laRegione

Prima il test, poi la sala operatoria

Sant’Anna e ArsMedica: dal crollo dell’attività durante l’emergenza alle misure per la Fase 2

- Di Dino Stevanovic

La Carità di Locarno e la Clinica Luganese Moncucco. L’emergenza Covid-19 in Ticino fa rima principalm­ente con queste due strutture ospedalier­e, sebbene l’intero sistema sanitario sia stato coinvolto in un modo o nell’altro. Anche la Sant’Anna di Sorengo e l’Ars Medica di Gravesano: le due cliniche cantonali di Swiss Medical Network (Smn), uno dei principali gruppi privati nel Paese. Come hanno gestito la crisi? Sono pronte per l’allentamen­to delle restrizion­i che entra in vigore oggi? A rispondere alle nostre domande è il direttore per la Regione Ticino di Smn, Fabio Rezzonico.

Come crede abbia gestito la crisi il sistema sanitario ticinese?

Premetto che solo pochi mesi fa era impensabil­e che succedesse una cosa del genere su scala mondiale. Penso che comunque la Svizzera abbia tutto sommato gestito bene la crisi e il Ticino soprattutt­o. Ci siamo mossi come una squadra di calcio: abbiamo tolto le nostre maglie di squadra e indossato tutti quella della nazionale, in questo caso del Ticino e ognuno di noi nel proprio ruolo ha giocato il suo gioco. Penso che questo primo tempo l’abbiamo vinto, perché chi doveva segnare ha segnato, chi doveva gestire il centro campo l’ha gestito, chi doveva difendere ha difeso.

Concretame­nte, Sant’Anna e Ars Medica che contributo hanno dato nell’emergenza?

Siamo tutti al fronte, anche se ovviamente gli ospedali dell’Eoc e la Moncucco hanno fatto da prima linea. Noi eravamo in seconda linea, quindi di supporto a loro: abbiamo messo a disposizio­ne medici e anestesist­i, materiale e su richiesta del Cantone anche le nostre sale operatorie, tant’è vero che abbiamo avuto un certo numero di interventi, sia in Sant’Anna che in Ars Medica, di medici di altre strutture che sono venuti da noi a operare i loro pazienti. Chiarament­e, ci riferiamo alle urgenze (le uniche consentite dalle disposizio­ni federali, ndr). Inoltre, dovevamo essere pronti a intervenir­e nel caso la situazione peggiorass­e ulteriorme­nte e i posti messi a disposizio­ne non bastassero più.

Come vari altri ospedali in Svizzera, anche voi avete registrato un calo dell’attività?

Sì, c’è stata una forte riduzione per tutti. Innanzitut­to perché abbiamo dovuto concentrar­e le attività negli ospedali Covid. Per quanto concerne Ars Medica c’è stato un netto calo degli interventi, in Sant’Anna più contenuto. La medicina generale e l’oncologia sono calate un po’ ma hanno tenuto. L’unica vera eccezione, proprio perché siamo la ‘culla del cantone’, è rappresent­ato dal reparto maternità: rispetto all’anno scorso abbiamo esattament­e lo stesso numero di nascite. Un bel segnale di continuità in un periodo difficile come questo. Per dare qualche cifra: riguardo ad Ars Medica, in seguito all’introduzio­ne delle misure per l’emergenza Covid, i casi di ospedalizz­azione sono diminuiti del 70%, mentre in Sant’Anna del 40%.

Dati dovuti alle disposizio­ni delle autorità. Ma c’è anche una componente psicologic­a?

Purtroppo sì. Purtroppo, perché ci sono stati pazienti che – non essendosi recati in ospedale o dal medico – hanno peggiorato la loro situazione. Soprattutt­o quelli che dovevano prendere regolarmen­te medicament­i e fare regolarmen­te controlli. Da una parte quindi sì, è stata la paura. Ma dall’altra, la popolazion­e è stata estremamen­te rispettosa delle regole governativ­e. I cittadini hanno accolto le disposizio­ni con grande impegno e serietà.

Il calo dell’attività si è tradotto anche per voi in un regime di lavoro ridotto?

Sì. Si tratta di una possibilit­à molto importante in questa fase per far fronte a una grave crisi, sanitaria ma anche economica. Anche noi ne abbiamo fatto uso, formulando la richiesta sia per mantenere tutti i posti di lavoro sia per intervenir­e sul peso dei costi, cercando di ridurli. Le prospettiv­e purtroppo non saranno rosee. Dovremo riprendere coi ritmi giusti in funzione di cosa succederà.

Da oggi è di nuovo possibile effettuare interventi non urgenti. Siete pronti?

Sì. Le misure di sicurezza fin qui vigenti restano e anzi vengono rafforzate, ad esempio con l’obbligo della mascherina anche per pazienti e accompagna­tori. Inoltre, tutti i pazienti che entreranno da noi per un intervento chirurgico, anche se asintomati­ci, dovranno fare il test per il Covid-19: questo ci dà per il momento maggior sicurezza. Nel limite del possibile, per garantire la sicurezza metteremo tutti i nostri pazienti in camera singola.

La sicurezza quindi è garantita?

Sì, in generale e da noi. Fin da subito le nostre cliniche hanno adottato tutte le misure necessarie per tutelare la salute di pazienti e collaborat­ori. Ci è stato chiesto di rimanere pronti ad accogliere pazienti non Covid: non potevamo permetterc­i di avere situazioni di possibile contagio. Noi per esempio abbiamo introdotto l’uso della mascherina obbligator­io per tutti i collaborat­ori fin da subito, prima delle disposizio­ni. Abbiamo avuto 4 contagi nel personale su quasi 400 collaborat­ori, che sono però stati individuat­i per tempo e gestiti con quarantene da casa, non c’è stato alcun contatto reale nelle nostre cliniche. Nessun contagio né fra i medici né fra i pazienti. Questo perché abbiamo preso le dovute misure igieniche e di screening, portate avanti con la concentraz­ione delle entrate alle cliniche a una sola porta, il triage del personale e altri controlli. Questo lo hanno fatto e lo stanno facendo anche altri ospedali e quindi i pazienti possono muoversi, continuand­o però a prendere le precauzion­i. È importante adesso far capire, a chi fino a oggi è stato a casa con problemi di salute, che non deve avere paura di tornare in ospedale.

Che lezione crede possa imparare il settore sanitario dalla crisi Covid?

Credo innanzitut­to che cambierà il modo dei cittadini di relazionar­si con la sanità. Il fatto che molti in queste settimane abbiano desistito dal recarsi in ospedale o in Pronto soccorso per le bagatelle, può significar­e che i cittadini possono aver capito che le strutture sanitarie vanno utilizzate quando si ha realmente bisogno. Credo che si possa andare verso un uso di ospedali e cliniche più responsabi­le. Questo avrà benefici anche sui costi. Inoltre, bisognerà fare una riflession­e sulla valorizzaz­ione degli infermieri. In generale infine, mi auguro una serie di riflession­i sugli aspetti migliorabi­li che prima non eravamo riusciti a fare perché i ritmi erano troppo veloci. Ora, che piaccia o no, abbiamo dovuto frenare tutti e ci siamo accorti che determinat­e cose si possono fare diversamen­te.

 ??  ?? Attività ridotta a causa delle disposizio­ni governativ­e, ma anche del fattore psicologic­o Ospedalizz­azioni durante l'emergenza
Attività ridotta a causa delle disposizio­ni governativ­e, ma anche del fattore psicologic­o Ospedalizz­azioni durante l'emergenza
 ??  ?? Fabio Rezzonico
Fabio Rezzonico

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland