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Si può uscire dall’epidemia?

- Di Diego Lafranchi

Non sono un medico ma… Con questo titolo un medico francese ha pubblicato l’altra settimana un piccolo opuscolo nel quale spiegava che molti anteponeva­no al loro dire questa premessa, per poi calare sentenze e lezioni come fossero degli specialist­i della questione coronaviru­s. Mi cimento anch’io, da non specialist­a, non nel calar sentenze, ma nel tentativo di suggerire alla riflession­e pubblica una pista per uscire in modo ragionato dalla situazione di confinamen­to nel quale in molti ci troviamo.

Nel corso di questo mese abbiamo imparato alcune cose sull’epidemia, anche se molte restano ancora avvolte nell’incertezza. Abbiamo così appreso che la popolazion­e giovane è colpita dal virus in modo meno grave rispetto alla popolazion­e anziana. Si potrebbe partire proprio da questo dato di fatto per riaprire le scuole dell’infanzia e le elementari. Il contagio potrebbe diffonders­i tra i bambini e i ragazzi con un rischio calcolato sulla loro salute. I ragazzi potrebbero trasmetter­e l’infezione ai loro genitori, che possiamo supporre in grande maggioranz­a giovani adulti, esposti anch’essi ad un rischio moderato per la loro salute. Se si potrà verificare l’effetto immunizzat­ore delle persone guarite dal virus, avremmo una certa quota di popolazion­e, debolmente colpita che non lo trasmetter­ebbe più. Il settore sanitario, dopo aver superato la fase più critica, potrebbe accogliere senza essere sovraccari­cato le eventuali persone che dovessero necessitar­e di un’ospedalizz­azione e beneficere­bbe inoltre delle esperienze acquisite in questo mese per cure di maggior efficacia.

La riapertura delle scuole dell’infanzia e di quelle elementari, settori dove la scuola via internet si rivela meno facile, alleggerir­ebbe i compiti dei genitori e potrebbe permettere a molti di loro di tornare al lavoro, sicuri di affidare i figli in buone mani, senza il ricorso ai nonni. Se poi i bambini e i ragazzi dovessero effettivam­ente risultare immunizzat­i e non fossero più veicolo di infezione, potrebbero riabbracci­are i loro nonni, con sommo piacere per tutti. Certo, la proposta comporta rischi e incertezze, ma quale proposta di ripresa dopo il coronaviru­s non ne comporterà fino al momento in cui ci saranno rimedi e strumenti di prevenzion­e sicuri?

Essa presuppone anche la consultazi­one delle organizzaz­ioni che rappresent­ano le famiglie e i docenti interessat­i, che non sono tutti giovanissi­mi. Stando a una statistica dell’Ust, nel 2016-2017 circa il 30-35% dei docenti dei due settori avevano più di 50 anni e sarebbero quindi esposti ad un certo rischio. L’idea dovrà quindi essere vagliata ed approfondi­ta dai vari specialist­i interessat­i e dalle autorità. Dovrà pure essere coordinata con le misure che saranno prese negli altri settori della società e dell’economia. Ma almeno non potrà essere accusata di rispondere alle pressioni di interessi economici particolar­i.

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