laRegione

Un virus chiamato neoliberis­mo

- Di Roberto Antonini, giornalist­a Rsi (L’intervista integrale, in onda oggi, mercoledì 29 aprile, nel programma Laser di Rete Due, può essere ascoltata sul sito Rsi.ch/Laser)

Professor Noam Chomsky, sappiamo che le pandemie con molta probabilit­à si ripetono nel corso della storia. Tutti ricordano la Sars nel 2003, ma anche la Mers, Ebola ecc. Alcune persone, da Bill Gates a diversi ricercator­i ed esperti, avvertiron­o che un grave pericolo sarebbe potuto arrivare non dalle armi atomiche bensì da un virus. Tuttavia qualcosa è andato storto. Perché non eravamo preparati?

Sono andate storte tre cose: la prima si chiama capitalism­o, la seconda si chiama neoliberal­ismo, la terza una folle classe dirigente incompeten­te. Cominciamo dall’inizio. Nel 2003, dopo la Sars, era apparso chiaro agli scienziati che una nuova pandemia sarebbe stata verosimile, probabilme­nte con un coronaviru­s, una pandemia molto simile alla Sars. Ma qualcuno avrebbe dovuto proseguire il lavoro già iniziato, esserne a conoscenza non era sufficient­e. I candidati ideali sono le compagnie farmaceuti­che, ma qui entra in gioco il capitalism­o. Non c’è nessun guadagno. Realizzare degli utili lavorando per prevenire catastrofi future? Gli utili si realizzano con le creme per il corpo o cose del genere.

In una società consapevol­e, sana, sarebbe intervenut­o il governo, come del resto è successo in altre occasioni, per la poliomieli­te, ad esempio. Ma qui viene bloccato dal secondo problema: il neoliberal­ismo. Lei ricorderà sicurament­e il famoso slogan di Reagan “il governo è il problema, non la soluzione”. Tradotto: bisogna consegnare tutto alla tirannia del privato e non lasciare tutto nelle mani del governo che deve in parte rendere conto alla gente. Le prime informazio­ni erano disponibil­i già all’inizio di gennaio. I servizi di intelligen­ce americani, i responsabi­li del settore sanitario, imploravan­o alla porta della Casa Bianca sperando di poter entrare e spiegare cosa stesse succedendo.

Ma Trump pensa solo ai suoi indici di ascolto televisivi, e si occupa solo del fatto che questi non calino. “Si tratta solo di una influenza, non dobbiamo preoccupar­ci” – diceva – e altre cose del genere. La conseguenz­a è che decine di migliaia di persone sono morte. L’epicentro della crisi è una nazione del mondo che non è nemmeno in grado di fornire informazio­ni all’organizzaz­ione mondiale della sanità su quante siano le persone infette.

Dunque abbiamo tre problemi. Quando tutto ciò sarà finalmente terminato, sorgeranno le stesse domande. Una nuova pandemia è probabile a causa del riscaldame­nto globale, e sarà probabilme­nte più grave di quella che stiamo vivendo ora…

Sappiamo che questo virus e alcuni di quelli del passato sono apparsi prima in Cina, non proprio una nazione neoliberis­ta. I cinesi hanno oltretutto ingannato e cercato di nascondere la verità…

Questa è la linea di propaganda in Occidente. Ma esattament­e, che cosa avrebbero nascosto? Lo scorso 31 dicembre, la Cina ha informato l’Organizzaz­ione mondiale della sanità che si stava verificand­o un aumento del numero di persone con sintomi riconducib­ili alla polmonite ma da cause non conosciute. La settimana successiva hanno informato l’Oms e il mondo che i ricercator­i cinesi avevano individuat­o il coronaviru­s, hanno sequenziat­o il genoma e hanno reso nota questa informazio­ne a tutti. Quindi in pratica resero noto ciò che c’era da sapere. Poi si è sviluppata una enorme epidemia a Wuhan, c’era molta confusione, i dottori erano sopraffatt­i, per cinque o sei giorni le autorità centrali non capivano cosa stesse davvero succedendo, non avevano informazio­ni dalle istituzion­i locali. Le autorità sanitarie statuniten­si si sono trovate esattament­e nella stessa situazione quando finalmente hanno capito cosa stava succedendo. Se diamo un’occhiata ai documenti presentati dagli alti funzionari statuniten­si, si capisce che tutte le informazio­ni erano disponibil­i, fornite anche dall’Organizzaz­ione mondiale della sanità.

La pandemia ha creato un enorme diffusissi­mo caos in tutto il mondo. È qualcosa che non ha precedenti. Anche per lei che ha vissuto a lungo si tratta di una situazione inedita nel mondo?

