Riaprire le scuole?
In questi giorni si discute circa la riapertura della scuola dell’obbligo, dopo che era stata chiusa il 16 marzo. Anche noi, come altri, ci siamo chiesti se questo allentamento sia giustificato o se non sia il caso di percorrere altre strade. Vi sono per qualsiasi soluzione si scegliesse dei pro e dei contro. A 20 giorni dalla fine del calendario scolastico è lecito tuttavia chiedersi se la riprea delle lezioni in aula sia indispensabile. Riaprire ora richiederebbe sforzi sproporzionati sia al Cantone, che ai Comuni. Pensiamo anche solo al trasporto sui bus, alla logistica adeguata alle distanze sociali, all’organizzazione generale delle lezioni a ranghi ridotti.
Un gran lavoro con il rischio di riattivare un contagio per ora sotto controllo, mettendo oltretutto a repentaglio la salute dei docenti più in là con gli anni e con il rischio di tornare al punto di partenza. Ora, se proprio non si può fare a meno di riaprire, ci si chiede se non sarebbe meglio limitare la riapertura unicamente alle classi di fine ciclo e agli allievi più in difficoltà o che dovranno svolgere gli esami. Per contro, il Governo e gli esperti dovrebbero impegnarsi per proporre delle soluzioni urgenti in grado di colmare il gap formativo che si è venuto a creare, come per esempio dei corsi estivi di recupero per piccoli gruppi e un inizio anticipato delle lezioni in aula a metà agosto. Vi è tuttavia anche un altro problema del quale nessuno parla ma che richiede una soluzione, e cioè quello dell’accudimento dei bambini e dei ragazzi durante l’estate, in particolare per dare una mano ai genitori costretti a lavorare, ai quali venivano in soccorso i parenti in pensione, i nonni e in parte le colonie. Come pensiamo di far fronte a questa esigenza, visto che né il virus né la salute dei nonni andranno in vacanza? Oltre a questo, bisognerà affrontare anche la questione educativa che, pur con tutta la buona volontà dimostrata dai docenti attraverso le lezioni online, non si può pensare si risolva da sola. È da discutere con persone qualificate e poi affrontare con soluzioni chiare e possibilmente pratiche, perché i ragazzi hanno bisogno di recuperare conoscenze nozionistiche ma soprattutto interiori, non attraverso una connessione internet e uno schermo, bensì con esperienze fisiche, composte da relazioni sociali in cui è possibile guardarsi in faccia, ridere, divertirsi e confrontarsi con gli altri giovani e con i propri docenti. Anche i nostri bambini e ragazzi hanno capito che non va affatto tutto bene e mai come nell’isolamento e nelle avversità anche loro hanno bisogno di risposte e di non sentirsi soli a lottare. Immaginiamoci cosa significhi tutto questo trambusto e la negatività che circola per dei ragazzi nel pieno della fase evolutiva. Un aspetto, questo, che se i nostri giovani staranno segregati fino a settembre, magari sul divano davanti alla televisione, rischierà di lasciare il segno.
In questi due mesi abbiamo discusso di tutto, ci siamo occupati delle emergenze, delle restrizioni e ora della ripartenza dell’economia. Ma in tutta questa discussione abbiamo dimenticato i bambini e i giovani; ora dobbiamo colmare questa lacuna. Emblematiche le parole pronunciate dal Segretario di Stato per l’istruzione nel Regno Unito Gavin Williamson, che rivolgendosi ai bambini ha detto: “Voglio che sappiate quanto mi dispiace che la vostra istruzione sia stata interrotta in questa maniera. Sappiate che anche voi siete una parte così importante di questa lotta, e non potrei ringraziarvi abbastanza per quello che state facendo”.