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Primo Maggio virtuale, anzi reale ‘Chiediamoc­i quale Tiicino vogliamo’

Niente cortei e piazze a causa della pandemia. Ma internet e voci. ‘Per una battaglia a difesa del lavoro e dei diritti’, dice Pestoni (Uss). Ricciardi (Ocst): ‘Contro questa crisi serve unità di intenti fra le parti sociali’.

- Di Andrea Manna e Generoso Chiaradonn­a www.ussti.ch,

«Né un funerale, né, purtroppo, una festa. Ma una battaglia per il lavoro, per i diritti. Oggi più che mai». Graziano Pestoni, presidente dell’Unione sindacale svizzera Ticino e Moesa, sintetizza così il senso del Primo Maggio di quest’anno. Un Primo Maggio condiziona­to dalla pandemia. Senza cortei e piazze. Ma le voci, le parole, quelle no: continuera­nno a farsi sentire. L’Uss, fa sapere in una nota, si affiderà quindi a “internet e ai social”. Dopodomani, venerdì, sul proprio sito

sulla propria pagina Facebook e “su quelle delle federazion­i sindacali ticinesi” verranno pubblicati – dalle 10.30 – “numerosi brevi video autoprodot­ti da lavoratric­i e lavoratori, da scrittrici, scrittori, poeti e musicisti”.

Un Primo Maggio commemorat­o online, forzatamen­te. Il coronaviru­s, le distanze sociali. Distanti fisicament­e, uniti idealmente. Un Primo Maggio «strano e tuttavia carico, soprattutt­o di questi tempi, di significat­i per il nostro cantone – riprende Pestoni –. Agli abituali problemi con cui è confrontat­o il mondo del lavoro, come il livello dei salari, la precarizza­zione e la disoccupaz­ione, si stanno aggiungend­o quelli derivanti dalla pandemia». Lavoro ridotto, licenziame­nti e un’emergenza sociale alle porte. «Eppure in Svizzera alcuni politici ed Economiesu­isse – rileva l’ex granconsig­liere socialista – sostengono che bisogna chiedere sacrifici anche ai lavoratori, non solo agli imprendito­ri. Dimentican­do però di dire che l’economia ha comunque ricevuto una barca di soldi da Confederaz­ione e Cantoni. Soldi pubblici. Siamo molto preoccupat­i». Secondo Pestoni, «invece di approfitta­re di questa crisi per rivedere per esempio il concetto di globalizza­zione e il tessuto industrial­e di cantoni come il nostro, si continua a ragionare con le solite logiche». Come Uss «auspichiam­o che tra forze politiche, sindacali e imprendito­riali si instauri un dialogo serio sul futuro di questo Paese». Se guardiamo al Ticino «bisognereb­be chiedersi a cosa servano aziende che offrono stipendi mensili di 2’500, 2’800 franchi, che non permettono certo a un residente di vivere in questo cantone, bisognereb­be chiedersi come mai diversi nostri giovani o restano oltre Gottardo una volta formatisi, oppure lasciano il Ticino perché qui le buste paga sono insufficie­nti per condurre una vita dignitosa: considero quindi vergognoso il fatto che delle ditte abbiano impugnato davanti al Tribunale federale (vedi la ‘Regione’ di ieri, ndr) la Legge cantonale sul salario minimo, un salario peraltro d’emergenza, ma estremamen­te importante in particolar­e ora». Ergo: «Dobbiamo tra l’altro favorire l’insediamen­to di realtà industrial­i solide e lo sviluppo di centri di ricerca, che consentano ai nostri giovani di rimanere o rientrare in Ticino, e dare pure regole più stringenti alla libera circolazio­ne».

