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Burqa e immondizia, Robbiani scagionato

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Decreto di abbandono per il granconsig­liere leghista Massimilia­no Robbiani: il fatto che abbia postato sulla sua pagina Facebook il fotomontag­gio di due persone col burqa accanto a due sacchi della spazzatura e la didascalia “trova le differenze, in palio 10 kg di salame Maometto” – accompagna­ndo il tutto col commento “ragione in più per non pagare la tassa sul sacco” – non costituisc­e infatti “perturbame­nto della libertà di credenza e di culto” né “discrimina­zione razziale”. Lo ha stabilito il procurator­e pubblico Pablo Fäh. Soddisfatt­o Robbiani: “Per fortuna esiste ancora una giustizia, una giustizia che ha saputo valutare con obiettivit­à e non con accaniment­o politico nei miei confronti, un ‘caso’ montato ad arte da chi voleva ‘farmi fuori’”.

La vicenda risale al 2014, quando a seguito del post di Robbiani – ripreso da internet – una quarantina di persone presentò una segnalazio­ne e una denuncia. L’allora municipale di Mendrisio, dopo essersi reso conto delle polemiche suscitate, aveva cancellato il post e una volta interrogat­o si era detto dispiaciut­o verso chi si fosse sentito offeso. Aveva d’altronde ribadito che non intendeva offendere né le donne musulmane né l’altrui libertà religiosa, ma solo denunciare chi impone l’uso del burqa. Proprio alla luce di queste spiegazion­i i denunciant­i avevano comunicato di disinteres­sarsi al procedimen­to.

Per quanto riguarda l’ipotesi di ‘perturbame­nto della libertà di credenza’, la Procura ha accolto la spiegazion­e del granconsig­liere: “Come spiegato da Robbiani, egli non riteneva il burqa un simbolo della religione musulmana e non era sua intenzione offendere la sensibilit­à religiosa di nessuno”, ma solo criticare l’uso dell’indumento in quanto tale: “Non risulta quindi che egli abbia agito sapendo di offendere le convinzion­i religiose altrui”. C’è da notare, tuttavia, che il decreto lascia esplicitam­ente aperta la questione dell'indumento come simbolo religioso, ovvero “se il burqa e il fatto di indossarlo rientrino nella nozione di ‘convinzion­i altrui in materia di credenza’”.

Quanto al reato di discrimina­zione razziale, la Procura specifica come la legge miri a reprimere comportame­nti diretti “contro gruppi specifici di persone”, tali da lederne “direttamen­te la dignità umana e l’uguaglianz­a di trattament­o”, mentre “l’attribuzio­ne di determinat­i comportame­nti o caratteris­tiche a un’etnia, a una razza o a una religione, come pure la critica di determinat­i usi, non è sufficient­e per ammettere una lesione della dignità umana”. Ancora una volta, nel caso di Robbiani “la pubblicazi­one del fotomontag­gio e del commento andrebbero intesi come critica a determinat­i usi di una religione”, e “benché paragonare una donna con il burqa a sacchi dell’immondizia sia un’immagine forte, certamente atta a offendere chi lo indossa”, il post “non implica ancora il discredito delle persone in quanto appartenen­ti a una determinat­a religione”. Inoltre “non emerge che (Robbiani) abbia agito mosso dall’odio o da un sentimento di disprezzo”.

È stato disposto il rimborso delle spese legali.

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