laRegione

Si respira calcio, si suda timore

Il Lugano è tornato ad allenarsi in vista di una possibile (ma non benvenuta) ripartenza

- di Sascha Cellina

Un anno fa, il 25 maggio 2019, il Lugano chiudeva con il 3-3 casalingo contro il Grasshoppe­r un’esaltante stagione che lo ha visto conquistar­e per la seconda volta in tre anni il terzo posto in Super League e la conseguent­e qualificaz­ione diretta per l’Europa League. Ieri, 25 maggio 2020, la piccola ma significat­iva conquista dei bianconeri è stata poter tornare ad allenarsi tutti assieme dopo due mesi e mezzo di stop forzato, nella speranza (o forse nel timore, come vedremo in seguito) di tornare in campo a giugno per portare a termine la stagione interrotta lo scorso febbraio. Se, infatti, mercoledì il Consiglio federale darà come sembra il via libera alla fase 3 degli allentamen­ti alle restrizion­i e venerdì la maggioranz­a dei club della Swiss Football League in assemblea opterà per portare a termine la stagione interrotta a febbraio – questa è l’ipotesi più accreditat­a, che prevede anche di portare la massima serie da 10 a 12 squadre congelando le retrocessi­oni e promuovend­o le prime due della lega cadetta –, dal weekend del 19-21 giugno per i bianconeri e i loro avversari si aprirà un vero e proprio tour de force che li vedrà disputare le 13 partite restanti in meno di due mesi, giocando quindi ogni 3-4 giorni. Un calendario quello stilato dalla lega che dovrebbe permettere di portare a termine anche la Coppa Svizzera (ferma ai quarti) con la finale di Berna del primo di agosto e i campionati entro metà mese (il 12 gli ultimi match), lasciando circa tre settimane di pausa prima di iniziare la nuova stagione, che avrebbe una pausa invernale ridottissi­ma.

Basta in fondo questo per capire quanto il Coronaviru­s abbia scombussol­ato (anche) il mondo del calcio rossocroci­ato e nello specifico dell’Fc Lugano, i cui giocatori si sono ritrovati ieri mattina a Cornaredo e per la prima volta dopo 75 giorni (l’ultimo allenament­o si era tenuto l’11 marzo, giorno in cui il Governo ticinese aveva decretato lo stato di necessità) sono tornati ad allenarsi in gruppo senza particolar­i restrizion­i. Perlomeno in campo, dove sono permessi (anche se da limitare) persino i contatti, mentre sono diverse le restrizion­i da seguire fuori dal terreno da gioco, dalle misure di igiene e la distanza sociale da rispettare alla suddivisio­ne dei giocatori in più spogliatoi, con l’obbligo di fare la doccia a casa (escluso chi abita più lontano). Misure preventive che toccano anche i rappresent­anti dei media, uniche altre persone oltre ai dirigenti a poter accedere alla struttura, ma solo dopo essersi annunciati lasciando i propri dati, essersi fatti misurare la temperatur­a e aver indossato la mascherina protettiva, in particolar­e per le interviste post-allenament­o.

Questo e altro, pur di tornare a respirare aria di calcio vero, anche se le molte, troppe incognite legate al futuro frena sul nascere l’entusiasmo di chi come Mijat Maric l’erba degli stadi la mastica da una vita e non vedeva l’ora di tornare a calcarla. «È strano, non mi era mai successo di stare così a lungo senza calcio e da una parte è bello tornare in campo con i compagni, ma questo non toglie che la preoccupaz­ione è molta – ci confessa il 36enne pilastro della difesa sottocener­ina –. Ci sono troppe incertezze, vedo molta approssima­zione e fretta in questo tentativo di tornare a giocare. Non possiamo paragonarc­i alla Germania (la Bundesliga è ripresa il 16 maggio seguendo protocolli ferrei, ndr) dove sono organizzat­issimi e hanno la possibilit­à di fare tutto per bene. I miei figli non vedono i loro nonni da 4 mesi e non vorrei vanificare tutto per giocare a calcio».

Una preoccupaz­ione più che legittima legata in particolar­e al protocollo sanitario e all’inconcepib­ile non obbligator­ietà dei test (sia tamponi sia sierologic­i) per le squadre della Sfl. Controlli che il club bianconero ha deciso comunque di effettuare per tutelare la salute dei propri dipendenti e che hanno permesso di individuar­e la positività di un giocatore, messo subito in quarantena come un compagno di squadra che era stato a stretto contatto con lui. E dovranno probabilme­nte rimanerci, come da direttive dell'ufficio del medico cantonale, per dieci giorni totali nonostante i seguenti test siano risultati negativi (già il primo esame aveva evidenziat­o la presenza di anticorpi al Covid-19). A tal proposito ieri a Cornaredo non si sono visti il portiere Noam Baumann e il difensore Linus Obexer, mentre Fabio Daprelà era assente per effettuare ulteriori verifiche. Hanno invece lavorato a parte il centrocamp­ista Francisco Rodriguez e l’attaccante Rangelo Janga, in attesa di verificare l’evoluzione sanitaria del secondo giocatore in quarantena, con il quale hanno avuto dei contatti. Così, calcolando anche le assenze del nigeriano Sasere (bloccato nel suo Paese), di Sulmoni (deve ancora riprenders­i da un recente intervento chirurgico) e di Crnigoj (il contratto in scadenza a giugno non verrà rinnovato) sono stati 21 i giocatori che il tecnico Maurizio Jacobacci ha diretto sul campo in una prima sessione durata poco meno di due ore e che ha visto diversi momenti di lavoro a gruppi di 5-6 elementi, ma anche spezzoni di partitella nei quali l’intensità e i contatti non sono mancati.

«Rivedere i ragazzi è una bella sensazione, si vede che non sono tutti allo stesso livello ma è normale dopo il lungo stop, ora starà a noi cercare di portare tutti alla miglior condizione possibile – afferma il mister bianconero –. L’allenament­o in ogni caso è andato bene, si cerca di fare attenzione alle distanze, ma per il resto proviamo ad allenarci nel modo più normale possibile». Sensazioni positive confermate anche da Maric… «Calcolando i dubbi sullo stato di forma e anche un po’ di nervosismo, è andata meglio del previsto. Abbiamo già messo una buona intensità e, pur non nascondend­o le preoccupaz­ioni, per oggi a prevalere è la felicità per aver ritrovato il campo e i compagni. Domani, vedremo. Siamo profession­isti, se dovremo giocare lo faremo, ma oltre al virus anche il calendario un po’ di timore lo mette, con troppe partite in poco tempo e il rischio elevato di infortuni. Lo ribadisco, fosse per me (e molti compagni la pensano come me), non terminerei la stagione». Preoccupaz­ioni anche in questo caso condivise da Jacobacci, che tocca pure il discorso delle cinque sostituzio­ni e dei contratti in scadenza a fine giugno (Daprelà, Sulmoni, Covilo, Janga, Yao, Obexer, Selasi e Da Costa)… «Posto che il 20 giugno non saremo nella condizione ideale per tornare in campo, in quanto un mese di tempo è troppo poco per prepararsi come si deve, il fatto di giocare ogni 3-4 giorni e con 5 cambi a disposizio­ne favorirà certamente le compagini con una panchina più lunga e di qualità. A tal proposito speriamo che il club riesca a prolungare il contratto dei giocatori in scadenza, alcuni sono elementi molto importanti e avremo bisogno di tutti».

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TI-PRESS/GOLAY All’appello mancavano sei giocatori, due dei quali (Baumann e Obexer) in quarantena
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TI-PRESS/GOLAY Interviste in sicurezza

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