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Bentornata, scuola

- Di Daniel Ritzer

La scuola riparte. Il 31 agosto tutti gli istituti scolastici del cantone riaprirann­o le proprie porte per accogliere le allieve e gli allievi ticinesi. Un auspicato ritorno alla scuola in presenza che, come indicato ieri dal direttore del Decs Manuele Bertoli, verrà accompagna­to da tutta una serie di misure di prevenzion­e definite seguendo le linee guida fornite dalle autorità, ma tenendo anche conto delle specificit­à di ogni singola sede, le quali saranno chiamate ad allestire ognuna un proprio piano di protezione. Si chiuderebb­e quindi così, o almeno per ora, la parentesi della scuola a distanza. Un’esperienza ritenuta positiva da alcuni e un po’ meno da altri. Ma di questo se n’è già discusso parecchio. Quello che è certo è che il periodo del lockdown ha messo in evidenza l’importanza della scuola nella sua forma classica, in almeno tre dimensioni: le prime due riguardano gli scopi più evidenti dell’ambito scolastico, ovvero la didattica e la socialità. A queste però andrebbe aggiunta una terza dimensione, premessa in un certo senso delle altre due, che potrebbe essere chiamata fisiologic­a. Cosa s’intende? La scuola è prima di tutto un punto di riferiment­o nella vita dei giovani: dà loro una struttura chiara, univoca, che si ripete giorno dopo giorno, settimana dopo settimana. La sveglia alle sette, l’entrata alle otto, la pausa, il pranzo, l’uscita, i compiti, lo svago, la sera. A letto non si va troppo tardi poi, perché il giorno dopo la sveglia suonerà di nuovo alle sette e così ricomincia il ciclo. Questa sequenza, che può sembrare banale, è invece una delle funzioni primarie della scolarizza­zione. Una funzione che purtroppo è venuta meno per diversi mesi. Ben venga quindi il ritorno a questo ritmo fondamenta­le per la salute dei nostri ragazzi.

Ci sarebbe poi un ultimo aspetto da evidenziar­e, oltre alle pertinenti rivendicaz­ioni del Sisa (mascherine gratis per gli studenti e corsi di recupero pubblici). La scuola a distanza si è basata su una didattica, in un certo senso, ‘statica’. Per carità, viste le limitazion­i date dalla situazione straordina­ria, non c’è motivo per dubitare delle buone intenzioni messe in campo. Il punto è che la didattica, a volte, sa essere ‘statica’ anche nella scuola in presenza. È qui, dunque, dove varrebbe la pena spendere una riflession­e. Numerosi studi dimostrano che i contenuti hanno molte più probabilit­à di diventare conoscenza, se il processo di apprendime­nto è associato a un’esperienza intensa. Un esempio a caso: è molto più probabile che farò “miei” i poemi omerici interpreta­ndo il ruolo di Achille o di Ettore in una recita teatrale (ragazzi, datemi retta: scegliete Ettore!), che non imparando a memoria i nomi di tutti i personaggi dell’Iliade. Questo per dire che ora che la situazione sanitaria ci consente di riaprire per davvero le scuole, sarebbe interessan­te non rinchiuder­ci in modi di fare che non stimolano i ragazzi a imparare. Insomma, sarebbe davvero un peccato che loro non trovassero grosse differenze tra lo studio in presenza e quello a distanza.

In ogni caso l’avvio del prossimo anno scolastico nelle modalità annunciate ieri dal governo, in questo periodo che vuol essere sempre di più postpandem­ico, resta una notizia da celebrare. Bentornata, scuola!

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