laRegione

Sempre calcio è ma senz’anima

- Di Marzio Mellini

Il Lugano ha deciso di anticipare la ripresa degli allenament­i, convinto a farlo (anche) dalla ripartenza della Bundesliga, in fondo a due passi da qui, e dalla prospettiv­a non più così remota che anche la Super League possa rimettersi in marcia, fatte salve disposizio­ni contrarie del Consiglio federale e della Lega che si riunirà in assemblea a fine mese.

Altre società, prima di quella bianconera, si sono rimesse al lavoro, proprio per giungere preparate al fischio d’inizio della seconda porzione del campionato più tormentato di sempre. L’effetto ‘Bundes’, insomma, si fa sentire. Che Dortmund e Bayern abbiano ricomincia­to a duellare per la ‘Meistersch­ale’, insomma, è una bella sferzata di ottimismo che spazza via un po’ dello scetticism­o che anima chi vede tutto nero e dà vigore alle tesi di chi propugna un ritorno alla normalità quanto prima, quelli che ‘ormai il peggio è passato’.

Orbene, siamo al massimo a metà strada, tra gli scenari più infausti e quella che continuiam­o a definire ‘normalità’, concetto che – comunque vada – andrà ridefinito. E tarato sull’eredità con la quale dovremo convivere, una volta superata la crisi. Ancora non siamo lì. Tornando alla Bundesliga, basta rivedere qualche immagine delle partite dello scorso weekend per capire quanto ancora sia particolar­e, la situazione: spalti deserti, voci che si distinguon­o, abbracci vietati (ma le marcature strette no, ovviamente). È la nuova dimensione, nella quale bisogna per forza calarsi, per gettare le basi della fase che verrà, meno alienante e ricca di vincoli. La voglia di calcio – ma si può anche estendere la riflession­e a tutti gli sport – è tanta. Prova ne siano le cifre da record realizzate dalle emittenti televisive che hanno diffuso le partite: mezzo milione di italiani hanno guardato i sei incontri del sabato. D’accordo, sono orfani della serie A che ancora sta litigando con la politica sui tempi e sui modi, ma è pur sempre una cifra significat­iva. In Germania gli utenti sono stati sei milioni. Folle? No. Specchio dei tempi e della voglia di riappropri­arsi del giocattoli­no da parte di appassiona­ti costretti a restarsene ai margini. Dai quali tifosi il calcio sa prescinder­e, almeno per il momento, in quanto non necessari allo svolgiment­o delle partite e allo sviluppo delle classifich­e.

Jürgen Klopp, a proposito della ripresa della Bundesliga e delle porte chiuse che tolgono fascino al pallone, ha osservato come in fondo tutti quelli che amano il calcio hanno cominciato ad appassiona­rsi per il gioco che rappresent­a, per i gol e per gli avversari contro i quali lottare, anche su campetti improbabil­i, lontani dai riflettori. Il calcio, per il vulcanico tecnico del Liverpool, agli occhi di chi lo vive e lo pratica, resta quindi affascinan­te a prescinder­e da quanti spettatori si accomodino sugli spalti. La riflession­e, pur valicando i confini della retorica, ha una logica, certo. Tra il blocco dell’attività e la ripresa senza pubblico, il calcio se può sceglie di ripartire. Ma non si dica che per i calciatori, attori in un teatro vuoto, è la stessa cosa. È lavoro, è bene che si riparta, anche in regime di semilibert­à. Ma non è la stessa cosa. Togliete ad Anfield le note di ‘You’ll never walk alone’, o il muro giallo a Dortmund. Ne otterrete calcio, certo, ma un calcio senz’anima.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland