Lugano Airport spegne i motori
Da giugno transizione affidata alla Città sino a fine anno. Dal 2021 la gestione ai privati.
Non un fallimento, ma una liquidazione ordinata per Lugano Airport Sa (Lasa). È questa la decisione del Consiglio di amministrazione (Cda) della società anonima che gestisce lo scalo di Agno. Una misura per «evitare una chiusura immediata dell’aeroporto e permettere così una transizione ordinata a un’organizzazione diversa», ha spiegato ieri il vicepresidente di Lasa Filippo Lombardi, confermando una notizia trapelata in mattinata. «Non è un fallimento, non è una moratoria concordataria. Questa decisione permette di versare stipendi e oneri sociali sino a fine maggio, il corretto indennizzo dei fornitori di Lasa e la continuità d’esercizio». Il futuro? Lo scalo dovrebbe a questo punto essere «ripreso direttamente dalla Città di Lugano, titolare del terreno e della concessione di volo» sino a fine anno, in attesa di coinvolgere i privati.
Verso una gestione privata
Per riassumere: Lasa chiude i battenti, ma l’aeroporto no. A dare i dettagli sulla via futura che imboccherà l’aeroporto di Lugano-Agno è il presidente di Lasa e sindaco di Lugano Marco Borradori: «Si andrà verso una gestione privata, ma nell’attesa sarà la Città a gestire lo scalo, garantendo i servizi minimi per far funzionare le attività presenti (scuola di volo e aeroclub per esempio, ndr). Dovremmo riuscire a traghettare da maggio a fine anno l’attività aeroportuale, in modo tale che i privati possano gestirla come credono loro. L’aviazione generale sarà chiaramente in primo piano, ma se ci saranno altre possibilità ne parleremo. Infine, ringrazio i collaboratori di Lasa che hanno fatto un lavoro difficile in condizioni ancor più difficili. Se dovessimo ricostituire una società di questo genere, tutti o quasi sarebbero sicuramente riassunti, hanno dimostrato grande forza».
Settimana prossima la formalizzazione Formalmente ora manca solo l’avallo degli azionisti. L’assemblea si terrà settimana prossima, ma si tratta di una pura formalità visto che entrambi (Città di Lugano e Cantone), presenti in conferenza stampa, si sono detti d’accordo con la decisione. Una decisione, ha evidenziato Lombardi, che è stata presa dopo diverse riunioni del Cda intercorse «nelle ultime settimane». Di fronte a una situazione di incertezza su quando sarà possibile riaprire «il Cda ha ritenuto che non sarebbe stato responsabile andare a chiedere prestiti, sapendo con assoluta verosimiglianza che non si sarebbero potuti restituire. Quindi siamo entrati in una seconda fase per garantire almeno una transizione ordinata, affinché ci sia un futuro con una chiusura non totale. Abbiamo discusso coi due azionisti e siamo arrivati alla conclusione che fosse meglio cercare un’altra strada per una transizione ordinata».
Borradori: ‘Perso senza nemmeno giocare’ «Usciamo a testa alta: pagheremo fino alla fine stipendi e fornitori – ha sottolineato inoltre Borradori –. Spero che collaboratori e sindacati ci diano atto di quest’attitudine». Il presidente ha ricordato poi che «fino al 26 aprile (data delle votazioni per i due referendum, ndr) ci eravamo organizzati, anche da un profilo finanziario. Sapevamo che dopo sarebbe stato un guaio. Lasa non aveva bisogno di prestiti, ma di fondi. Noi invece avremmo ricevuto dei crediti. Ci abbiamo riflettuto parecchio, ma non ce la siamo sentita di proseguire su questa strada. Sapevamo che il prestito non sarebbe stato rimborsato facilmente. Abbiamo una società che sta soffrendo da un profilo sociale, economico, anche individuale, per cui abbiamo deciso di chiudere. Per Lasa oggi è una giornata triste: ha perso una partita senza giocare, dopo aver vinto due battaglie (i voti in Gran Consiglio e Consiglio comunale, ndr) e questo lascia l’amaro in bocca». Un destino segnato dal coronavirus: «È entrato nel mondo dell’aviazione come una bomba. Sono stati messi in difficoltà aeroporti come Francoforte, Malpensa, Kloten, figuriamoci se non è in difficoltà uno scalo con già delle fragilità».
Zali: ‘Il Cantone esce di scena’
Amarezza anche per il rappresentante del Consiglio di Stato. «Oggi (ieri, ndr) è giovedì, domenica avremmo votato ma invece siamo qui a dichiarare la liquidazione – ha sottolineato il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali –. È una piccola sconfitta per la democrazia. Se ci fosse stato il sostegno popolare, lo scenario sarebbe stato diverso. Il Cantone, rammaricato per la perdita di posti di lavoro diretti e indiretti, a questo punto esce di scena: ha già un suo aeroporto, quello di LocarnoMagadino». L’autorità cantonale non prenderà quindi parte nelle discussioni fra Città e privati. «Ci siamo comportati diligentemente, il pensiero finale comunque è di nuovo per le maestranze. Sarebbe stato un accanimento oltre ogni ragionevolezza».
