Su Hong Kong la sfida Cina-Usa
Washington: sanzioni con la ‘legge sulla sicurezza nazionale’. Pechino: reagiremo.
Pechino/Washington – Non solo Hong Kong, naturalmente, ma oggi Hong Kong. La disputa strategica tra Cina e Stati Unti ha ritrovato nell’ex colonia britannica una posta dal valore simbolico elevatissimo. Washington ha avvertito che introdurrà nuove sanzioni nei confronti della Cina, se questa imporrà all’isola la propria legge sulla ‘sicurezza nazionale’. Pechino ha replicato promettendo “necessarie contromisure”.
«Non esiste un Paese che consentirebbe attività che mettano in pericolo la sicurezza nazionale sul suo territorio» ha detto il portavoce del Ministero degli esteri Zhao Lijian. Gli Usa, ha aggiunto, «hanno decine di leggi per proteggere la propria sicurezza nazionale, ma vogliono interferire». È tuttavia vero che il progetto di legge in discussione al Congresso nazionale del popolo, il ramo legislativo del parlamento cinese, prevede l’insediamento a Hong Kong di un’agenzia contro “le spinte separatiste per sovvertire il potere centrale, le attività terroristiche e le forze straniere di interferenza”. Uno strumento, in altre parole, per mettere sotto più stretta tutela l’autonomia dell’isola, violando la Dichiarazione sino-britannica del 1984 sulle garanzie di autonomia e tutela delle libertà di Hong Kong fino al 2047.
Niente che possa, per ora, impensierire Pechino, risoluto ad approvare la legge: aprendo la seconda sessione plenaria del Congresso, il presidente Li Zhansu ha detto di essere «fiducioso che attraverso lo sforzo congiunto di tutti i delegati saremo in condizioni di ultimare questo importante compito legislativo». La mossa, ha aggiunto, darà «garanzie più solide per rafforzare la sovranità, la sicurezza e lo sviluppo degli interessi della nazione e per assicurare a Hong Kong la prosperità e la stabilità di lungo termine».
L’irruzione di Taiwan
Nella disputa si è poi inserito un altro attore, Taiwan. La neopresidente nazionalista Tsai Ing-wen ha scritto su Twitter: “A tutti coloro che stanno lottando attualmente a Hong Kong per i valori che ritengono più cari, voglio dire che Taiwan ha sempre dato la massima preoccupazione e supporto”. Parole suonate come un affronto a Pechino, dove l’indipendenza di Taiwan non viene neppure considerata e il suo “ritorno” nel grembo cinese è ritenuto solo questione di tempo.
A Hong Kong intanto, Xie Feng, locale rappresentante del Ministero degli esteri cinese, ha contattato un ampio numero di diplomatici, associazioni del business e media ai quali ha chiesto il sostegno alla legge, assicurando che con la sua entrata in vigore (pare ad agosto) creerebbe un ambiente più stabile nella città, ha riportato il South China Morning Post.
Ancora domenica, tuttavia, migliaia di manifestanti si sono scontrati con la polizia, nella prima reazione alla misura voluta da Pechino e annunciata venerdì sera. Nelle proteste contro la legge e le ingerenze di Pechino, e a favore della democrazia, dell’autonomia, se non dell’indipendenza, le forze dell’ordine hanno usato la mano pesante arrestando quasi 200 persone per la partecipazione a manifestazioni non autorizzate. I due fronti si stanno preparando per un’altra sfida, quella di mercoledì: circa 3’000 agenti saranno schierati in tenuta antisommossa, con cannoni d’acqua e barriere, per prevenire che gli attivisti raggiungano la LegCo, il parlamentino locale, dove ci sarà l’esame in seconda lettura della controversa legge sul “rispetto dell’inno nazionale”.