L’Italia torna a Schengen
I cittadini svizzeri potranno varcare la frontiera, resta il divieto della spesa
L’Italia riapre domani i confini con i Paesi dell’area Schengen, Svizzera inclusa. A meno che non decida nelle prossime ore di fare altrimenti, ma ieri sembrava una ipotesi remota.
Se dunque entro la prossima mezzanotte il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non dovesse varare nuove direttive, il Decreto attualmente in vigore farebbe decadere automaticamente le restrizioni per tutti coloro che vorranno recarsi in Italia anche in assenza di motivi ritenuti validi. In particolare verrebbe meno l’obbligo (peraltro applicato con molta flessibilità) della quarantena di 14 giorni.
Un’apertura unilaterale cui la Svizzera ha già detto di non voler dare seguito. Indipendentemente dalle decisioni di Roma, per Berna il 3 giugno è troppo presto, per cui i viaggi in Italia rimarranno sconsigliati a tutti i cittadini residenti nella Confederazione. Sconsigliati, ma non proibiti. Si potrà, cioè, varcare il confine per andare a cena, fare un aperitivo oppure usufruire di servizi. Unica eccezione il divieto di recarsi in Italia per il turismo degli acquisti. Coloro che si recheranno oltre confine solo per fare compere potrebbero vedersi infliggere una multa di 100 franchi al rientro. E questo, probabilmente, anche se dovessero dichiarare come principale motivo dello spostamento l’essere andati a trovare un parente o un amico per qualche ora ed avere colto l’occasione per fare tappa al supermercato. Diverso sarà probabilmente se si potrà dimostrare di aver trascorso più giorni in Italia. Toccherà comunque sempre a chi rientra sul territorio nazionale riuscire a dimostrare, o quantomeno rendere verosimile, che le borse della spesa nel bagagliaio non rappresentano lo scopo principale del viaggio transfrontaliero.
In assenza di un’apertura coordinata tra i due Paesi, i residenti nella Confederazione potranno liberamente spostarsi verso l’Italia e far rientro sul territorio nazionale, mentre i cittadini italiani che non hanno un valido motivo per entrare in Svizzera (come ad esempio il recarsi sul posto di lavoro), non saranno ammessi su suolo elvetico. Saranno quindi possibili i ricongiungimenti degli affetti, ma solo dalla Svizzera verso l’Italia. Il contrario dipenderà da una decisione da parte di Berna, per ora non ancora in vista.
In settimana, forse già oggi, se ne dovrebbe comunque sapere di più. In particolare il Consiglio federale potrebbe comunicare se saranno introdotte misure sanitarie obbligatorie per coloro che, dopo una visita oltre confine, rientreranno in Svizzera. Tra quelle possibili, l’obbligo di un’autocertificazione che permetta di rintracciare le persone in caso possano essere collegate a focolai sviluppati all’estero.
Via libera da Regione a Regione
Roma – Domani l’Italia riapre. Fonti governative hanno confermato che Giuseppe Conte non farà annunci di sorta, dando per intesa la fine dei divieti di spostamento contestuale alla scadenza dell’ultimo decreto della presidenza del Consiglio. Il governo avrà piuttosto da concentrarsi sulla valutazione di rischi che comporta il ritorno alla circolazione tra tutte le Regioni, e sulle smanie dei rispettivi presidenti. “Ma qualche quota di rischio va presa, altrimenti non apriremo mai”, ha ammesso il presidente della conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini che in queste settimane ha svolto il ruolo di mediatore tra le richieste dei colleghi e l’esecutivo. Rischi “ponderati”, li ha definiti il ministro della Salute Roberto Speranza, che trovano conferma anche nei dati giornalieri: ‘solo’ 178 contagiati, un numero mai così basso dal 26 febbraio, con un rapporto tra tamponi fatti e positivi individuati che per la prima volta è sotto l’1% (0,98%). Anche i dati della Lombardia vanno meglio, ma quelli di ieri riflettono le rivelazioni raccolte domenica con molti meno tamponi rispetto al resto della settimana. Nella Regione più colpita dal virus, ci sono 50 contagiati in più, il 28% del totale in Italia e poco più del 30% dei morti delle ultime 24 ore (19 su 60). Numeri che confortano il governo nella sua decisione di riaprire. Se poi qualcuno, hanno sottolineato fonti vicine al ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia, ritiene di dover chiedere, sempre e solo su base volontaria, le generalità ad un turista, un’autocertificazione o di procedere con il tracciamento, l’esecutivo non si metterà di traverso. E quella delle iniziative locali è la strada che stanno seguendo i presidenti di regione a cui il virus aveva dato alla testa. Il sardo Christian Solinas ha fatto marcia indietro e, dalla patente sanitaria, è passato a pensare di offrire un incentivo sotto forma di voucher a chi si sottoporrà al test sierologico e si dice pronto a varare un questionario e una piattaforma per la registrazione di chi arriva, entrambe su base volontaria.