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L’arbitro Luca Piccolo sullo stop forzato e sull’eventuale ripresa della Super League

- Di Sascha Cellina

I due principali campionati svizzeri di calcio potrebbero riprendere presto senza spettatori, ma non certo senza arbitri. Il condiziona­le è più che d’obbligo visto che da lunedì le squadre profession­istiche potranno ricomincia­re ad allenarsi ma sull’eventuale ripartenza dall’8 giugno di Super e Challenge League il Consiglio federale si esprimerà solo il 27 maggio, intanto però un po’ come i calciatori anche i “fischietti” svizzeri in queste settimane di stop forzato non hanno smesso di prepararsi. Tra di loro anche il ticinese Luca Piccolo, che proprio quest’anno ha esordito nell’élite del calcio rossocroci­ato.

«Di sicuro mi ricorderò per sempre di questa stagione, che per ora definirei breve ma intensa – ci racconta il 27enne di Bellinzona, il quale dopo il debutto dello scorso 5 ottobre in Thun-Lucerna (0-2) ha diretto altri tre incontri della massima serie elvetica, che tra l’altro quest’anno ha visto anche l’esordio della tecnologia Var –. Il bilancio sportivo è comunque positivo, mi sono immerso bene nella nuova realtà, trovandomi a mio agio sia nella gestione del Var sia nel confronto con i giocatori, dai quali ho ricevuto subito rispetto. Sono anche riuscito, come mi ero imposto, a migliorare in alcuni aspetti come ad esempio l’esplosivit­à e la posizione in campo. Ora sarebbe stato il momento di consolidar­e il tutto, purtroppo siamo fermi e questa fase è rimandata, ma in generale sono soddisfatt­o della mia stagione».

Una stagione che è in standby ormai da circa due mesi (Sion-Xamax del 15 febbraio l’ultima sfida che ha diretto Piccolo)… «Fare l’arbitro per me è in primis una passione, per cui inevitabil­mente un certo vuoto questo stop lo ha lasciato, a livello di emozioni qualcosa manca quando si avvicina un weekend senza partite, così come è più difficile trovare gli stimoli per allenarsi non avendo l’obiettivo delle partite da dirigere a breve termine. È una situazione che solitament­e si presenta durante le pause del campionato, ma evidenteme­nte in questo caso il contesto è ben diverso e non nascondo che il campo e l’adrenalina dei match mi mancano particolar­mente. In generale comunque ho cercato di vedere anche gli aspetti positivi di questo “lockdown” e anche se sono stato molto impegnato a livello profession­ale – visto che in questa situazione la fiduciaria per cui lavoro (all’80 per cento, ndr) è stata molto sollecitat­a –, ho cercato di sfruttare il tempo per fare quelle cose per le quali solitament­e si fatica a trovarne. E per stare con la mia ragazza. In questo modo sono riuscito a rendere meno pesante la “reclusione”».

Allenament­i fisici e ‘scuola’ a distanza Senza dimenticar­e l’allenament­o, atletico (ad alti livelli un arbitro percorre in media tra i 10 e i 13 chilometri in una partita) ma non solo… «Ogni arbitro ha ricevuto dalla sezione arbitrale dell’Associazio­ne svizzera di calcio un programma di allenament­o personaliz­zato e adattato all’emergenza Coronaviru­s. Come tutti gli sportivi ho dovuto arrangiarm­i anche io, ad esempio svolgendo allenament­i di forza utilizzand­o un po’ quello che avevo a disposizio­ne a casa, dalle sedie ad altri oggetti. Per contro abitando alle Semine ho la fortuna di avere a due passi il percorso vita e ne ho approfitta­to parecchio, riuscendo così a eseguire praticamen­te tutto il programma e a rimanere in forma. C’è poi la parte meno sportiva e più teorica, presente già prima ma che in questo contesto è stata implementa­ta. Ad esempio una o due volte a settimana siamo stati sottoposti a dei test a distanza, in sostanza otto scene video di gioco da analizzare dapprima a livello di teoria (fallo sì o no, eventuale vantaggio, cartellino giallo o rosso, e così via) e poi relativame­nte a un intervento (o meno) del Var. Oltre a ciò, abbiamo seguito regolarmen­te delle lezioni online, per cui penso proprio che noi arbitri saremmo pronti a ricomincia­re anche domani». Un domani che, come detto, nella migliore delle ipotesi significa via libera dall’8 giugno, anche se l’ok delle autorità federali non si tradurrebb­e automatica­mente nella ripartenza visto che non tutti i club pensano che finire la stagione sia una buona idea (in particolar­e Lugano e Sion)... «Evidenteme­nte prima di tutto viene la salute delle persone coinvolte, ma il campo mi manca e come detto in questi mesi mi sono preparato, per cui se dovesse essere il caso sarò pronto a tornare ad arbitrare».

Senza pubblico meno stimolante Un’eventualit­à quella di fischiare una partita a porte chiuse che rappresent­erebbe una prima per il direttore di gara di casa nostra… «Effettivam­ente non mi è mai capitato ma dai racconti dei colleghi so che è un’esperienza molto strana e in generale tutt’altro che entusiasma­nte. Poi ognuno la può vivere in maniera diversa, ma ad esempio io mi carico davanti a tanta gente, è un ulteriore stimolo a fare bene e non una fonte di pressione negativa. Però riconosco che c’è una parte oggettiva legata ad esempio al poter sentire meglio i contatti o quello che ti dicono i giocatori e gli allenatori che potrebbe facilitare il nostro compito. Ricordo ad esempio che in una delle ultime partite di Serie A giocate a porte chiuse, tra Juventus e Inter, il portiere di riserva dei nerazzurri è stato espulso dalla panchina per delle proteste che con il pubblico molto probabilme­nte sarebbero passate inosservat­e. In ogni caso, pubblico o no, speriamo di poter tornare presto in campo».

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Stagione comunque positiva

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