laRegione

Il grigio colorato

- Di Siria Manini

Ieri pioveva, così il mio gatto è restato dentro casa dormendo sul divano e sui vari letti per poi dormire nella sua cuccetta la sera. Oggi piove ancora, ma non è una pioggia fastidiosa, è solo una pioggia triste, come se fosse la scia di quella di ieri; il mio gatto è restato ancora in casa, però è stanco di vedere il grigio, sebbene lui stesso lo sia. Se fosse un giorno normale sarei uscita di casa alle sei e mezza, avrei preso il bus, il treno e ora sarei a scuola, con la giacca di pelle posata sulla sedia, i jeans strappati, quelli larghi, sì, e poi una maglia corta perché fa caldo lo stesso. Invece sono a casa, in felpa, pantaloni comodi e con il reggiseno di due giorni fa perché in fondo a chi importa? Il mio gatto dorme quando piove, io non cambio particolar­mente sebbene senta la mancanza della mia vecchia vita. Mi manca anche litigare perché esprimere la mia opinione, lottare per difenderla mi rende una persona. Mi manca addormenta­rmi in treno, ridere, fare cinque piani di scale, lamentarmi di doverli fare, così come lamentarmi di dovermi preparare il pranzo sebbene sia una delle cose che più mi piacevano. Non mi manca lo stress, la pressione che sentivo addosso ogni giorno appena arrivavo a scuola, non mi mancano gli interventi delle mie compagne, mosse dall’insicurezz­a di non prendere un bel voto, non mi mancano le dormite sui banchi perché la sera prima arrivavo tardi dall’allenament­o e poi studiare richiedeva più pause e si era stanchi, tanto stanchi. Ma il bisogno di ciò che mi manca mi induce alla disposizio­ne di tolleranza di quanto prima non sopportavo. In fondo la mia vita non era così male poiché perlomeno vivevo. Non so quanto si possa chiamare vita questa routine un po’ triste che mi sono costruita al fine di passare le settimane più velocement­e. L’unica cosa che mi è rimasta (...)

(...) è la sveglia presto: mi alzo senza sveglia tutti i giorni in una fascia oraria che va dalle sei alle sei e mezza. Sarà che mi piace fare colazione da sola, sarà che di solito mi alzavo alle cinque e quaranta ed ora mi sembra di dormire parecchio, sarà che il mattino ha l’oro in bocca. Sono tanto affaticata ed appesantit­a da questa situazione e il fatto di non essere l’unica ad esserlo e vedere vicini di casa, compaesani che escono in piccoli gruppetti mentre io ancora vado a camminare sola per i sentieri mi fa riflettere. A chi importa della mia salute mentale? A chi importa se piango la sera, quando rivedo le foto di un anno fa mentre andavo a Como con la mia migliore amica, video di me che ballo con vestiti luccicanti, foto con le mie amiche sdraiate nel cortile della scuola a prendere il sole durante la pausa di aspe? Tutto ciò che sento dire è “non mettiamo sotto pressione il sistema sanitario” da persone che il sistema sanitario lo gestiscono e perciò talvolta mi pare un leggero controsens­o. Se nei miei coetanei vedo tristezza ma speranza ed un filo di contestazi­one, negli adulti vedo solo paura e odio. È vero, crescendo i soldi acquisisco­no importanza a discapito dei sogni. Da bambina sognavo disperatam­ente l’età adolescenz­iale e l’età adulta per poter finalmente capire le questioni dei grandi. L’adolescenz­a è un’illusione, si è convinti di essere eterni e difatti io adulta proprio non mi ci vedo; l’età adulta ha varie sfumature, non lo nego, però io la vedo grigia come il mio gatto, come le giornate di pioggia. Conosco adulti pieni di sole, assolutame­nte. Sono ciò che mi fa sperare di poter essere colorata e speranzosa anche tra qualche anno perché ormai, al numero simbolico e convenzion­ale dell’età adulta, manca sempre meno.

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