laRegione

Quando il nemico corre sotto terra

Un incendio di sottosuolo difficile da domare

- Di David Leoni

Continua a dare filo da torcere ai pompieri, ai forestali e agli elicotteri impegnati, da giorni, nell’opera di spegniment­o l’incendio boschivo sulla cima della Trosa. Un rogo, lo ricordiamo, originato da un fulmine abbattutos­i sulla zona lo scorso 22 luglio. Nella giornata di ieri una decina di pompieri della Sezione di montagna di Locarno è stata elitraspor­tata sul posto per cercare di contrastar­e le fiamme da terra, spalleggia­ta da un velivolo.

Se è vero che fortunatam­ente la situazione è sotto controllo e che i danni ambientali arrecati dal sinistro sono contenuti (l’area interessat­a è priva di boschi e cascinali), è vero altresì che i tempi necessari ad aver ragione delle fiamme si stanno prolungand­o e di parecchio. Con qualche, immancabil­e, critica, soprattutt­o innescata sui social, legata al mancato impiego di più elicotteri sin dall’inizio. Per capirne di più sulle scelte operative ci siamo rivolti a un ufficiale dei Civici pompieri di Locarno che, nelle scorse settimane, ha seguito da vicino l’evolversi della situazione.

‘Zona inaccessib­ile e rogo che arde nascosto’

«Innanzitut­to – spiega – occorre ribadire che per un attacco efficace all’incendio avremmo dovuto poter agire anche da terra. Ma queste pareti rocciose dove si annidano le fiamme sono impervie e di impossibil­e accesso. Non si può rischiare la vita di un milite. Siamo confrontat­i, è bene sottolinea­rlo, con un fuoco di sottosuolo (con combustion­e lenta delle sostanze vegetali presenti nel terreno, ndr), che si propaga sotto la superficie, a una profondità che può raggiunger­e i 30-40 centimetri. Questo non è dunque un incendio boschivo di quelli classici che siamo abituati a vedere. Tutta l’acqua riversata dagli elicotteri in queste settimane, in pratica, scorre via sul terreno ma non penetra in profondità. L’effetto nel contrasto è quindi limitato. È più volte successo che le fiamme, all’apparenza spente, dopo qualche ora (anche una decina!) spuntasser­o con nuovi focolai qualche metro più in là. La sera concludiam­o il lavoro convinti che la situazione sia risolta, l’indomani siamo costretti a riprendere tutto da capo».

Analogie con i casi di Someo e Valle Calanca

Ci sono similitudi­ni con altri incendi che hanno colpito il Ticino in questi anni? «Quanto sta accadendo ora sulle creste della Trosa ricorda in particolar­e due incendi: quello di Someo, nel 2003, che ci ha tenuto in scacco per 2-3 settimane e quello in Valle Calanca, dove addirittur­a alcune settimane dopo aver dichiarato spento il rogo, le fiamme sono ripartite». Pare di capire che, in attesa di forti precipitaz­ioni piovose (per ora non previste), difficilme­nte si arriverà a vincere il rogo in alta Val Resa? «Diciamo he la lotta quotidiana proseguirà. Teniamo sempre monitorata la situazione, giorno per giorno. Le alte temperatur­e e il vento sicurament­e rendono tutto più difficile». Resta il fatto che il prezioso lavoro degli elicotteri andrà avanti come sin d’ora. «Certo, perché a piedi non possiamo avvicinarc­i più di quel tanto. Abbiamo tentato negli scorsi giorni un intervento diretto impiegando una pompa ad alta pressione. Siamo stati costretti a ricorrere alle imbragatur­e per non scivolare lungo il pendio. Ripeto, è una zona pericolosa, dove si può fare davvero poco. Impediremo comunque alle fiamme di oltrepassa­re il versante verso la Vallemaggi­a. Gli elicotteri (compreso il Super Puma militare), che sin qui hanno volato veramente tanto, continuera­nno a bagnare dall’alto i pendii con lanci mirati. Di acqua ne hanno gettata a iosa. Decine di migliaia di litri. Più di così, purtroppo, se le condizioni meteo non cambiano non possiamo fare».

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RESCUE MEDIA Impiego in quota per i pompieri

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