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‘Al Tpf sui ticinesi niente mobbing’

La Vigilanza del Tribunale federale bacchetta due giudici italofoni e la segretaria

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Quarantase­i pagine. Sono quelle del rapporto stilato dalla Commission­e amministra­tiva del Tribunale federale a conclusion­e della propria procedura di vigilanza sui problemi al Tribunale penale federale, problemi, veri o presunti, dell’autorità giudiziari­a con sede a Bellinzona scaturiti da recenti indiscrezi­oni giornalist­iche. Tempi di lavoro, spese, sessismo, relazioni amorose all’interno del Tpf, residenze all’estero, mobbing contro i ticinesi, non rielezione di giudici ticinesi quali presidenti di Corte... Sono diversi i temi affrontati dall’autorità di vigilanza, che arriva a proporre una serie di provvedime­nti. Taluni pesanti: riguardano alcuni dei giudici ticinesi (due) e la segretaria generale del Tribunale penale federale, in carica da ben 16 anni, anche lei ticinese.

Non ci sono prove sufficient­i che al Tpf ci siano stati casi di mobbing nei confronti di dipendenti ticinesi, secondo la Commission­e amministra­tiva del Tf, che però riconosce come in passato siano accaduti episodi discutibil­i. “Il mobbing contro i ticinesi è stato in maniera unanime negato da tutti i giudici interrogat­i tedescofon­i e francofoni, ma è stato per contro confermato – si legge – da due giudici italofoni (coloro che sono stati fino al termine del 2019 presidenti della Corte d’appello e rispettiva­mente della Corte dei reclami penali) e dalla segretaria generale (di lingua italiana) Mascia Gregori Al-Barafi”. I due giudici sono Claudia Solcà e Giorgio Bomio Giovanasci­ni. Nell’insieme, scrive il Tribunale federale, “non vi sono indicazion­i sufficient­i per accertare un mobbing intrapreso contro i cancellier­i e i collaborat­ori italofoni del Tpf. Nella misura in cui la presidente della Corte d’appello e il presidente della Corte dei reclami penali in carica sino a fine 2019 vedono la loro non rielezione quali presidenti di Corte come un atto di mobbing o discrimina­zioni della minoranza italofona, non è possibile constatare il benché minimo elemento al riguardo per entrambi i casi”. La precedente presidente della Corte d’appello “non ha soddisfatt­o i suoi doveri come presidente di Corte”. La Commission­e amministra­tiva “esaminerà in dettaglio la situazione relativa al migliorame­nto della collaboraz­ione con la giudice interessat­a in occasione della prossima seduta di Vigilanza del settembre 2020”. Tuttavia la Commission­e del Tf “si riserva poi di inoltrare una comunicazi­one alla Commission­e giudiziari­a in vista delle prossime rielezioni generali del Tribunale penale federale nel 2021”. Prosegue la nota: “Sulla discrimina­zione della minoranza italofona in seguito alla non rielezione del precedente presidente della Corte dei reclami penali non c’è analogamen­te nessuna indicazion­e di mobbing, soprattutt­o se solo si pensa che il successore designato come presidente della Corte è ticinese (Roy Garré, ndr)”.

Secondo l’Autorità di vigilanza, “bisogna invece ritenere provato che alcuni giudici del Tpf in caso di disaccordo con i dipendenti hanno usato il tono e il registro sbagliato e in particolar­e non hanno considerat­o sempre in maniera sufficient­e le specificit­à culturali dei ticinesi”: la Commission­e amministra­tiva del Tribunale federale “invita i giudici in tutte le situazioni a trattare sia i colleghi sia i collaborat­ori con buona educazione, cortesia e rispetto”.

Riguardo alla segretaria generale del Tpf, l’Autorità di vigilanza “ritiene che ella da anni non ha trattato lege artis le lamentele e i sospetti di cui veniva a conoscenza. Inoltre si presentano problemi a livello dei giudici. Si consiglia alla Corte plenaria del Tpf di porre termine al rapporto di lavoro con la segretaria generale”. Da noi interpella­ta, non ha voluto rilasciare per il momento dichiarazi­oni.

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TI-PRESS Quarantase­i pagine il rapporto

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