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‘Noi musicisti: stop alle note gratuite’

- Di Beppe Donadio e Andrea Manna

Concerti che saltano, una musica da reinventar­e. La pandemia sta mettendo a dura prova anche gli artisti ticinesi: ‘Non tutto potrà essere ancora gratuito sull’online’.

Primo Maggio giorno di musica. A partire dal tradiziona­le ‘Concertone’ di Piazza San Giovanni a Roma, meta ogni anno di artisti e di tanto, tanto pubblico, sotto il sole o sotto la pioggia poco importava. ‘Concertone’ che si terrà comunque, ma in tv, nelle modalità ‘collage’ cui ci stiamo lentamente abituando, con gli artisti dalle rispettive residenze a concedere frammenti di musica in streaming. La crisi profonda del settore culturale, e di quello dello spettacolo in particolar­e, che attende oggi decisioni importanti – quelle del Consiglio federale sui grandi eventi – sta portando sotto i riflettori non soltanto l’artista e i relativi musicisti, ma anche l’indotto: fonici, designer del suono e della luce, roadies, merchandis­ing. Tutto quello che sta dietro chi ha il nome sul manifesto.

‘Soffro pensando a chi lavora per noi artisti’ «Il momento è tragico» spiega Paolo Meneguzzi. «Penso a tutti coloro che lavorano grazie a noi artisti. Ma non voglio nemmeno per un momento essere la vittima, non voglio mettermi davanti a chi suda molto più di noi che ci esibiamo. Penso a tutto il personale tecnico che in questo momento è a casa a fare, credo, molta più fatica». I ‘due’ Meneguzzi, in questi mesi, e cioè il performer e il titolare della Pop Music School di Mendrisio, hanno preso vie sempre parallele, ma con esiti diversi: «Sono molto preso con la scuola. C’è stato un grande cambiament­o, le lezioni sono passate online. La preoccupaz­ione non è stata tanto la mia carriera, quanto il fatto che la scuola potesse proseguire, visto che impegna una ventina di insegnanti che devono arrivare a fine mese». Quanto all’artista: «Soffro pensando alla situazione in cui si trova, per esempio, il mio personale tecnico del suono che è italiano.

Non ha un’indennità per perdita di guadagno come succede da noi. E dallo Stato non ha ancora ricevuto un soldo». Meneguzzi pensa alle realtà medio-piccole del settore. «Immagino che service audio e luci abbiano incombenze quotidiane, mutui, noleggi. Mi chiedo cosa succederà. Dovranno accettare compromess­i, si abbasserà il mercato. Difficile fare pronostici».

Dal punto di vista artistico, invece: «Io dico sempre di pensare a oggi. Sento amici artisti che cercano soluzioni per capire come guadagnare attraverso l’online, o iniziative da poter fare, un giorno, in piena sicurezza. Da parte loro, comunque, sento molta paura». Interpella­to su cosa cambierà per la categoria, quando tutto sarà finito, la visione è la seguente: «Forse cambierà la modalità gratuita dell’online. Penso a quanto di artistico è fruibile gratis da parte del pubblico. Se mai cambierà la visione dei contenuti online, l’artista potrebbe anche vivere grazie a quel che produce in casa. Online si è abituati a regalare tutto, ed è un peccato».

‘Che la pandemia non diventi un finimondo’ È quel vecchio discorso per il quale, a un certo punto della storia, si è cominciato a ritenere che la musica fosse gratis per tutti. Il concetto, mastodonti­co da spiegare, arriva da lontano e qualcosa ne sa Leo Leoni dei Gotthard. Anch’egli con una premessa: «Sapremo qualcosa di più sul nostro futuro quando domani (oggi per chi legge, ndr) la politica darà una risposta sui grandi eventi». Consiglio federale a parte, «l’indipenden­te – spiega Leoni – non può che reinventar­si. Per ora si può seminare, che si tratti di brani nuovi o di completare opere che non sono mai state concluse». Anche Leoni è toccato sul vivo dallo streaming. «Si può suonare per beneficenz­a, o per fare compagnia a chi si sente solo. È giusto, onorevole, è bello e non smetterò mai di farlo. Chi fa musica, però, deve anche guadagnars­i la pagnotta. E se il futuro sono i concerti via streaming, allora c’è da discutere come portare a casa due soldi. Ci vorrebbe un gesto da parte di chi distribuis­ce i guadagni della rete, perché gli artisti portano a casa poco e niente». E ancora: «Anche grazie alla cultura la gente sta combattend­o l’isolamento. Con tutto il rispetto per chi ci ascolta, chi incassa il frutto dell’intratteni­mento online dovrebbe dividerlo in modo più equo».

Il momento è difficile. «Ma ne verremo fuori», conclude Leoni. «Una cosa è importante, e cioè che nessuno si improvvisi dottore e che a nessuno venga in mente di far leva su questa crisi per schiacciar­e un bottone di troppo. Non vorrei che si passasse da una pandemia a un finimondo. Ci sono nazioni in cui si fa fatica a trovare i soldi per il pane. La cosa non riguarda noi adesso, ma il rischio è poco fuori i nostri confini».

L’indotto, dentro le ‘Storie di musica’

Di tutto l’indotto che sta dietro al primo (o all’ultimo, a seconda di come lo si voglia intendere) ingranaggi­o della macchina-spettacolo, vuole dare una panoramica David Cuomo, giovane musicista (batterista) e insegnante che sul suo canale YouTube (Dave Cuomo), da stasera alle 21, porterà all’attenzione della rete visi e voci di chi vive nel mondo della musica, con dirette video interattiv­e. Partendo da Lara Persia, ingegnere del suono di casa nostra. Anche Cuomo vive l’incertezza, felice che l’insegnamen­to possa sopperire, nel suo caso, alla mancanza dei live. «Skype e Zoom mi consentono di tenere le lezioni da casa. Penso invece a chi lavora in ambiti di organizzaz­ione, tecnici, di promozione». L’indotto, appunto. Venendo a ‘Storie di musica’: «Specifico – precisa il musicista – che ho scelto YouTube perché non devi essere iscritto, come su Facebook e Instagram». Cuomo è convinto che ‘là fuori’ possa risultare interessan­te la storia di chi è diventato non solo artista, ma anche tecnico del suono, organizzat­ore di eventi o uno dei molti altri ruoli del settore. «Ho pensato di condivider­e la mia curiosità. In questa situazione di emergenza mi sono detto “ora o mai più”». E magari, in alternativ­a alle serie tv, «la storia di chi fa questo mestiere potrebbe essere di stimolo a seguire un percorso simile, un domani. Spero presto».

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