Primo Maggio virtuale, anzi reale ‘Chiediamoci quale Tiicino vogliamo’
Niente cortei e piazze a causa della pandemia. Ma internet e voci. ‘Per una battaglia a difesa del lavoro e dei diritti’, dice Pestoni (Uss). Ricciardi (Ocst): ‘Contro questa crisi serve unità di intenti fra le parti sociali’.
«Né un funerale, né, purtroppo, una festa. Ma una battaglia per il lavoro, per i diritti. Oggi più che mai». Graziano Pestoni, presidente dell’Unione sindacale svizzera Ticino e Moesa, sintetizza così il senso del Primo Maggio di quest’anno. Un Primo Maggio condizionato dalla pandemia. Senza cortei e piazze. Ma le voci, le parole, quelle no: continueranno a farsi sentire. L’Uss, fa sapere in una nota, si affiderà quindi a “internet e ai social”. Dopodomani, venerdì, sul proprio sito
sulla propria pagina Facebook e “su quelle delle federazioni sindacali ticinesi” verranno pubblicati – dalle 10.30 – “numerosi brevi video autoprodotti da lavoratrici e lavoratori, da scrittrici, scrittori, poeti e musicisti”.
Un Primo Maggio commemorato online, forzatamente. Il coronavirus, le distanze sociali. Distanti fisicamente, uniti idealmente. Un Primo Maggio «strano e tuttavia carico, soprattutto di questi tempi, di significati per il nostro cantone – riprende Pestoni –. Agli abituali problemi con cui è confrontato il mondo del lavoro, come il livello dei salari, la precarizzazione e la disoccupazione, si stanno aggiungendo quelli derivanti dalla pandemia». Lavoro ridotto, licenziamenti e un’emergenza sociale alle porte. «Eppure in Svizzera alcuni politici ed Economiesuisse – rileva l’ex granconsigliere socialista – sostengono che bisogna chiedere sacrifici anche ai lavoratori, non solo agli imprenditori. Dimenticando però di dire che l’economia ha comunque ricevuto una barca di soldi da Confederazione e Cantoni. Soldi pubblici. Siamo molto preoccupati». Secondo Pestoni, «invece di approfittare di questa crisi per rivedere per esempio il concetto di globalizzazione e il tessuto industriale di cantoni come il nostro, si continua a ragionare con le solite logiche». Come Uss «auspichiamo che tra forze politiche, sindacali e imprenditoriali si instauri un dialogo serio sul futuro di questo Paese». Se guardiamo al Ticino «bisognerebbe chiedersi a cosa servano aziende che offrono stipendi mensili di 2’500, 2’800 franchi, che non permettono certo a un residente di vivere in questo cantone, bisognerebbe chiedersi come mai diversi nostri giovani o restano oltre Gottardo una volta formatisi, oppure lasciano il Ticino perché qui le buste paga sono insufficienti per condurre una vita dignitosa: considero quindi vergognoso il fatto che delle ditte abbiano impugnato davanti al Tribunale federale (vedi la ‘Regione’ di ieri, ndr) la Legge cantonale sul salario minimo, un salario peraltro d’emergenza, ma estremamente importante in particolare ora». Ergo: «Dobbiamo tra l’altro favorire l’insediamento di realtà industriali solide e lo sviluppo di centri di ricerca, che consentano ai nostri giovani di rimanere o rientrare in Ticino, e dare pure regole più stringenti alla libera circolazione».
Solidarietà e responsabilità Solidarietà e responsabilità: sono i due temi su cui rifletterà l’Organizzazione cristiano-sociale ticinese per questo Primo Maggio, che cade in un momento molto difficile per i lavoratori e le imprese. «Domani (oggi, ndr) ci sarà una conferenza stampa per rendere noto il nostro documento su questa ricorrenza, che per la prima volta da quando esiste il sindacato (il centunesimo di fondazione quest’anno, ndr) non vedrà un vero e proprio momento d’incontro», spiega Renato Ricciardi, segretario cantonale dell’Ocst. «Il documento verrà poi condiviso anche sui social network», nuova piazza in questo periodo particolare. «L’appello è alla responsabilità soprattutto delle aziende e all’economia in generale per gestire il dopo crisi sanitaria perché ciò deve servire da lezione per il futuro in qualche modo», prosegue Ricciardi: «Temiamo, anzi siamo sicuri, che ci saranno dei contraccolpi molto importanti sui posti di lavoro e che molti lavoratori e lavoratrici perderanno il loro impiego. Tale è la preoccupazione principale del sindacato in questo momento, perché una volta esauriti gli aiuti finanziari messi in campo da Confederazione e Cantone, se non ci sarà una unità di intenti da parte di imprese e lavoratori, il rischio è un aggravamento della situazione sociale ed economica».
Uno degli aspetti che la crisi da Covid-19 ha fatto emergere è che c’è una categoria di lavoratori per certi versi più fragile degli altri: gli indipendenti. Ricciardi: «Il modo di produzione (outsourcing, per esempio) di beni e servizi è cambiato nei decenni scorsi in tutto il mondo occidentale, Ticino compreso. Nel nostro documento parliamo anche dei nuovi lavori e dei freelance che in questa crisi hanno mostrato di essere uno degli anelli deboli del sistema. E qui la politica dovrà certamente aprire un capitolo per ripensare – ampliandone la copertura – le assicurazioni sociali. Bisognerà dare determinate garanzie anche a questi lavoratori». rilevate sono di lieve entità e queste vengono sanate tempestivamente». Il numero degli ispettori in campo, 14, viene giudicato adeguato.
Unia, però, avanza preoccupazioni circa i controlli, anche alla luce delle segnalazioni e domande rivolte al sindacato dai suoi affiliati. «Non vogliamo mettere in discussione la professionalità di chi quei controlli li svolge, ma riteniamo che modalità e apparati d’intervento, ancora basati su condizioni normali, non siano adeguati a questa emergenza», spiega il segretario regionale Giangiorgio Gargantini: «In una situazione straordinaria, straordinarie devono essere anche le forze messe in campo. Si potrebbe anzitutto reimpiegare sul fronte della sicurezza sanitaria la ventina di controllori che troviamo in seno all’Associazione interprofessionale di controllo e alle Commissioni paritetiche. Si tratta di persone con grandi competenze in materia, ed è assurdo che proprio ora si trovino a lavoro ridotto». Fondamentale per Gargantini, «nel medio e lungo termine, è anche ripensare organicamente i protocolli di protezione, ancora inadeguati in molti settori come l’industria». Mancherebbe pure «una sorveglianza interna sul rispetto delle misure d’igiene durante tutto il ciclo produttivo – e non solo su quindici minuti ‘a campione’ – affidata a una figura di riferimento interna all’azienda. Non per inasprire in modo sproporzionato la sorveglianza, ma per garantire tutte le precauzioni e fornire a lavoratori e cittadini un’immagine più precisa circa l’effettivo rispetto delle regole». Immagine che «al momento manca, e aiuterebbe tutti a contrastare la tendenza al ‘rilassamento’ che nel corso dei mesi – complici anche le difficoltà e la stanchezza – rischierebbe di riportare nuovamente al picco il numero di contagi e di vittime».
Dure, infine, le accuse del Movimento per il socialismo (Mps): le strutture di Uil e Suva sono giudicate “cronicamente dotate di insufficiente personale”. Un comunicato dell’Mps chiede pertanto di “procedere al rafforzamento (almeno al raddoppio) immediato della dotazione di ispettori”.