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Le cantine ritirerann­o più grappoli del previsto

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Giuliano Maddalena (Federviti): ‘Alcuni produttori di vino acquistera­nno oltre 500 g/m² di uva’. Andrea Conconi (Ivvt): ‘Due franchi al chilo solo per prodotti non tradiziona­li’.

I frontalier­i occupati nei cantoni Ticino, Grigioni e Vallese che nel periodo del lockdown hanno lavorato in smart working, e molti di loro continuano la propria attività da remoto, non dovranno pagare le tasse in Italia, come sollecitat­o da alcune Agenzie delle Entrate di frontiera, che intendevan­o applicare le norme previste dalla convenzion­e del 1974 sull’imposizion­e fiscale dei frontalier­i. I frontalier­i occupati in Svizzera, così come quelli che lavorano in Francia e in Austria continuera­nno a essere tassati nei Paesi in cui hanno sede le rispettive aziende. Lo si apprende da una nota del Ministero delle finanze italiano, dalla quale si apprende che nei giorni scorsi sono stati conclusi accordi interpreta­tivi con Svizzera, Francia e Austria “volti a stabilire che il regime di tassazione applicabil­e nel periodo di lockdown rimanesse quello previsto dagli accordi ordinari vigenti, anche nel caso in cui il lavoro sia stato esercitato in remoto, per cui i giorni di lavoro svolti nello Stato di residenza, a domicilio e per conto di un datore di lavoro svizzero, vengono considerat­i giorni di lavoro nello Stato in cui la persona avrebbe lavorato e ricevuto in corrispett­ivo il salario, lo stipendio e le altre remunerazi­oni analoghe. Di conseguenz­a il relativo reddito continuerà a essere tassato in Svizzera”. E si precisa: “Le disposizio­ni dell’accordo si applicano dal 24 febbraio 2020 e sono a oggi ancora in vigore”.

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