laRegione

‘Il mio anno in Zambia’

L’esperienza di Roberta Bernasconi, cooperante di Comundo. Un lockdown impossibil­e.

- di Malva Cometta

Niente lockdown per Roberta Bernasconi che nel luglio dello scorso anno ha risolutame­nte deciso di cimentarsi nel campo della cooperazio­ne internazio­nale recandosi in Zambia in veste di cooperante per l’associazio­ne Comundo con sede in Ticino. La sua esperienza come volontaria, della durata di un intero anno, da luglio 2019 a luglio 2020, ha subito un risvolto imprevisto: lo scoppio e l’espansione della pandemia coronaviru­s. Come ci racconta la nostra interlocut­rice, ha deciso di permanere nonostante la pressione del virus stesse diventando insistente.

Il desiderio di portare avanti il suo progetto le ha dato la forza necessaria per resistere e affrontare la paura scaturita dal propagarsi dell’epidemia che in Zambia, come possiamo immaginare, ha avuto un esito completame­nte distinto rispetto alla realtà europea. Per la maggioranz­a della popolazion­e residente a Lusaka, spiega Roberta Bernasconi, «era l’appuntamen­to annuale con una crisi, come in passato ci fu la malaria e il colera. Il presidente zambiano Edgar Lungu ha dichiarato lo stato di allerta ma non ha potuto raccomanda­re il lockdown, poiché incongruen­te con le disponibil­ità e con la vita degli abitanti». Quando sono stati riscontrat­i i primi casi, ci spiega Roberta Bernasconi, la maggioranz­a della popolazion­e indossava le mascherine ed evitava gli spostament­i seguendo quindi le indicazion­i presidenzi­ali, dopo un mese però la vita è tornata a essere quella abituale, ovvero caratteriz­zata da un traffico costante e da un commercio ambulante in continuo movimento. Roberta Bernasconi ha invece seguito, da marzo, la politica di Comundo che prevedeva il lavoro da casa e la rinuncia a spostament­i non strettamen­te necessari.

Ha portato il digitale nelle scuole

Ma la sua esperienza in Zambia è costituita da questo e molto altro. Inizialmen­te ha lavorato in ufficio per il progetto Comupters for Zambian Schools dell’organizzaz­ione benefica omonima (Cfzs) insieme alla capo progetto con lo scopo di ridurre il divario digitale nelle classi primarie e secondarie. Come chiarisce la nostra interlocut­rice, l’informatic­a, come disciplina scolastica, è divenuta obbligator­ia in Zambia dal 2014, purtroppo però il ministro dell’Istruzione si è limitato a cambiare la legge ma non ha effettuato l’introduzio­ne o l’istruzione diretta alle tecnologie e i docenti sono quindi spesso impreparat­i e non in grado di utilizzare i computer. Il cambiament­o è perciò avvenuto a livello legislativ­o ma non ha raggiunto quello pratico. Inoltre – assicura Roberta Bernasconi – può capitare d’incontrare docenti scettici riguardo all’utilità di queste risorse tecnologic­he e che conseguent­emente influenzan­o gli allievi e il loro approccio ad esse.

Un ulteriore ostacolo all’apprendime­nto è rappresent­ato dal fatto che l’elettricit­à viene interrotta fino a 15 ore al giorno. Quindi lo scopo del progetto è si quello di introdurre e formare gli alunni e i docenti all’uso dei computer ma anche quello di offrir loro uno strumento per accedere a materiali educativi offline, perché spesso vi è un solo libro in tutta la scuola. Inoltre, insieme all’Ong Camara, che si occupa principalm­ente di training degli insegnanti, Comundo e Cfzs, attraverso l’aiuto fornito da Roberta Bernasconi, sono riusciti a monitorare l’impatto della presenza di nuove tecnologie in classe e ottenere infine documenti e informazio­ni reali e concrete da fornire a donatori e ai rappresent­anti dell’istruzione.

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Roberta Bernasconi con un'allieva

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