Dal 1° giugno saranno ripresi tredici
degli attuali dipendenti
E a proposito di dipendenti, è di nuovo il sindaco a sottolineare che «un piano sociale non è previsto, né richiesto. Per il ricollocamento, sono stati incontrati i sindacati. È molto delicata la situazione. Faremo il possibile per assumere un numero crescente di collaboratori. Prevediamo tredici persone a tempo pieno a partire dalla fase di transizione». Con la liquidazione sono settantadue le persone che perdono il posto di lavoro. Di queste quindi, tredici saranno riprese durante la transizione, e il loro numero potrebbe crescere nel 2021 con l’avvento della gestione dei privati. «Si è sempre pensato che per l’aviazione generale servissero una trentina di dipendenti. Si farà in modo di trovare una soluzione ad hoc per più persone possibili».
I SINDACATI ‘Ricollocamenti o crediti per i licenziati’
E a proposito di personale, abbiamo chiesto al sindacalista dell’Ocst Lorenzo Jelmini qual è stato ieri l’umore. «Stamattina (ieri, ndr) c’era molta rabbia, perché sono venuti a saperlo dai social (dal post su Facebook di Dario Kessel, ndr) e non dal datore di lavoro (che ha comunque successivamente inviato una nota ai dipendenti prima della conferenza stampa, ndr). Ma è personale attivo nel mondo dell’aviazione, cosciente della crisi e di come stanno andando le cose nel settore. E questa opzione purtroppo era sul tavolo». Lo scenario peggiore si è quindi concretizzato. E il sindaco ha spiegato che non è attualmente previsto un piano sociale.
L’uscita di scena del Cantone? ‘Non ancora’ «Comprendiamo la logica e la situazione – osserva il sindacalista –, ma si può e si deve fare di più per questi dipendenti». Qualcosa Unia e Ocst l’hanno già ottenuta. In particolare, la proroga del termine di disdetta (da fine aprile a fine maggio) e la garanzia del pagamento degli stipendi sino alla fine di tale periodo. «Non è cosa da poco per una ditta che sta fallendo, bisogna riconoscerlo. Dal 1° giugno la discussione passa però su un altro piano, anzi due: quello con il Comune e quello con il Cantone». «Zali ha detto che il Cantone ora esce di scena, ma... assolutamente no. Anche il Cantone, sempre che abbia a cuore il benessere dei propri cittadini, dovrà intervenire a favore di questi dipendenti». I sindacati chiederanno in particolar modo un piano di rioccupazione: «Bisogna permettere a tutti i dipendenti di Lasa di trovare un’alternativa lavorativa». Saranno mandate delle lettere quindi a Municipio e Consiglio di Stato per avviare la discussione. «E se proprio non dovessimo riuscire a rioccuparli tutti, ribadiremo che dovranno mettere a disposizione un certo numero di stipendi a favore dei dipendenti non ricollocati». Una sorta di piano sociale post mortem (di Lasa) quindi, dove alla cassa saranno chiamati i due azionisti. Ma quanto sono ricollocabili questi profili lavorativi, alcuni dei quali altamente qualificati? «Bisognerà ora avere un quadro preciso dell’esperienza professionale e della formazione dei singoli dipendenti. Così potremo capire come formarli affinché siano spendibili nel mondo del lavoro. Il Comune di Lugano, ad esempio, ha messo a disposizione del suo personale per fare questo».
I REFERENDISTI La coordinatrice e il Ps: ‘Una fine ingloriosa’
«Prima i referendisti ora il virus, è da vent’anni che si spendono soldi pubblici incolpando altri e pur registrando perdite ogni anno. Questa è dunque la logica conclusione – è il commento a caldo di Simona Arigoni-Zürcher, coordinatrice del comitato referendario sull’aeroporto di Lugano Agno –. Mi fa specie, devo dire, sentire il sindaco Marco Borradori affermare che sono pronti a trovare nuove occupazioni a chi rimarrà senza lavoro... Perché prima era impossibile? Perché ora sembra tutto possibile? E non quando eravamo noi a chiedere di poterli ricollocare? Per Lasa è una fine ingloriosa! Ma sia ben chiaro noi non vogliamo alcuna privatizzazione ma siamo per la chiusura!». «La liquidazione ‘ordinata’? Una soluzione che ora presentano come magica ma che noi avevamo invocato ben sei mesi fa!». Raoul Ghisletta, presidente del Partito socialista di Lugano, da noi sentito, spara il missile sulla ‘flotta’ di Lugano Airport Sa (Lasa): «Si è perso tempo, tutto per calcoli elettorali. Sono mancati realismo e lungimiranza. E la gestione di Lasa è stata un fallimento sotto il profilo economico e politico. Si poteva uscirne senza sconquassi e invece lasciamo sul campo fra la metà e i due terzi di quanti lavorano ad Agno. Ora si incolpa il virus ma lo scalo luganese aveva già ben altre malattie!».Un Ghisletta che non le manda a dire e che insieme a Laura Riget, copresidente del Ps ticinese, ha inviato anche una nota: “È chiaro che una perdita mensile di un milione di franchi era ormai insostenibile per ogni piano di rilancio di Lasa – si legge –. Sarebbe stato più logico e realistico se Lega dei Ticinesi, Partito liberale radicale e Partito popolare democratico avessero, nell’autunno 2019, accolto le proposte dei rapporti di minoranza Ps a livello cantonale e comunale. In particolare avrebbe consentito di attuare un piano sociale per il personale in esubero rispetto alle esigenze di un aeroporto limitato all’aviazione privata, garantendo il ricollocamento di tutti i licenziati prima della crisi del coronavirus».