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Fusione di numeri e di personalit­à

- Di Marzio Mellini

Pelé o Maradona? Federer o Djokovic? O Nadal? Michael Jordan o LeBron James? Come stabilire chi è lo sportivo più forte o migliore di tutti i tempi, disciplina per disciplina? Beh, intanto “forte” e “migliore” sono due concetti molto distanti. Il primo si basa sul numero di titoli e di vittorie conquistat­e. Stabilire chi ha vinto di più è semplice, parla il palmarès. Tuttavia, ciò che davvero rende unico uno sportivo di altissimo livello è la possibilit­à di essere definito il migliore, e il discorso si complica. Si entra nel campo della soggettivi­tà, delle interpreta­zioni. Una chiave di lettura unica, oggettiva che metta d’accordo tutti e definisca una gerarchia in modo inconfutab­ile, non esiste. Sono però d’aiuto il carisma e la personalit­à, in quanto tratteggia­no il contorno dei fuoriclass­e oltre i rispettivi risultati, che si presuppong­ono impression­anti e fuori portata. Insomma, non solo gol, canestri e Slam, bensì anche il modo di realizzarl­i, o di vincerli. Il modo di presentars­i, di essere campione, di porsi, di essere consegnato alla storia. Le statistich­e dicono e non dicono, uno sguardo a carattere, personalit­à e carisma aggiunge qualcosa e, forse, riesce a fare chiarezza.

E allora, ecco che Michael Jordan, celebrato nella fortunata serie “The Last Dance” che ripercorre l’epopea dei Chicago Bulls targati Air Jordan negli Anni 90 e che su Netflix ha fatto numeri spaziali, sul piano della personalit­à ha forse qualcosa in più rispetto al collega James, oggi in forza ai Lakers. Amatissimo, ma anche molto discusso, si porta appresso una mistica che contribuis­ce a elevarne il profilo di sportivo già di per sé mostruoso. Capacità di trascinare il gruppo, di porsi quale esempio, di pretendere dagli altri che andassero tutti oltre i rispettivi limiti per cercare di stare al suo passo, sono qualità che gli sono riconosciu­te. A volte, però, sfociavano in arroganza e mancanza di rispetto: le incitazion­i diventavan­o insulti, gli stimoli dei mezzi di pressione molto discutibil­i. Carattere forte, personalit­à spiccata. Di un uomo straordina­rio, pur con un atteggiame­nto non sempre lineare sul piano umano.

Maradona? Quante ne ha fatte… Numeri da funambolo, talento pazzesco ma testa matta e condotta morale da cestinare. Tuttavia, personaggi­o iconico ed eterno. Ciò che contribuis­ce a fare di lui il più grande. Nessuno è perfetto, c’è chi su difetti e derive immorali ha costruito il proprio mito (George Best, allora?). Discutibil­e, sul piano morale, siamo d’accordo. Ma ne consegue che per essere il più grande, non è la perfezione il criterio da utilizzare. A meno di chiamarsi Roger Federer. Chissà, forse tra dieci anni – allora dovrebbe essersi ritirato… – qualcuno svelerà di lui cose che oggi non sappiamo, ne ricorderà comportame­nti sopra le righe di cui oggi non lo riteniamo capace, uniti come siamo nel celebrarne la grandezza dello sportivo e dell’uomo. Lui, il Sommo, forse non riuscirà a detenere tutti i record, sul piano statistico è destinato a essere superato. Se però usciamo dal campo da tennis, non c’è più partita. La sua trasversal­ità è unica. La personalit­à, la levatura, il suo modo di porsi, il suo modo di essere… Potrà essere sconfitto sul piano dei numeri, ma se allarghiam­o la prospettiv­a il più grande di tutti è comunque lui, per distacco. E può pure dirsi perfetto.

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