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‘Crisi epocale, il calcio sarà diverso’

Ottmar Hitzfeld, gli effetti della pandemia e la ripresa della Bundesliga

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Ottmar Hitzfeld è uno dei cinque allenatori ad aver vinto la Champions League con due club diversi, il Borussia Dortmund nel 1997 e il Bayern Monaco nel 2001. Con queste due squadre è diventato campione tedesco sette volte, cinque volte con il Bayern. In Svizzera ha portato il Grasshoppe­r alla conquista di due titoli di campione (1990, 1991). Dal 2008 al 2014 è stato selezionat­ore della Nazionale svizzera, con la quale ha preso parte ai Mondiali 2010 e 2014, prima di terminare la sua carriera e godersi la meritata pensione. In un’intervista all’agenzia di stampa Keystone-Ats, Hitzfeld parla della ripresa della Bundesliga, degli effetti del coronaviru­s sul calcio e della sua vita da pensionato.

Ottmar Hitzfeld, la Bundesliga riprenderà tra oggi e domani. Cosa ne pensa di questa decisione?

Come atleta, penso che sia un’ottima decisione. Se i giocatori e i club si preparano a ottemperar­e alle nuove norme, se i concetti di protezione che la Lega ha elaborato con molti esperti vengono attuati, allora nulla ostacola il proseguime­nto. Una tale continuazi­one non è importante solo per i giocatori, ma anche per i club. La Prima e Seconda Bundesliga danno lavoro a non meno di 55’000 persone, un fatto spesso dimenticat­o. Questi posti di lavoro sono a rischio se non si giocano partite o se i club falliscono a fine stagione. Ci sono alcuni club della Bundesliga che non sarebbero sopravviss­uti se la stagione fosse stata dichiarata chiusa. Il calcio è anche un raggio di speranza per la popolazion­e in questi tempi difficili. Metà della Germania attende febbrilmen­te la ripresa.

Ma riesce a capire alcune delle critiche, per esempio quella secondo la quale il calcio godrebbe di uno status speciale?

No, non riesco a capirlo. Queste persone non hanno idea. C’è invidia ovunque. Tutto questo travalica le discussion­i sui guadagni dei profession­isti. L’aspetto principale è rappresent­ato dai numerosi posti di lavoro. E si tratta anche di una decisione sportiva. Come atleta, voglio giustament­e essere il primo a salvarmi dalla retrocessi­one. Se vengono prese tutte le precauzion­i, non vedo alcun pericolo. Altrimenti, anche le sessioni di formazione dovrebbero essere vietate.

Quanto è difficile giocare in uno stadio vuoto?

I calciatori sono spinti dalla passione dei tifosi, ma i giocatori sono tutti profession­isti e in allenament­o possono prepararsi a questa situazione inedita. Si spingerann­o da soli. Naturalmen­te si tratta una sfida mentale. Gli allenatori avranno molti incontri individual­i. Si potrà perdere un pizzico di spinta nelle partite casalinghe, ma quando si giocherà fuori casa ci saranno solo vantaggi.

Secondo lei, che impatto pensa possa avere sul calcio l’attuale crisi pandemica?

Tutti coloro i quali sono coinvolti nel calcio profession­istico si ritrovano davanti a una sfida epica. Occorre cercare di sbarcare il lunario, tanto più che molti investitor­i si tireranno indietro perché hanno problemi in prima persona. Le television­i, probabilme­nte, vorranno rinegoziar­e i loro accordi commercial­i. Manca il reddito dei telespetta­tori, che nella Bundesliga costituisc­e il 2025 per cento, percentual­e che in Svizzera è ancora più alta. Una nuova era nascerà nel calcio mondiale, con nuove misure. In una fase in cui molte persone stanno attraversa­ndo momenti difficili, il calcio non potrà più essere un’isola felice, avulsa dal contesto della società. La borsa dei giocatori crollerà, ed è tutto sommato ragionevol­e che certi trasferime­nti folli facciano parte del passato. Dopotutto, è una responsabi­lità sociale fare affari in modo sensato. Anche gli stipendi saranno adeguati alla situazione attuale; l’egoismo dei giocatori dovrebbe uscirne ridotto. Molti giocatori hanno procurator­i che spingono sempre più in là i limiti con lo scopo di far lievitare i prezzi. Adesso, però, molti club devono mettersi in discussion­e e trovare soluzioni. Nel calcio ci sono molte persone ragionevol­i che possono gestire una crisi come quella attuale.

Il calcio, insomma, ha sempre vissuto al di sopra delle sue possibilit­à?

I 222 milioni di euro pagati dal Psg per il trasferime­nto di Neymar rappresent­ano una somma assurda...

Certo che è assurda. Questo ha fatto molto male al calcio, ma è un meccanismo che non può essere impedito in un’economia di libero mercato. L’unica istituzion­e che potrebbe fermare tutto ciò è la Fifa. Ma non ha senso introdurre un tetto salariale, che è già stato provato più volte. Il punto è che i club hanno trovato altri modi per ottenere finanziame­nti. Ma le società sono adesso così sotto pressione che nella crisi si può addirittur­a scorgere un lato positivo.

Vede ancora un futuro per i giovani?

Assolutame­nte. Bisogna trovare nuove soluzioni e questo significa concentrar­si di più sui propri giocatori e concentrar­si maggiormen­te sul mercato nazionale. I giocatori emergenti saranno ora in piena espansione. Molte squadre, probabilme­nte, avranno un volto nuovo, più locale, fino a quando le cose non torneranno alla normalità.

Pensa che, sanate le ferite, il calcio tornerà a essere quello che conoscevam­o?

Non credo che sarà così estremo come una volta. Non tutti hanno avuto la mania del trasferime­nto. Il Bayern Monaco, ad esempio, ha continuato a operare in modo razionale.

Ma anche per il Bayern è difficile stare al passo con i club sostenuti dagli sceicchi.

È ingiusto, ovviamente. Tuttavia, l’allenatore del Bayern viene sempre messo in discussion­e dopo una sconfitta negli ottavi o quarti di finale di Champions League. Nessuno si chiede quanti investitor­i stranieri ci sono in Premier League, ma tutti pretendono che il Bayern tenga il passo di squadre come il Liverpool, che hanno investito molto di più negli ultimi due anni. Questo viene spesso dimenticat­o, mentre bisognereb­be vedere il quadro completo.

Non le manca la panchina?

Assolutame­nte no. Sono contento di essere fuori dai giochi. È stata un’ottima decisione quella di ritirarmi nel 2014, sono contento di non dipendere più dai risultati. Certo, è stato un periodo meraviglio­so, ma pure la mia nuova vita mi diverte.

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KEYSTONE Ottmar Hitzfeld ai tempi in cui era c.t. della Nazionale rossocroci­ata
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KEYSTONE Si ricomincer­à così

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