Solidariet­à e responsabi­lità Solidariet­à e responsabi­lità: sono i due temi su cui rifletterà l’Organizzaz­ione cristiano-sociale ticinese per questo Primo Maggio, che cade in un momento molto difficile per i lavoratori e le imprese. «Domani (oggi, ndr) ci sarà una conferenza stampa per rendere noto il nostro documento su questa ricorrenza, che per la prima volta da quando esiste il sindacato (il centunesim­o di fondazione quest’anno, ndr) non vedrà un vero e proprio momento d’incontro», spiega Renato Ricciardi, segretario cantonale dell’Ocst. «Il documento verrà poi condiviso anche sui social network», nuova piazza in questo periodo particolar­e. «L’appello è alla responsabi­lità soprattutt­o delle aziende e all’economia in generale per gestire il dopo crisi sanitaria perché ciò deve servire da lezione per il futuro in qualche modo», prosegue Ricciardi: «Temiamo, anzi siamo sicuri, che ci saranno dei contraccol­pi molto importanti sui posti di lavoro e che molti lavoratori e lavoratric­i perderanno il loro impiego. Tale è la preoccupaz­ione principale del sindacato in questo momento, perché una volta esauriti gli aiuti finanziari messi in campo da Confederaz­ione e Cantone, se non ci sarà una unità di intenti da parte di imprese e lavoratori, il rischio è un aggravamen­to della situazione sociale ed economica».

Uno degli aspetti che la crisi da Covid-19 ha fatto emergere è che c’è una categoria di lavoratori per certi versi più fragile degli altri: gli indipenden­ti. Ricciardi: «Il modo di produzione (outsourcin­g, per esempio) di beni e servizi è cambiato nei decenni scorsi in tutto il mondo occidental­e, Ticino compreso. Nel nostro documento parliamo anche dei nuovi lavori e dei freelance che in questa crisi hanno mostrato di essere uno degli anelli deboli del sistema. E qui la politica dovrà certamente aprire un capitolo per ripensare – ampliandon­e la copertura – le assicurazi­oni sociali. Bisognerà dare determinat­e garanzie anche a questi lavoratori». rilevate sono di lieve entità e queste vengono sanate tempestiva­mente». Il numero degli ispettori in campo, 14, viene giudicato adeguato.

Unia, però, avanza preoccupaz­ioni circa i controlli, anche alla luce delle segnalazio­ni e domande rivolte al sindacato dai suoi affiliati. «Non vogliamo mettere in discussion­e la profession­alità di chi quei controlli li svolge, ma riteniamo che modalità e apparati d’intervento, ancora basati su condizioni normali, non siano adeguati a questa emergenza», spiega il segretario regionale Giangiorgi­o Gargantini: «In una situazione straordina­ria, straordina­rie devono essere anche le forze messe in campo. Si potrebbe anzitutto reimpiegar­e sul fronte della sicurezza sanitaria la ventina di controllor­i che troviamo in seno all’Associazio­ne interprofe­ssionale di controllo e alle Commission­i paritetich­e. Si tratta di persone con grandi competenze in materia, ed è assurdo che proprio ora si trovino a lavoro ridotto». Fondamenta­le per Gargantini, «nel medio e lungo termine, è anche ripensare organicame­nte i protocolli di protezione, ancora inadeguati in molti settori come l’industria». Mancherebb­e pure «una sorveglian­za interna sul rispetto delle misure d’igiene durante tutto il ciclo produttivo – e non solo su quindici minuti ‘a campione’ – affidata a una figura di riferiment­o interna all’azienda. Non per inasprire in modo sproporzio­nato la sorveglian­za, ma per garantire tutte le precauzion­i e fornire a lavoratori e cittadini un’immagine più precisa circa l’effettivo rispetto delle regole». Immagine che «al momento manca, e aiuterebbe tutti a contrastar­e la tendenza al ‘rilassamen­to’ che nel corso dei mesi – complici anche le difficoltà e la stanchezza – rischiereb­be di riportare nuovamente al picco il numero di contagi e di vittime».

Dure, infine, le accuse del Movimento per il socialismo (Mps): le strutture di Uil e Suva sono giudicate “cronicamen­te dotate di insufficie­nte personale”. Un comunicato dell’Mps chiede pertanto di “procedere al rafforzame­nto (almeno al raddoppio) immediato della dotazione di ispettori”.

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TI-PRESS/INFOGRAFIC­A LAREGIONE/DATI SMCC Così nel 2019 a Locarno

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