attività economiche e con il conseguente ritorno al lavoro di entrambi i genitori. «Aspettiamo ulteriori indicazioni dal Cantone – riprende Cusini –. Chiaramente continueranno a essere prioritarie la sicurezza dei bambini, quella delle famiglie e, beninteso, la sicurezza del personale che opera nelle strutture».