laRegione

‘Nessuna violenza, lei era consenzien­te’

Alla sbarra il 30enne accusato di aver costretto una minorenne a un rapporto sessuale

- di Giacomo Rizza

È stato un rapporto sessuale consenzien­te oppure un reato penale che si traduce in violenza carnale? È questo il nodo che la giustizia ticinese, in un processo di natura indiziaria, è chiamata a sciogliere per la seconda volta. L’imputato, un 30enne kosovaro residente nella regione, contesta infatti integralme­nte la sentenza in primo grado pronunciat­a dalla Corte delle Assise criminali di Bellinzona. Un verdetto, datato 23 ottobre 2019, che aveva condannato l’uomo a quattro anni di carcere più l’espulsione dalla Svizzera per otto. Il motivo? Avere abusato (si parla di un atto sessuale completo) di una minorenne di età maggiore ai 16 anni. Il fatto sarebbe avvenuto nel giugno 2019 nell’appartamen­to dell’uomo. I due si erano conosciuti qualche giorno prima in un parcheggio a Bellinzona. Dopo uno scambio di messaggi sul cellulare, di comune accordo avevano organizzat­o un primo incontro. La sera stessa, dopo essere stati un po’ in auto, la giovane aveva accettato la proposta dell’uomo – avanzata sapendo dell’assenza della moglie – di recarsi nella propria abitazione.

‘Dava l’impression­e di provare piacere’

Difeso dall’avvocato Stefano Pizzola l’imputato – in carcere da oltre un anno – chiede ora l’assoluzion­e di fronte alla Corte di appello e di revisione penale di Locarno presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will (giudici a latere Rosa Item e Chiarella Rei-Ferrari). Per il 30enne, comparso nuovamente alla sbarra ieri mattina, la giovane era consenzien­te all’atto sessuale, avvenuto dopo i precedenti preliminar­i (baci e sesso orale) alla quale la giovane non si era opposta. Durante l’atto, ha affermato l’imputato nel corso dell’istruttori­a, «non è vero che la ragazza ha gridato e ha detto di fermarmi. In precedenza, sul divano, era stata lei a prendere iniziativa. E durante l’atto, come me, dava l’impression­e di provare piacere». Per l’accusa, sostenuta dal procurator­e pubblico Moreno Capella, l’uomo ha invece utilizzato la forza per costringer­e la giovane a spingersi oltre. A pesare, nel giudizio emesso in primo grado, era risultata la lesione riportata alle parti intime dalla ragazza (che ai tempi dei fatti era ancora vergine). Una ferita, aveva stabilito il referto medico, compatibil­e con un rapporto sessuale violento e non voluto. Un argomento ripreso ieri dal pp, il quale ha chiesto la conferma della sentenza emessa in prima istanza. «Gli elementi sollevati dalla difesa non sono sufficient­i per far preferire la tesi assolutori­a – ha affermato Capella –. La versione della vittima risulta invece attendibil­e e credibile, e viene rafforzata dall’atteggiame­nto processual­e quantomeno inappropri­ato dell’imputato: ha riferito il falso, negando di non aver capito che la giovane non voleva consumare quel rapporto». Per l’accusa l’uomo non avrebbe badato al rifiuto della giovane espresso fisicament­e e oralmente (aveva cercato di farlo desistere dicendogli di essere vergine e mentendo sul fatto di avere il ciclo). A sostegno dell’accusa c’è pure la testimonia­nza di un amico del 30enne: agli inquirenti ha riferito che l’imputato gli aveva raccontato i dettagli del rapporto con la ragazza (come il sangue, non dovuto al ciclo mestruale, rinvenuto sul suo intimo): questo attestereb­be che l’uomo, contrariam­ente a quanto dichiarato, era ben conscio della sua verginità. Il verdetto dello scorso ottobre prevede anche un risarcimen­to di 12mila franchi per il torto morale subito dalla vittima, patrocinat­a dall’avvocata Sandra Xavier, la quale ha pure chiesto ieri la conferma della pena.

‘Non ha recepito il suo rifiuto’

È poi stato il turno dell’arringa dell’avvocato Pizzola. Secondo la difesa l’imputato non ha capito che la giovane non voleva spingersi oltre: «Dopo i baci in macchina, la ragazza ha accettato di andare a casa del mio assistito – ha affermato il legale –. Insomma: lo scopo della serata sembrava chiaro e condiviso da entrambi. E dopo i preliminar­i sul divano, la giovane si è recata con lui in camera da letto senza opporre la benché minima obiezione». Per Pizzola, la ragazza non è dunque riuscita a fare emergere il suo rifiuto. Altro elemento esposto dall’avvocato, il fatto che né la vittima, né l’imputato abbiano riportato segni o graffi che possano accertare una resistenza fisica. La difesa chiede il prosciogli­mento, e in via subordinat­a una cospicua riduzione della pena in ragione dell’atteggiame­nto «consenzien­te» della minorenne. La sentenza è attesa nelle prossime settimane.

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TI-PRESS In prima istanza era stato condannato a quattro anni di carcere più un risarcimen­to di 12mila franchi
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La sentenza è attesa nelle prossime settimane

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