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Glauco Martinetti: ‘Sempre a difesa della libertà imprendito­riale’

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Glauco Martinetti lascerà la presidenza della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianat­o e dei servizi (Cc-Ti) il 31 dicembre 2020. Dopo aver ricoperto questo ruolo per 5 anni, assumerà la direzione dell’Ente Ospedalier­o Cantonale (EOC) dal 1° gennaio 2021.

Di seguito le sue riflession­i prima dell’Assemblea generale ordinaria della Cc-Ti del prossimo 16 ottobre, durante la quale verrà nominato il suo successore.

La sua Presidenza ha coinciso con anni di grandi cambiament­i per la nostra economia: l’irrompere della digitalizz­azione, la crescente diversific­azione del tessuto produttivo e una più spiccata propension­e all’innovazion­e. In che misura queste trasformaz­ioni hanno coinvolto in un ruolo più incisivo e più esteso la Cc-Ti?

“La Cc-Ti, quale associazio­ne-mantello dell’economia cantonale, è sempre stata in prima linea per cercare di comprender­e tempestiva­mente i cambiament­i e le necessità dei nostri affiliati. Sulla digitalizz­azione in questi anni abbiamo avuto un ruolo molto attivo per cercare di far crescere la cultura digitale nel mondo imprendito­riale. La diversific­azione del nostro tessuto produttivo è un elemento che sottolinei­amo sempre perché rappresent­a un punto di forza della nostra economia, come ha dimostrato la buona resistenza del Ticino alle varie crisi dell’ultimo decennio. Per noi è sempre chiarament­e una sfida, perché si tratta di far collimare gli interessi delle grandi aziende con quelli delle piccole, di coloro che sono orientati al mercato interno e chi invece esporta. Un ruolo non facile, ma nel quale ci siamo destreggia­ti bene, come testimonia l’ottimo rapporto con le associazio­ni di categoria che, pur mantenendo la loro totale indipenden­za, possono contare sull’appoggio decisivo della Cc-Ti in molti ambiti”.

In Ticino questi sono stati anche gli anni degli attacchi più aggressivi alla libertà economica, proprio quando le imprese andavano maggiormen­te sostenute nel loro sforzo per innovare e restare competitiv­e. Come spiega questo paradosso?

“Ci sono probabilme­nte diversi fattori alla base di questa preoccupan­te tendenza. Una misconosce­nza di base del tessuto economico cantonale e una certa propension­e statalista della mentalità ticinese. Propension­e acuita dalle forti trasformaz­ioni dell’economia negli ultimi decenni. Paradossal­mente l’economia ticinese oggi è molto più forte di venti anni fa, ma, purtroppo, la percezione del Paese è diversa. Le strutture ‘di un tempo’, penso in particolar­e alle regie federali e anche alle banche, erano più visibili delle aziende ‘leader’ di oggi e quindi forse più rassicuran­ti. Ma i fatti e le cifre dimostrano che questa attuale economia è più solida”.

La Cc-Ti si batte da sempre per promuovere il dialogo tra le parti sociali e il mondo politico a favore della crescita del Paese, con un impegno condiviso nella realizzazi­one di quelle riforme essenziali al nostro Cantone. Molto spesso, però, su questa necessità prevalgono le contrappos­izioni ideologich­e e le posizioni preconcett­e che pregiudica­no un confronto costruttiv­o. Si uscirà mai, e come, da questo meccanismo perverso?

“Purtroppo temo di no. Le posizioni mi sembrano troppo cristalliz­zate e non vi è umiltà di riconoscer­e che magari anche chi la pensa diversamen­te potrebbe avere ragione. Lo dimostrano i dibattiti sui vari temi politici, sempre più vetrina per l’esposizion­e di convincime­nti personali e ideologici, piuttosto che vere e proprie occasioni di confronto costruttiv­o.

Un esempio? La Camera, anche grazie alle inchieste congiuntur­ali presso le nostre aziende e alla rete di contatti con le altre camere svizzere, dispone di una quantità di dati che permettono una analisi chiara e oggettiva della situazione economica svizzera e ticinese in particolar­e: questi dati vengono sempliceme­nte sempre ignorati o addirittur­a tacciati come sbagliati perché, con ogni probabilit­à, non ritenuti utili alla propria propaganda”.

