laRegione

Covid, forti differenze fra le tre case anziani

Nessun decesso alla Pedemonte e Mesolcina, diversi a Sementina. ‘Fatto tutto il possibile’.

- Di Marino Molinaro

‘Stessa mortalità lì e in ospedale’

Zero contagi e decessi da Covid-19 fra pazienti delle due case di riposo comunali di Bellinzona ‘Pedemonte’ e ‘Mesolcina’; diversi decessi nella terza casa anziani cittadina di Sementina, più un paio nel vicino Centro riabilitat­ivo Somen. “I motivi della differenza­r·ileva interpella­to dalla ‘Regione’ il municipale Giorgio Soldini, capodicast­ero Socialità · non sono per ora noti. Posso però assicurare che quanto era necessario fare per isolare le strutture è stato fatto, peraltro contempora­neamente e con grande dispendio di energie da parte di tutti i collaborat­ori, e questo sin da quando le autorità sanitarie cantonali hanno emanato le prime disposizio­ni che riducevano il diritto di visita, infine revocato”. Tra i motivi scatenanti talvolta indicati vi è quello dei portatori asintomati­ci, ossia quelle persone positive al Covid-19 che non manifestan­o febbre né altri stati di malessere. È da ricercare qui l’origine del problema? “Non posso escluderer·isponde Soldini c· he a Sementina possa esserci stata una trasmissio­ne interna favorita da più malati e dipendenti asintomati­ci entrati nella struttura prima delle misure restrittiv­e emanate il 7 e 9 marzo”. Quanto alle altre due case anziani cittadine, “abbiamo finora registrato solo due operatori positivi: posti in quarantena, sono nel frattempo guariti e rientrati al lavoro”.

Informazio­ne ai familiari

Il familiare di un’anziana deceduta a Sementina per Covid-19 lamenta una carenza informativ­a nel primo periodo pandemico, ossia attorno alla metà di marzo quando si sono registrati in Ticino i primi decessi. “Il 27 marzo c· i spiega il familiare h· o appreso dal vostro giornale che a Sementina vi erano alcuni ospiti e operatori contagiati. Però nessuno ci aveva contattato per dircelo. Solo verso Pasqua abbiamo ricevuto una lettera, peraltro proprio nel periodo in cui nostra madre è risultata positiva ed è poi venuta a mancare. Mi ha poi sorpreso apprendere che divideva la camera con un’altra ospite nel frattempo pure lei deceduta per Covid-19. All’inizio non eravamo inoltre stati informati della presenza di una finestra oraria nella quale telefonare, e non sempre è risultato affidabile il passaggio di informazio­ni fra un turno di operatori sanitari e l’altro. Per contro, voglio rimarcare la grande sensibilit­à e profession­alità dimostrate dal personale curante. Molto gradita è stata anche la possibilit­à di contattare nostra madre via tablet e di darle un ultimo saluto di persona prima che morisse”. Giorgio Soldini dal canto suo rileva che l’informazio­ne data al nostro giornale il 27 marzo “dimostra la volontà di informare in modo trasparent­e. Quando abbiamo reputato possibile farlo, ci siano quindi rivolti a tutti i familiari inviando loro due lettere informativ­e riguardant­i la situazione venutasi a creare”. Quanto alle camere doppie, “posso garantire che non sono stati messi insieme ospiti positivi con ospiti negativi”. Infine l’informazio­ne non sempre lineare fra i turni di operatori: “Se così è andata, è possibile ricondurla all’eccezional­ità della situazione e alla mole di lavoro svolto”.

Ma perché gli ospiti delle case di riposo positivi al Covid-19 vengono raramente ospedalizz­ati? Metà dei decessi registrati in Ticino risulta essere proprio nelle strutture per anziani. Lì sono curati bene? Il dottor Roberto Malacrida di Bellinzona, in pensione da sei anni ma tutt’oggi punto di riferiment­o per le cure intensive, è chiamato a fornire un secondo parere di tipo etico, se richiesto, alla valutazion­e svolta caso per caso dai medici responsabi­li delle strutture per anziani del Sopracener­i e dal medico curante del paziente. “Dapprima s· piega v· orrei evidenziar­e il concetto di ‘triage’ che viene svolto in un contesto di guerra o catastrofe. Capita quando le risorse sanitarie a disposizio­ne sono nettamente inferiori ai bisogni sanitari. In quel contesto si privilegia chi ha più possibilit­à di sopravvive­re. Ora, durante questa crisi sanitaria dovuta al Covid-19, il Ticino non ha dovuto operare in regime di ‘triage’ che avrebbe razionato i mezzi escludendo taluni pazienti dalle cure”. Questo per più motivi. Dapprima “perché, con sforzi e risultati eccezional­i, si sono triplicati i letti di cure intensive. Soltanto verso fine marzo, e in un’unica occasione, essendo rimasti tre letti liberi si è temuto di dover scegliere quali pazienti ammettere, considerat­a la difficoltà in quel momento di far capo a strutture d’Oltralpe”. Un secondo motivo è che “le stesse case di riposo sono state in grado di assistere con un’elevata qualità di cura i loro ospiti”. Una prima statistica “indica per i pazienti molto anziani un tasso di mortalità da Covid-19 pari al 30%, sia che restino nelle case di riposo, sia che vengano curati all’ospedale. Ciò dimostra che la qualità delle cure fornite è identica nei due ordini di strutture sanitarie”. Inoltre è stato accertato che “il Covid-19 non consente una sopravvive­nza oltre il 50% negli ultraottan­tenni. Dopo pochi giorni di cure intense, muoiono”. In questo contesto di elevata mortalità a· nnota Roberto Malacrida v· a allora considerat­o il concetto di ‘triage’, che “cerca di combinare il beneficio dato al singolo paziente molto anziano, il quale va preferibil­mente curato nella casa di riposo, rispetto al beneficio per la collettivi­tà”. Questo porta a una conclusion­e che rappresent­a anche una risposta agli interrogat­ivi riportati all’inizio: “Il trasferime­nto in ospedale non comporta una sopravvive­nza diversa”.

Il caso di Bellinzona­c· on zero decessi nelle strutture Pedemonte e Mesolcina e diversi in quella di Sementina s· econdo Malacrida spiega che all’inizio della pandemia a livello generale si è dato molto peso ai sintomi caratteriz­zati da febbre e difficoltà respirator­ie. “In loro assenza si è considerat­o come non contagiato chi non mostrava segnali. L’esperienza ha fatto poi ben presto comprender­e il grande problema rappresent­ato dagli asintomati­ci e dal forte potere di contagio di ‘uno a due’, ossia un positivo è in grado di contagiare mediamente due persone”. Quadro che va preso molto sul serioc· onclude Roberto Malacridac· onsiderato anche lo studio svolto in quattro case per anziani di Zurigo, nelle quali quasi la metà degli ospiti è risultata positiva, di cui il 40% in modo asintomati­co. La questione anagrafica è d’altronde un punto chiave della questione: “Infatti a 80 anni la probabilit­à di avere delle malattie è superiore che a 60. E le malattie che fanno diventare le complicanz­e di Covid-19 mortali sono abbastanza diffuse, come il diabete, l’ipertensio­ne, le cardiopati­e, le situazioni post-tumorali e, come sta emergendo negli Stati Uniti, anche l’obesità legata alla povertà”.

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TI-PRESS Dal 9 marzo, per decisione cantonale, non possono più ricevere visite
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TI-PRESS Il dottor Roberto Malacrida

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