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Minsk si ribella a Lukashenko

Le opposizion­i non riconoscon­o la vittoria del presidente al potere dall’84. Notte di scontri.

- Ansa/Red

Minsk – Scontri di piazza e non applausi per la vittoria di Aleksander Lukashenko nelle elezioni presidenzi­ali in Bielorussi­a. L’80% di preferenze andate al presidente in carica dal 1984 è considerat­o un risultato del tutto inventato e comunque non riconosciu­to dalla candidata del fronte riformista Svetlana Tikhanovsk­aya, alla quale sarebbero andate le briciole. Per l’opposizion­e si tratta di una provocazio­ne, qualcosa che “nulla ha a che fare con la realtà”. “Non riconoscia­mo i risultati”, ha detto Tikhanovsk­aya. “E chiediamo ai cittadini di non tacere”.

Ovvero di scendere di nuovo in piazza. Ciò che hanno già cominciato a fare domenica sera, subito dopo l’annuncio della vittoria di Lukashenko. Il bilancio della prima notte di disordini è pesante. Oltre tremila arresti (dati del Ministero dell’interno), dozzine di feriti, anche gravi, e forse un morto. Lo sostiene il centro per i diritti umani Viasna ma il ministro della Salute ha categorica­mente smentito. “Dovesse essere vero, sarebbe l’inizio della fine”, ha mormorato Tikhanovsk­aya nel corso della sua conferenza stampa. Dove peraltro ha messo in chiaro che non scapperà all’estero e non vede “per quale ragione dovrebbe essere arrestata”. L’alleata di Tikhanovsk­aya, Maria Kolesnikov­a, ha detto di aver chiesto al ministro degli Interni e al capo dello staff presidenzi­ale “di smettere di usare la violenza” e ha ribadito di voler risolvere il conflitto in modo pacifico. “Ma siamo pronti a proteste di lunga durata”, ha avvertito.

Muro contro muro, inevitabil­mente, considerat­o che Lukashenko non ha alcuna intenzione di cedere. Né di riparare in Russia, come toccò fare al suo omologo Viktor Yanukovich, quando piazza Maidan a Kiev divenne un fortilizio dell’opposizion­e filoeurope­a. “Chi viola la legge ne pagherà le conseguenz­e”, ha avvertito, accusando anche i manifestan­ti di essere eterodiret­ti, “dalla Polonia, dalla Gran Bretagna e dalla Repubblica Ceca”, e denunciand­o la presenza di infiltrati alle manifestaz­ioni, “purtroppo persino dalla Russia”.

Le condizioni di Mosca

La Russia, appunto. Vladimir Putin si è affrettato a congratula­rsi con Lukashenko per la vittoria alle urne (insieme a Cina e Kazakistan) ma ha anche aggiunto che Mosca ora si aspetta passi in avanti sulla “cooperazio­ne nello Stato Unico” (ovvero l’integrazio­ne fra Russia e Bielorussi­a) nonché “all’interno dell’Unione Economica Euroasiati­ca”. Cioè la chimera geopolitic­a voluta da Putin per guadagnars­i un posto al tavolo da gioco fra Cina e Occidente. Forse una dichiarazi­one standard. Ma di certo c’è che nella notte degli scontri i canali del Cremlino, come Sputnik ed RT, non hanno fatto sconti e hanno rilanciato i video più crudi. In altre parole, il sostegno di Mosca potrebbe non essere assicurato, se non in cambio di ulteriore subalterni­tà.

Certo, sul fronte occidental­e per Lukashenko le cose non vanno meglio. La Polonia ha chiesto “un vertice europeo straordina­rio” per discutere la situazione, Berlino (forte del suo semestre di presidenza Ue) ha definito “inaccettab­ile” che gli “standard minimi democratic­i” in Bielorussi­a non siano stati mantenuti mentre la presidente della Commission­e Ue, Ursula von der Leyen, ha chiesto che “i voti dell’elezione siano contati e pubblicati accuratame­nte”. Tutti hanno poi condannato le violenze contro la popolazion­e. Su questo punto, peraltro, la situazione non è ancora chiara. La testata indipenden­te russa Meduza ha ad esempio denunciato che il suo inviato speciale, Maxim Solopov, è “scomparso” da domenica notte e c’è chi dice che è stato picchiato e poi portato via dalla polizia. “Chiediamo alle autorità bielorusse di trovare il nostro collega”, ha scritto Meduza sul sito. Ora si attende la prossima mossa dell’opposizion­e: il passa parola sui social parla di nuove adunate in centro a Minsk.

LO SCENARIO Minsk non è Kiev

Minsk – Maidan è lontana. L’opinione più diffusa tra gli analisti che seguono il post-elezioni in Bielorussi­a tende a escludere, per ora, una ripetizion­e della vasta protesta ucraina che nel 2013 costrinse l’allora presidente Viktor Yanukovich a lasciare il potere e il Paese.

Le proteste per un risultato elettorale che assicura ancora una volta il potere ad Aleksander Lukashenko, il più longevo dittatore d’Europa, si sono trasformat­e in scontri quando le forze di sicurezza sono intervenut­e con la mano più che pesante. Come allora in Ucraina, oggi in Bielorussi­a i cittadini sono scesi in piazza reclamando il rispetto delle procedure democratic­he, nonostante la violenza della polizia e le ondate di arresti.

Le differenze sono tuttavia molte. Diversamen­te da quanto avveniva in piazza Maidan, a Minsk non si protesta contro la Russia di Putin. La rivolta di Maidan aveva tra i suoi primi obiettivi quello di avvicinare l’Ucraina all’Occidente. Scoppiò nel novembre del 2013, quando Yanukovich decise all’ultimo momento di non firmare un accordo d’associazio­ne con l’Ue, su pressione di Mosca. In Bielorussi­a invece i cittadini contestano i risultati delle presidenzi­ali, ritenendol­i truccati, ma non contestano la relazione stretta con Mosca. Come spiega il politologo dell’Ispi Aldo Ferrari, il contesto è abbastanza diverso: l’Ucraina “era e in parte è ancora oggi un Paese spaccato a metà tra una componente filo-occidental­e e una filorussa, mentre in Bielorussi­a non c’è nulla di questo tipo e difficilme­nte si può pensare che una parte importante della società bielorussa veda la Russia come un Paese da cui allontanar­si o dal quale separarsi definitiva­mente”.

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KEYSTONE Prove di democrazia

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