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Nuovi casi, la metà dall’estero

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«Quasi la metà dei nuovi casi testati positivi al coronaviru­s in Ticino sono di persone che rientrano da soggiorni all’estero». Sono «tendenze, impression­i». Perché «non è evidente poter classifica­re una persona in un contesto invece che un altro». Ma le parole del medico cantonale Giorgio Merlani qualche punto fermo lo mettono. In particolar modo sull’incidenza dei casi importati «non solo da Paesi a rischio, ma anche da quelli vicini. Perché più si alzano la mobilità e i numeri, più si trovano situazioni come queste».

Se i dati dell’Ufficio federale di sanità pubblica al centro delle numerose e non poche polemiche recenti attestano a poco più del 27% i casi di persone che si sono contagiate in famiglia, «in Ticino questa percentual­e è tra il 10 e il 12%» rileva Merlani. Che aggiunge come «c’è una piccola quota di casi riscontrat­i dopo feste private e di casi importati da altri cantoni». Infine, «c’è un 20% di casi non chiari, buona parte ascrivibil­i a persone testate positive ma asintomati­che, che magari hanno presentato dei sintomi indietro nel tempo e quindi è difficile risalire alla causa». Risalire alla causa, già. Il compito principale del contact tracing. Pratica che, riprende il medico cantonale, «funziona bene se ci sono pochi casi al giorno, se si può seguirli bene e seguire altrettant­o bene i loro contatti stretti. Questo permette di contenere l’evoluzione e di cercare di capire da dove arriva il contagio». Con questa situazione di «relativa stabilità» che «non mostra segni di una rapida ripartenza», il contact tracing è molto efficace. Ma «l’attenzione resta comunque alta».

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