Limiti di federalismo e autonomia comunale
Le crisi sono atte a farci capire, a portare alla superficie, ciò che non funziona in un determinato sistema. Significa che una crisi è anche un insegnamento da cogliere soprattutto a livello politico generale. La crisi che stiamo attraversando, dettata dall’emergenza Coronavirus, se ha evidenziato valori umani di solidarietà, di abnegazione e convivenza per i quali dobbiamo essere molto riconoscenti, ha però anche mostrato i limiti del nostro federalismo e, soprattutto nel piccolo, della stessa autonomia comunale. Non è infatti possibile che su decisioni che hanno a che fare nell’immediato con la vita e la morte delle persone non ci sia un’istanza superiore capace di dare indicazioni precise (magari anche categoriche) e di interpretare in modo adeguato uno stato acuto di pandemia. Intendiamoci: non parlo certo, in questo senso, di uno Stato alla Bolsonaro o alla Trump e neppure dell’Ungheria! Parlo di uno Stato che sappia fare le differenze, che sappia intervenire al momento giusto nell’interesse della sua popolazione, che in un simile momento abbia il coraggio di applicare le giuste deroghe a quelle leggi di “bel tempo” che in quel momento stanno in contrapposizione con le necessarie misure di prevenzione. Le Ordinanze federali emesse a questo scopo – e che in sé sarebbero una buona cosa – si sono rivelate troppo macchinose, prostrate ad interessi non necessariamente di bene comune e sottraenti di un tempo prezioso che, in caso di pandemia, non c’è. Perché dico tutto ciò? Perché non è nell’ordine delle cose che in virtù del federalismo Cantoni, addirittura confinanti, facciano cose diverse (per esempio il Cantone dei Grigioni in ritardo di un mese con le misure di prevenzione rispetto al Ticino), come non è normale che un piccolo sindaco (in senso generale) o un gruppo di piccoli sindaci, possano determinare cosa si fa o non si fa (sempre in circostanze di pericolo grave per la comunità) in tutta una regione. In questo caso ci vuole qualcuno 'sopra' che decida nel solo interesse della popolazione. Non vorrei essere fraintesa: mi sono sempre riconosciuta sia nel federalismo che nell’autonomia comunale. Ci sono però limiti e questi li abbiamo raggiunti. Anche se resta vero che ci sono stati Cantoni come il Ticino che ha saputo far uso del federalismo per fare la miglior prevenzione e che le situazioni si possono giudicare meglio a livello locale. Ma resta non giusto che salvare o non salvare vite resti affidato al caso di una migliore o peggiore leadership. Ci vogliono analisi, strumenti, ci vogliono persone che sappiano pensare e politici che non decidano in funzione dei loro interessi e di quelli dei loro partiti. Allora forse anche il Moesano potrà sottrarsi alla sua condizione di territorio sospeso tra due entità politiche diverse ed in effetti non appartenente a nessuna di queste. Situazione che la pandemia ha rivelato in tutta la sua peculiarità (documentata) inclusa l’indifferenza generale delle diverse leadership per le quali una regione di circa 8500 abitanti, fuori dal contesto politico di riferimento, non è degna di attenzione. Malgrado si sia rivelata una delle più colpite. Questa crisi – che ha toccato direttamente la vita della gente – ha fatto vedere al Moesano il limite della sua situazione politica. E in previsione di altre contingenze simili che nessuno vuole ma che ci potrebbero essere, si dovranno trovare soluzioni. Nel solo interesse della popolazione e non dei politici.