Si può uscire dall’epidemia?
Non sono un medico ma… Con questo titolo un medico francese ha pubblicato l’altra settimana un piccolo opuscolo nel quale spiegava che molti anteponevano al loro dire questa premessa, per poi calare sentenze e lezioni come fossero degli specialisti della questione coronavirus. Mi cimento anch’io, da non specialista, non nel calar sentenze, ma nel tentativo di suggerire alla riflessione pubblica una pista per uscire in modo ragionato dalla situazione di confinamento nel quale in molti ci troviamo.
Nel corso di questo mese abbiamo imparato alcune cose sull’epidemia, anche se molte restano ancora avvolte nell’incertezza. Abbiamo così appreso che la popolazione giovane è colpita dal virus in modo meno grave rispetto alla popolazione anziana. Si potrebbe partire proprio da questo dato di fatto per riaprire le scuole dell’infanzia e le elementari. Il contagio potrebbe diffondersi tra i bambini e i ragazzi con un rischio calcolato sulla loro salute. I ragazzi potrebbero trasmettere l’infezione ai loro genitori, che possiamo supporre in grande maggioranza giovani adulti, esposti anch’essi ad un rischio moderato per la loro salute. Se si potrà verificare l’effetto immunizzatore delle persone guarite dal virus, avremmo una certa quota di popolazione, debolmente colpita che non lo trasmetterebbe più. Il settore sanitario, dopo aver superato la fase più critica, potrebbe accogliere senza essere sovraccaricato le eventuali persone che dovessero necessitare di un’ospedalizzazione e beneficerebbe inoltre delle esperienze acquisite in questo mese per cure di maggior efficacia.
La riapertura delle scuole dell’infanzia e di quelle elementari, settori dove la scuola via internet si rivela meno facile, alleggerirebbe i compiti dei genitori e potrebbe permettere a molti di loro di tornare al lavoro, sicuri di affidare i figli in buone mani, senza il ricorso ai nonni. Se poi i bambini e i ragazzi dovessero effettivamente risultare immunizzati e non fossero più veicolo di infezione, potrebbero riabbracciare i loro nonni, con sommo piacere per tutti. Certo, la proposta comporta rischi e incertezze, ma quale proposta di ripresa dopo il coronavirus non ne comporterà fino al momento in cui ci saranno rimedi e strumenti di prevenzione sicuri?
Essa presuppone anche la consultazione delle organizzazioni che rappresentano le famiglie e i docenti interessati, che non sono tutti giovanissimi. Stando a una statistica dell’Ust, nel 2016-2017 circa il 30-35% dei docenti dei due settori avevano più di 50 anni e sarebbero quindi esposti ad un certo rischio. L’idea dovrà quindi essere vagliata ed approfondita dai vari specialisti interessati e dalle autorità. Dovrà pure essere coordinata con le misure che saranno prese negli altri settori della società e dell’economia. Ma almeno non potrà essere accusata di rispondere alle pressioni di interessi economici particolari.