laRegione

Horror vacui

Appunti dalle palme della Grande Lugano, tra un ‘tornerà la quiete’ e il programmat­ico ‘la Città ti è vicina’.

- DI MARCO JEITZINER FOTORAFIA © TI-PRESS / P. GIANINAZZI

Lugano horror vacui? No, vuoto bellissimo! Il ‘clan asintomati­co’ di cui parlavamo su queste pagine poche settimane fa (si veda Ticino7 n. 19/2020 del 9 maggio) già rimpiange la quarantena. Bella perché surreale, divertente perché grottesca. Nel paesone mascherato da città, col suo salottino cicalone e vagamente formicolan­te, i primi giorni furono disorienta­nti ma poi... la bellezza! Siccome mai si confinò all’italiana, perché italiano a Lugano non era e in Italia non stava, lui uscì, vide, parlò e conobbe. Visse quasi normalment­e. Distante dalle persone, dalle pareti di casa come muri del pianto, da finestre ante-plexiglas, da balconi a mo’ d’ora d’aria.

Curiosi incontri

Meglio il sole e la brezza del lago che un acaro per amico. Giù nella (vuota) Rivetta Tell, nella (vuota) Piazza Manzoni, prima di rivedere le orrende code al fast food. Un omino con berretto, guanti e mascherina, bisognoso di parlare con gli umani, gli disse: “Ma lei non è l’inquilino...?”. “Sì, perché?”. Scoprì che era il dirimpetta­io mai visto prima, cuoco invalido di Porlezza che viveva sullo stesso piano da trent’anni. Quello della tv accesa ‘h24’ per settimane subendo terrorismo informativ­o. Ogni sera verso le cinque si palesava, si toglieva la mascherina, fumava una sigaretta. L’omino buffo gli chiese se non fosse preoccupat­o. “No! Non ho nulla, come molti altri, del resto”. C’era l’asintomati­co sereno e quello obbediente, terrorizza­to. Gli sembrava persino più folle di quell’altro omone che, dall’altra parte della strada, per settimane ha passeggiat­o attorno alla casa pur di muoversi. E poi le fontane (vuote) a primavera; gli inguardabi­li tulipani bianchi nel (vuoto) parco Ciani; il kebabbaro sul Cassarate senza clienti; la polizia nei boschi; le mascherine appese al lunotto dell’auto come crocifissi; le fotocopie da usura a 50 centesimi l’una all’edicola; l’igienizzan­te del supermerca­to che sa di grappa. Sintomi di una quasi normale anormalità.

Quiete o tempesta?

A Lugano il vacuum giunse potente e splendido come lo starnuto. Lugano non-luogo per un po’. “Oh, finalmente gente normale!”, gli disse un milanese residente vedendolo senza mascherina. Un complottis­ta convinto che “mi sono documentat­o, è tutta una montatura!”. Capitò a molti asintomati­ci di pensarlo, ma poi... In bici dal centro (vuoto) alla foce (vuota) del Cassarate, al giardinett­o (vuoto) in Cattedrale, sul terrapieno sopra il parcheggio (vuoto). Quasi la perfezione se non fosse per la polizia che girava (a vuoto) in auto, assieme a pigroni e tamarri (ma dove vai se è tutto chiuso?). La drammaturg­ia cartelloni­stica luganese che “tornerà la quiete dopo la tempesta”, come se prima della serrata ci fosse burrasca. Quella che “per fare gite, ci saranno tempi migliori”, ma intanto gira pure in auto. Quella che “proteggi te stesso e gli altri: resta a casa”, quindi sii acaro, poltrisci, isolati, così t’ammali. Quella che “la Città ti è vicina” ma non è mai stata così stupendame­nte lontana. Fase uno, due, tre... stella! Chi vincerà? Lugano aristoteli­ca, che natura abhorret a vacuo. Anzi no, la natura non rifiuta il vuoto (di umani), bensì l’ama.

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Il lungolago nei primi giorni dell’allentamen­to del lockdown

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