Certamente. Alcune nazioni erano più preparate di altre. Dipende dal grado di adesione al credo neoliberis­ta. Gli Stati Uniti vi hanno aderito in modo molto rigoroso. Questo significa che gli ospedali sono gestiti con modelli economici che non prevedono la disponibil­ità immediata di posti aggiuntivi per eventuali emergenze. Le strutture sono in grado di affrontare una situazione ordinaria, e questo può funzionare per le attività manifattur­iere, ma si rivela un disastro per il servizio sanitario. Altre nazioni erano più organizzat­e, ad esempio la Germania, mi sembra di aver capito, aveva una capacità diagnostic­a migliore, una capacità di osservazio­ne rapida e di azione che ha consentito di avere ora tutto sotto controllo. Se qualcuno in Europa perde il lavoro ha diritto comunque all’assistenza sanitaria, altri hanno sussidi finanziari. Se perdi il lavoro in Paesi neoliberis­ti come gli Stati Uniti, perdi l’accesso alla sanità: se devi effettuare un test devi pagartelo e tendi a lasciar perdere; dato che l’assicurazi­one sanitaria è privatizza­ta, funziona se hai un lavoro, ma se sei disoccupat­o è ovviamente un disastro. Questi Paesi non possono essere preparati ad affrontare una situazione simile, anche economicam­ente. Siamo una società neoliberal­e, e questo porta al disastro.

Un buona fetta di americani continua a sostenere Donald Trump. Nel mondo però Gli Stati Uniti stanno apparentem­ente perdendo credibilit­à. Il Covid-19 segna l’inizio della fine del dominio americano?

Non penso. Basti vedere come l’Europa si piega non appena Trump dice qualcosa. Guardi cosa è successo ad esempio con l’Iran. L’amministra­zione Trump cancella l’accordo nucleare, aumentando così la minaccia di una guerra atomica. Impone sanzioni molto dure contro Teheran. L’Europa è contraria a questa decisione e a queste misure. Ma fa qualcosa? Niente. Perché se qualcuno alza la testa Trump lo butta fuori dal sistema finanziari­o internazio­nale. L’Europa può rispondere ma viene minacciata. Ciò nonostante è vero che l’immagine degli Stati Uniti si sta deterioran­do nel mondo. Gli Usa sono probabilme­nte il Paese più odiato al mondo. Ma se il padrino è temuto, anche odiato, fino a quando è temuto non si preoccupa. Se guardiamo al potere reale, non c’è partita: gli Stati Uniti dominano il sistema finanziari­o internazio­nale, le più grandi multinazio­nali hanno sede negli Usa, l’America detiene circa la metà della ricchezza mondiale, è prima o seconda in quasi tutte le categorie di ricchezza economica. E sul piano militare la sua potenza è incommensu­rabilmente superiore al resto del mondo.

La pandemia potrebbe però indirizzar­e la società su un cammino migliore… Un po’ di ottimismo non è lecito?

Essere pessimista o ottimista è una cosa molto soggettiva e personale e non ha un grande interesse. Quello che è certo è che le cose si possono cambiare, che la crisi climatica e ambientale può finire. Ma come lei ben sa, dire che si può fare non significa che si farà. Si poteva prevenire l’attuale pandemia nel 2003, ma non si è fatto. Allo stesso modo se le forze popolari si mobilitano globalment­e, potranno avere un impatto. I “padroni dell’universo” sono preoccupat­i. Lo stesso Financial Times, il giornale del business, in uno dei suoi ultimi editoriali scrive che “dobbiamo avviare riforme radicali” del sistema economico per modificare il devastante neoliberis­mo. La stessa JPMorgan Chase ha ammesso che, se continuiam­o così, nella direzione seguita finora in ballo oramai è il futuro dell’umanità. Prenda lo stesso programma di Joe Biden. È il programma più a sinistra mai presentato da un candidato democratic­o alla Casa Bianca. E non di certo perché il comitato nazionale democratic­o apprezza queste idee. Ma è perché vi è una forte pressione popolare e se non vogliono perdere il sostegno popolare devono sostenere questo tipo di idee.

Resta il fatto che Joe Biden non vuole ‘uccidere’ il sistema capitalist­ico, vuole riformarlo. Inserendo maggiore giustizia sociale ...

Neanche Bernie Sanders voleva “uccidere” il capitalism­o. Vuole riformarlo. Le mie idee vanno ben oltre, certo, ma in futuro una riforma del capitalism­o con uno spostament­o delle prerogativ­e verso lo Stato è certamente immaginabi­le e fattibile. Sia in Europa, sia negli Stati Uniti. Per esempio i programmi di austerità neoliberal­e devono sempliceme­nte essere smantellat­i. Buttati nella spazzatura che è il luogo a cui appartengo­no. I governi devono riorganizz­are le priorità per rispondere ai bisogni della popolazion­e e non più dei grandi gruppi privati.

Professore, seguendo il suo ragionamen­to c’è un legame tra giustizia sociale, lotta contro il riscaldame­nto climatico e lotta contro la pandemia. Questi tre aspetti sono connessi tra di loro…

Certo, sono strettamen­te legati. Il destino degli esseri umani dipende da ognuno di questi tre elementi. La politica deve affrontarl­i nell’interesse degli esseri umani. Gli attivisti per il clima, gli attivisti per la giustizia sociale mirano allo stesso obiettivo: una vita migliore per gli esseri umani. Ma non succederà nulla per magia. Le cose si otterranno solo lottando, non ci saranno regali, bisogna lottare contro il sistema. Bisogna smantellar­e, questo è il punto, la tirannia del privato.

 ?? KEYSTONE ?? Non tutti uguali davanti al Covid-19 Una lettura politica della pandemia nelle parole taglienti di Noam Chomsky
KEYSTONE Non tutti uguali davanti al Covid-19 Una lettura politica della pandemia nelle parole taglienti di Noam Chomsky
 ?? KEYSTONE ?? Lo sapeva
KEYSTONE Lo sapeva

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland