Bus da turismo ‘totalmente fermi da metà marzo’
Il futuro del settore è fortemente a rischio
Pullman fermi, zero entrate e costi fissi elevati che devono essere pagati ogni mese. Il settore dei bus turistici è uno di quelli che sin da subito è stato toccato pesantemente dalla crisi legata al coronavirus. Nemmeno «la passione basta più» visto che le possibilità di ripresa sono poche, afferma a ‘laRegione’ Eros Belotti, direttore di Belotti Viaggi, a nome anche di Giosy Tours e di Valbus Viaggi. Una strada da percorrere potrebbe essere quella di trovare «delle sinergie tra pubblico e privato», nell’ambito dei trasporti scolastici.
Oggi alcuni settori, come quello dei parrucchieri, potranno riaprire almeno parzialmente, adottando misure di protezione adeguate. Altre aziende, invece, non vedono per intanto ancora nessuna luce in fondo al tunnel. Verosimilmente, «nel 2020 non ripartiremo più» e ciò potrebbe significare la «fine» del nostro settore. In Ticino, «sono impiegate diverse centinaia di persone che potrebbero rimanere senza lavoro», sottolinea Belotti. «I primi annullamenti sono già arrivati lunedì 24 febbraio», dunque ancor prima del primo caso di Covid-19 in Ticino e in Svizzera, registrato il giorno seguente. Da allora «tutto è crollato in un attimo», visto che le prenotazioni fino a ottobre «sono state cancellate». Il settore è quindi «completamente fermo» e le entrate sono pari a zero. Non sono invece stati annullati i costi: «Ogni mese dobbiamo pagare il leasing dei bus (dai 4’500 ai 7’000 franchi per mezzo), assicurazioni, oneri sociali e così via. Inoltre, i veicoli deperiscono e perdono valore». Come altre imprese, anche quelle dei trasporti turistici in torpedone fanno capo agli aiuti economici concessi dallo Stato: i dipendenti sono in regime di lavoro ridotto e per far fronte ai problemi di liquidità i proprietari si appoggiano alle fideiussioni della Confederazione. Queste ultime, tuttavia, «permetteranno di traghettare le aziende al massimo fino alla fine dell’estate», precisa Belotti. Va poi ricordato che si tratta di un debito che dovrà essere ripagato e non di un sostegno a fondo perso. Un aspetto molto difficile da gestire in questa situazione è l’insicurezza, la mancanza di una prospettiva: «Non abbiamo alcuna certezza in merito a una possibile riapertura e noi non possiamo stare fermi un anno o di più». Un altro problema è che «nessuno parla del nostro settore», sottolinea Mattias Bassi, direttore di Giosy Tours. E «non disponiamo nemmeno di un ‘portavoce’ che rappresenti i nostri interessi a Berna», come invece hanno altri settori. «Alle autorità chiediamo quindi più chiarezza e soprattutto più attenzione per il nostro settore». Bassi ricorda poi che le aziende come la sua sono evidentemente legate al turismo, un altro settore per il quale le prospettive sono per il momento molto cupe. «Non sappiamo quando riapriranno le zone balneari, i parchi di divertimento e quelli acquatici, i ristoranti o gli alberghi. Inoltre, le frontiere rimangono chiuse e l’80% del nostro lavoro è legato all’Italia. Essendo poi chiusi gli aeroporti, ci mancano anche i clienti che vengono in vacanza in Ticino dall’estero. Insomma, siamo fermi al palo e i danni economici sono enormi».
Nel caso di un allentamento delle misure restrittive legate al turismo, «saremo i primi a proporre offerte ai nostri clienti: ad esempio per escursioni di una giornata sul nostro territorio», rileva Belotti. Nell’ambito delle eventuali misure di protezione da adottare, «ne stiamo discutendo. Siamo pronti a fare qualsiasi cosa pur di tornare in marcia», come ad esempio limitare i passeggeri a bordo. Vi è però l’incognita legata alla risposta dei clienti: «Verosimilmente avranno ancora paura» di viaggiare. Bassi sottolinea che «anche tutte le passeggiate scolastiche o le gite di maturità sono state annullate», così come i trasporti di allievi. In questo ambito «si potrebbero trovare delle sinergie con i mezzi pubblici», sottolinea Belotti. Visto che potranno verosimilmente trasportare meno allievi per ogni corsa, «potremmo collaborare». Tuttavia, «non è ancora stata avviata alcuna discussione in questo senso». In ogni caso l’eventuale riapertura delle scuole (prevista per l’11 maggio) sarebbe accolta a braccia aperte: «Sarebbero sei settimane di trasporti che ci permetterebbero di fare entrare nelle nostre casse qualcosina».