No allo sfinimento da pandemia
Gli inglesi hanno coniato il termine ‘lockdown fatigue’ ovvero sfinimento da quarantena. Confinati in condizioni spesso inadeguate, ne siamo più o meno tutti affetti. Conosciamo i sintomi Covid-19 sui quali si basano i profili dei gruppi a rischio, ma negli scorsi giorni sono emersi nuovi studi che porterebbero ulteriori vittime probabilmente escluse dalle attuali statistiche. Non si tratterebbe di una malattia respiratoria, bensì cardiovascolare che provoca embolie. Negli Stati Uniti si sta registrando un’accresciuta incidenza d’infarti in pazienti testati positivi, anche giovani e sani. A New York i decessi casalinghi si sarebbero quadruplicati. In ben sei Paesi tra i quali anche la Svizzera, si osserva in bambini tra due e 15 anni uno stato infiammatorio multisistemico simile alla sindrome di Kawasaki, spesso in presenza di Sars-Cov-2. La ricerca scientifica lavora instancabilmente a un identikit del virus e delle sue potenziali vittime, prevenzione e cura sembrano obiettivi più vicini, in un laboratorio di Oxford si parla già di un vaccino per settembre, il plasma dà ottimi risultati. I bambini sotto i 10 anni sarebbero i meno affetti, ma risulta azzardato dichiararli fuori rischio, come sottolineato sia dall’ordine dei medici, sia dal medico cantonale. Eppure è su una loro presunta immunità che si basa la decisione federale di riaprire le scuole dell’obbligo, in Ticino per soli 26 giorni effettivi, 13 se fossero mezze giornate. Chi sia entrato in contatto con il virus non si sa, in particolare nel caso dei più giovani, raramente sottoposti al test o ricoverati. Se è vero che la curva si sarebbe appiattita, è anche noto che dove sono stati allentati i provvedimenti essa sia puntualmente risalita. Sappiamo anche che metà dei contagi avviene prima che si manifestino dei sintomi, eppure i test sono poco diffusi su persone asintomatiche. Pur essendo il Ticino una delle regioni con il maggior numero di decessi Covid-19 pro capite, non solo della Svizzera ma anche di tutti i Paesi limitrofi, il CF annuncia una riapertura dell’economia e il Consiglio di Stato non esercita la propria autonomia. Ma anche se in circostanze drammatiche, questo rallentamento forzato ha offerto spunti di riflessione sul prezzo della normalità alla quale ci accingiamo a tornare. Le previsioni parlano già ora di nuovi picchi in luglio e agosto. Uno studio del Politecnico di Losanna in collaborazione con la John Hopkins University di Baltimore, prevede 5’000-15’000 morti a dipendenza dalle nostre scelte. Per numerosi genitori mandare i figli a scuola non è un’opzione e si sono visti costretti a improvvisare una protesta, questo in tempi in cui molte famiglie lavorano e nel contempo seguono un’economia domestica complicata da restrizioni e tele-insegnamento. Rispondo quindi ai politici che ci invitano a lasciare lavorare chi ne ha le competenze, con un invito a non sfruttare la ‘lockdown fatigue’ per una ripresa sbrigativa. Si prenda invece atto che lo spirito di comunità e sacrificio con il quale abbiamo ridotto i contagi, è il nostro vero capitale. Cerchiamo di guadagnare terreno sul virus dove sia possibile, non rischiamo per una manciata di lezioni.