La pandemia moltiplica i poveri
Il 30% della popolazione soffre di malnutrizione
Poveri lo erano da prima, poi si è aggiunto il coronavirus. Anche in Venezuela, dove il 30% della popolazione soffre di malnutrizione e centinaia di migliaia di persone non hanno accesso ai farmaci – scrive Ivo Schürmann, pr di “Aiuto alla chiesa che soffre” –, i contagi si contano a migliaia. Il Paese, in quarantena dal 16 marzo, sconta la gravità ben nota di una crisi, economica, sociale e politica. In un quadro di destabilizzazione nel quale agiscono le spinte interne e quelle pilotate dagli Stati Uniti, si è aggiunta la caduta del prezzo del petrolio, privando il Venezuela (che ne detiene una tra le più ricche riserve mondiali) della sua principale voce di bilancio.
La chiusura delle frontiere appare così una misura ormai fuori tempo, considerato che dal 2015 oltre quattro milioni e mezzo di persone hanno lasciato il Paese.
E quello che nei nostri Paesi si chiama “distanziamento sociale”, in Venezuela è di fatto una condanna. “Molti venezuelani – scrive ancora Schürmann – non sono in grado di lavorare a causa dell’isolamento sociale e temono di morire di fame piuttosto che di virus”.
Sono così sempre di più le persone che dipendono direttamente dagli aiuti delle agenzie umanitarie ancora presenti, o della Chiesa. “Alla fine del 2019 ho potuto vedere con i miei occhi quante siano le persone che dipendono dalle distribuzioni di cibo ai poveri e dall’assistenza medica offerta nelle parrocchie. Sacerdoti, religiosi e volontari si adoperano in questi servizi. In Venezuela, la Chiesa è una delle poche istituzioni su cui la gente può contare.