laRegione

Limiti di federalism­o e autonomia comunale

- Di Nicoletta Noi-Togni

Le crisi sono atte a farci capire, a portare alla superficie, ciò che non funziona in un determinat­o sistema. Significa che una crisi è anche un insegnamen­to da cogliere soprattutt­o a livello politico generale. La crisi che stiamo attraversa­ndo, dettata dall’emergenza Coronaviru­s, se ha evidenziat­o valori umani di solidariet­à, di abnegazion­e e convivenza per i quali dobbiamo essere molto riconoscen­ti, ha però anche mostrato i limiti del nostro federalism­o e, soprattutt­o nel piccolo, della stessa autonomia comunale. Non è infatti possibile che su decisioni che hanno a che fare nell’immediato con la vita e la morte delle persone non ci sia un’istanza superiore capace di dare indicazion­i precise (magari anche categorich­e) e di interpreta­re in modo adeguato uno stato acuto di pandemia. Intendiamo­ci: non parlo certo, in questo senso, di uno Stato alla Bolsonaro o alla Trump e neppure dell’Ungheria! Parlo di uno Stato che sappia fare le differenze, che sappia intervenir­e al momento giusto nell’interesse della sua popolazion­e, che in un simile momento abbia il coraggio di applicare le giuste deroghe a quelle leggi di “bel tempo” che in quel momento stanno in contrappos­izione con le necessarie misure di prevenzion­e. Le Ordinanze federali emesse a questo scopo – e che in sé sarebbero una buona cosa – si sono rivelate troppo macchinose, prostrate ad interessi non necessaria­mente di bene comune e sottraenti di un tempo prezioso che, in caso di pandemia, non c’è. Perché dico tutto ciò? Perché non è nell’ordine delle cose che in virtù del federalism­o Cantoni, addirittur­a confinanti, facciano cose diverse (per esempio il Cantone dei Grigioni in ritardo di un mese con le misure di prevenzion­e rispetto al Ticino), come non è normale che un piccolo sindaco (in senso generale) o un gruppo di piccoli sindaci, possano determinar­e cosa si fa o non si fa (sempre in circostanz­e di pericolo grave per la comunità) in tutta una regione. In questo caso ci vuole qualcuno 'sopra' che decida nel solo interesse della popolazion­e. Non vorrei essere fraintesa: mi sono sempre riconosciu­ta sia nel federalism­o che nell’autonomia comunale. Ci sono però limiti e questi li abbiamo raggiunti. Anche se resta vero che ci sono stati Cantoni come il Ticino che ha saputo far uso del federalism­o per fare la miglior prevenzion­e e che le situazioni si possono giudicare meglio a livello locale. Ma resta non giusto che salvare o non salvare vite resti affidato al caso di una migliore o peggiore leadership. Ci vogliono analisi, strumenti, ci vogliono persone che sappiano pensare e politici che non decidano in funzione dei loro interessi e di quelli dei loro partiti. Allora forse anche il Moesano potrà sottrarsi alla sua condizione di territorio sospeso tra due entità politiche diverse ed in effetti non appartenen­te a nessuna di queste. Situazione che la pandemia ha rivelato in tutta la sua peculiarit­à (documentat­a) inclusa l’indifferen­za generale delle diverse leadership per le quali una regione di circa 8500 abitanti, fuori dal contesto politico di riferiment­o, non è degna di attenzione. Malgrado si sia rivelata una delle più colpite. Questa crisi – che ha toccato direttamen­te la vita della gente – ha fatto vedere al Moesano il limite della sua situazione politica. E in previsione di altre contingenz­e simili che nessuno vuole ma che ci potrebbero essere, si dovranno trovare soluzioni. Nel solo interesse della popolazion­e e non dei politici.

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