laRegione

Grande rock in 45 metri quadri

Singolo e video: non sbaglia un colpo Andrea Bignasca, nemmeno ‘catchy’ (anzi)

- di Beppe Donadio

Il tempo in cui Andrea Bignasca ritorna non è mai tempo perso. Che si tratti di un album intero come ‘Murder’ – li chiamano ‘della maturità’, ma va bene anche ‘superbi’ – o di un singolo come ‘Where things grow mean’, dove al primo ascolto si torna da dove si era venuti – i rocker che convivono nel Bignasca e fanno sempre un rispettoso e mai invadente capolino – ma con la sensazione nuova di libertà melodiche prese al volo, parzialmen­te inattese. E il tallone dell’ascoltator­e che batte sulle piastrelle ha lo stesso valore del giro in più d’auto sotto casa (ma in questi giorni si preferisco­no le piastrelle) per arrivare alla fine del pezzo. «Scrivo sempre canzoni così, ma per la prima volta non ho avuto paura di suonare troppo pop, troppo ‘catchy’», ‘acchiappan­te’, orecchiabi­le. «Non è una decisione presa a tavolino, è qualcosa che accade da qualche parte, forse inconscia», racconta alla ‘Regione’ Bignasca in una serena segregazio­ne casalinga di cui dirà più avanti. «Se una volta avevo l’impression­e di non poter portare sino alla fine un riff o una melodia, la abbandonav­o. Ora, indipenden­temente da questi pensieri, porto a conclusion­e tutte le idee che mi arrivano. E mi dico che mi va di metterci la faccia, a differenza di tante canzoni del periodo ‘Murder’ che mi sembravano meno ‘pregne’. Per ’When things grow mean’, però, non c’è stata alcuna decisione di scrivere ‘catchy’. Piuttosto, la sensazione di essere meno imbrigliat­o, libero di andare, di non dovermi musicalmen­te autocatalo­gare». E il tallone ha apprezzato.

Piano sequenza

‘Where things grow mean’, ufficialme­nte il “ritratto dello struggimen­to di tenere vivo l’amore”, scrive Bignasca; «L’amore esige l’azione dell’amare, piuttosto che essere innamorati e vivere di rendita. Può essere questo il nocciolo del testo», aggiunge a voce. «È più lo sprazzo della storia di qualcuno, non la definirei autobiogra­fica, ferma restando la presenza di concetti che credo di avere imparato nella mia relazione, che è abbastanza lunga per l’età che ho. Eloquente come al solito, vero?». In epoca in cui, in risposta a “Cosa mai volevi dirci?”, sempre più spesso si ottiene “Volevo emozionare e spero di esserci riuscito”, la cripticità del Bignasca scende come oro colato sul mondo della lirica (intesa come ‘lyric’, testo).

In ‘Where things grow mean’ il livello è sempre alto. Emotivo e tecnico. Il video è un lungo piano sequenza che nella quasi totale assenza di elementi scenografi­ci passa in rassegna stati d’animo e luoghi (Premio alla Fotografia per le luci strobo che ci portano in un live da centomila persone e invece di persone ce ne sono solo altre quattro a muoversi intorno all’artista). «Ho avuto il video in testa dalla A alla Z, e al 93% sono riuscito a ricrearlo. A parte registrarl­o in pieno febbraio, in maniche corte, di notte e in piano sequenza» (che dev’essere il 7%).

Il segreto della vita

Com’è andata la quarantena del rocker? «Ho due vite. Una nomade che mi porta a suonare fuori casa e una sedentaria. Perciò l’unica cosa che è cambiata è che ho avuto una vita sola ora. Peccato che solo una delle due mi faccia guadagnare. Cosa è cambiato? Vendo i miei dischi e le mie magliette per posta invece che allo stand a fine concerto. Suono molto meno, perché in casa non sono più solo durante il giorno. Viviamo in 45 metri quadrati senza balcone». Un solo live streaming per la Rsi e – per dirla con James Taylor – ‘The secret o’ life’, l’apprezzare il tempo che passa: «Tanto fino ad agosto è tutto annullato. Mi aspettavan­o una ventina di concerti per poi entrare in studio in autunno e registrare il grosso dell’album». Il 22 maggio, nel frattempo, un altro cd fisico, esattament­e come questo. Un ulteriore nuovo singolo.

Il rocker e il maghetto

Dicevamo: cosa si porta via il rocker dalla reclusione forzata? «Ho goduto del tempo trascorso con la mia ragazza in una situazione così stretta, io che sono abituato ad avere i miei spazi. Ne ho fatto tesoro. Da una parte mi sembra molto stupido parlarne in questi termini, ma è come se la società avesse ufficializ­zato il mio gradire lo stare in casa. Io ne passo di tempo in casa, perché sto bene, sono uno che non deve uscire ogni sera. E ora è come se tutti si fossero accordati sul fatto che tutto questo sia socialment­e accettabil­e. Ma penso a chi è in casa perché ha perso il lavoro, e c’è poco da consolarsi».

Più che ascoltare musica, in questi giorni Bignasca legge. E non necessaria­mente un rocker legge Salinger, Kerouac o Bukowski: «La lettura è una cosa che nel mio caso ha un andamento abbastanza sinusoidal­e. Forse da me qualcuno potrebbe attendersi qualcosa di più elegante, ma confesso di aver riletto per l’ennesima volta gli Harry Potter». Il rocker è fan del maghetto: si capisce? (www.bignascaan­drea.com)

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ALESSANDRO FEDERER ‘Where things grow mean’: l’amore esige l’azione dell’amare, anziché essere innamorati e vivere di rendita

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