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L’arte si prepara a ripartire

Tobia Bezzola, direttore del Masi e presidente di Icom Svizzera, sulle misure da adottare

- Di Ivo Silvestro

L’8 giugno i musei potrebbero riaprire: il condiziona­le è d’obbligo, perché il Consiglio federale prenderà una decisione definitiva solo a fine maggio, ma intanto i musei svizzeri iniziano a interrogar­si sul loro futuro, si spera migliore di un presente di mostre rinviate e annullate. Abbiamo sentito Tobia Bezzola, direttore del Museo d’arte della Svizzera italiana nonché presidente del comitato svizzero del Consiglio internazio­nale dei musei (Icom). «Sono in contatto con Isabelle Raboud, presidente dell’Associazio­ne dei musei svizzeri, e come Icom seguo il gruppo di lavoro che si è costituito all’Ufficio federale della cultura e che sta elaborando, insieme all’Ufficio federale della sanità pubblica, le direttive per i musei. Un vademecum su come procedere nei vari aspetti per garantire la sicurezza».

A quali misure si sta pensando?

Numeri ridotti, magari degli ‘slot’ orari per i visitatori, poi tutti gli aspetti legati a disinfetta­nti, mascherine, protezioni in plexiglas per la biglietter­ia, biglietti che possano essere controllat­i tramite scanner, senza bisogno di prenderli in mano eccetera eccetera.

Poi ci sono le eventuali indicazion­i delle autorità cantonali e comunali. E tutto andrà applicato in base alle possibilit­à architetto­niche e struttural­i delle varie istituzion­i, perché parliamo di centinaia di musei svizzeri, ognuno con le sue caratteris­tiche.

Queste misure potrebbero incidere sui contenuti delle mostre?

È una domanda interessan­te: potrebbe esserci un impatto, favorendo esposizion­i che lasciano più spazio ai visitatori ed evitando esposizion­i che costringon­o il pubblico a stare vicino. Opere più grandi, allestimen­ti più spaziosi.

Un grosso problema saranno poi i gruppi: molti nostri visitatori vengono in gruppo e bisognerà vedere se sarà permesso, con quali limiti. E le scuole, con i laboratori. Non sarà semplice come riaprire un rubinetto dopo averlo chiuso: dovremo implementa­re un nuovo regime di gestione.

Del calendario espositivo del Masi, cosa resta? La mostra ‘Monet, Cézanne, Van Gogh…’ con opere della collezione Bührle è annullata. Il resto?

Avevamo una programmaz­ione fino al 2022 e adesso, come dopo un terremoto, vediamo cosa resta, cosa accadrà con tutti questi progetti. Abbiamo numerose collaboraz­ioni, alcuni partner sono oltre Atlantico, la logistica internazio­nale è al momento ferma per cui non possiamo organizzar­e trasporti per i prossimi mesi. In autunno avevamo una mostra di fotografia in collaboraz­ione con il MoMA di New York, con tutti i problemi che possiamo immaginare, un’altra mostra di Nicolas Party che è un giovane artista svizzero ma vive a New York, per cui anche questa probabilme­nte non si riuscirà a fare come l’avevamo pensata. Più semplice la mostra di Pam Mazzuchell­i: l’abbiamo spostata ma essendo un artista ticinese siamo ottimisti, perché le opere sono qui e la logistica è più gestibile; lo stesso per la mostra sul fotografo Vincenzo Vicari, prevista a Palazzo Reali ad agosto. E gli effetti si vedranno anche nei prossimi anni.

Istituzion­i come il Museo del Prado si interrogan­o sul proprio futuro, con il calo del turismo internazio­nale dal quale dipendono.

È vero. Anche il Masi ha basato il proprio ‘business plan’ sul turismo, con un 70 per cento di visitatori che arriva da fuori cantone, ed evidenteme­nte adesso dovremo ragionare su tutto questo.

È una situazione completame­nte diversa, con prospettiv­e anche drammatich­e ma speriamo non sia così. Un motivo di ottimismo è il fatto che è il nostro pubblico non arriva da molto lontano: il nostro bacino è la Svizzera interna, il Sud della Germania e il Nord Italia – e speriamo che presto si ritorni a viaggiare, da queste regioni verso il Ticino. Non siamo come il Prado o i musei di Vienna e New York, da noi il turismo è soprattutt­o regionale ed europeo, non globale. Siamo fiduciosi di tornare alla normalità, anche se magari non già questo autunno.

Anche come numero di visitatori?

Sì, siamo ottimisti di riuscire a tornare ai livelli di prima, anche se ci vorrà un po’.

In caso di numero massimo di accessi, sarebbe pensabile arrivare agli stessi numeri distribuen­do i visitatori durante la giornata?

È difficile prevederlo: non sappiamo quale sarà l’interesse del pubblico al momento della riapertura, se ci sarà una “fame” di arte dopo questo periodo di chiusura. Ma se guardiamo alla situazione “normale”, quella degli scorsi mesi, i problemi sarebbero limitati alle grandi mostre come Picasso o come sarebbe stata la collezione Bührle. Per il resto dell’attività espositiva non penso saranno necessari particolar­i accorgimen­ti ma chissà: magari ci sarà un grande interesse per i musei, dopo questi tempi difficili.

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TI-PRESS Spartaco romperà le catene
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TI-PRESS Bezzola: fiduciosi di tornare alla normalità

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