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A proposito del Museo Epper

- Di Claudio Guarda, critico d'arte

Leggo su LaRegione l’accorato, forse anche estremo, appello di Mario Matasci a salvare il Museo Epper. Non voglio entrare nel merito delle ultime notizie circa il cambiament­o di sede che, a me personalme­nte, infondono scoramento e tristezza.

Ma quel suo appello non posso che farlo mio: perché, sotto le apparenze di un salvataggi­o, si sta consumando la svendita e la perdita di un’importante quanto preziosa testimonia­nza della storia artistica e culturale di Ascona. Un borgo che, grazie a illuminati intellettu­ali e operatori culturali, ha investito energie e mezzi, coinvolgen­do enti cantonali e nazionali, nel recupero e nel rilancio della sua straordina­ria storia – per più aspetti unica – tra Otto e Novecento, sapendo farne un percorso di alta valenza testimonia­le oltre che di indubbio richiamo. Una storia che incrocia le drammatich­e vicende di quegli anni alla mediterran­ea solarità di un povero borgo lacustre e, muovendo poi sul filo di una utopia palingenet­ica, lega in ideale unità il Monte Verità all’architettu­ra del moderno e del Bauhaus, il Teatro San Materno all’omonimo Castello che ospita la Collezione Alten, il Museo cittadino ai vari artisti che ad Ascona hanno operato e che hanno contribuit­o a farlo nascere. Di quell’ideale percorso che si snoda nel territorio asconese non può non far parte anche il Museo Epper, per quel che fu e per quel che è. La sua storia non si esaurisce infatti con le – anche tragiche – vicende dei coniugi Epper, ma si amplifica fino ai giorni nostri, così come in passato ha coinvolto e non di rado anche sostenuto e aiutato intellettu­ali o artisti quali Johannes Schürch e Fritz Pauli che, insieme ad Ignaz Epper, sono tra i massimi rappresent­anti dell’espression­ismo svizzero. Fin qui la storia, rievocata in poche righe. Ma ci sono pure altre ragioni, di non minor peso (parlo di un peso che si sente dentro), che spingono a preservare l’integrità di quel posto: perché, come è giusto che sia, venga moralmente rispettata e non calpestata la volontà testamenta­ria di Mischa Epper che di quell’edificio e di quel giardino ha voluto fare un sacrario della memoria, dove ancor oggi riposano le ceneri sue accanto a quelle del marito: un’oasi di silenzio e riflession­e, ma anche un luogo di incontro per quanti – asconesi o non – amano l’arte.

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