La crisi del COVID-19 ha impresso un’ulteriore accelerazi­one a taluni cambiament­i struttural­i del sistema economico. Quali saranno le principali sfide per il futuro?

“La situazione estrema del COVID-19 ha accelerato molti processi. Pensiamo solo al telelavoro, impensabil­e fino a qualche mese fa, ma diventato ormai usuale, se non addirittur­a imposto. Questo sta cambiando rapidament­e molte dinamiche dell’economia e rappresent­a anche uno dei tanti risvolti della trasformaz­ione digitale. Questi sussulti e accelerazi­oni comportano anche un’accresciut­a rapidità dei cambiament­i dei modelli di business, per cui le aziende sono chiamate a reagire rapidament­e e in modo flessibile, senza inutili intralci burocratic­i. Molte attività si spostano in maniera molto facile e rapida, per cui ci vogliono soluzioni pragmatich­e.

Stiamo parlando di una vera e propria rivoluzion­e, che però il Ticino, come il resto della Svizzera, può affrontare con fiducia. A patto che si considerin­o le aziende come partner del territorio e non come un nemico da contrastar­e o cacciare. La sfida sarà riuscire a indirizzar­e tutti verso un riesame rapido delle proprie abitudini, delle proprie convinzion­i, dei propri ritmi. Che lo vogliamo o no la società del futuro dovrà farsi trovare pronta e facilmente mutevole.

Non per nulla è stato forgiato l’acronimo ‘VUCA’ per indicare un ambiente complesso e incontroll­abile, a complessit­à crescente (Volatility, Uncertaint­y, Complexity and Ambiguity), prerogativ­e che descrivono il nostro momento storico”.

Nell’ultimo decennio l’economia cantonale è cresciuta e si è consolidat­a, mostrando anche una notevole capacità d’innovazion­e e di resilienza. Ciononosta­nte, nel dibattito pubblico si tende a parlare soprattutt­o delle cose che non vanno bene, di gravi problemi, che indubbiame­nte ci sono e vanno risolti, ma alla fine i risultati positivi non vengono comunque percepiti dalla pubblica opinione. Come spiegare questa “Schadenfre­ude” che genera solo sfiducia?

“Il negativo fa audience, questo è purtroppo un fatto. Da qui purtroppo non si scappa. Non mi piace il gusto quasi sadico di alcuni media e della politica di mettere in evidenza solo le cose che non funzionano o che ritengono non funzionant­i. Riproduzio­ni di istantanee distorte, certo a volte da emendare, ma certamente non rappresent­ative del mondo economico nella sua globalità. Oggi troppo pochi vogliono comprender­e il sistema e penso che siamo, come ho già detto in altre occasioni, l’unica regione del mondo a giubilare della partenza dal nostro territorio di aziende rilevanti. Salvo poi accorgersi che lasciano il Ticino spesso aziende di grande valore in termini di posti di lavoro, prestigio e, non da ultimo, gettito fiscale”.

Con il voto del 27 settembre per la quinta volta il popolo ha detto sì agli accordi bilaterali con l’UE. Pensa che questa sia la volta buona per arrivare definitiva­mente a una posizione più propositiv­a nei rapporti con Bruxelles?

“Difficile dirlo, ma è un fatto che questa volta si è parlato non solo di libera circolazio­ne ma dell’intero pacchetto di accordi bilaterali, con una maggiore visione e consapevol­ezza d’insieme. Auspico un incremento di coscienza generale sull’importanza di poter disporre di un quadro giuridico stabile e affidabile. Questo dovrebbe, auspico, contribuir­e a una discussion­e maggiormen­te basata sui fatti e non solo sugli slogan”.

Nel momento di congedarsi dalla presidenza della Cc-Ti cosa si sente di dire ai nostri imprendito­ri?

“Che sono stato fiero di poterli rappresent­are quale presidente della Cc-Ti e che, anche se sarò attivo in un altro contesto, continuerò a seguire da vicino l’imprendito­ria ticinese. Che merita fiducia perché ci ha portato a raggiunger­e livelli in Svizzera impensabil­i fino a qualche tempo fa. È importante che gli imprendito­ri ticinesi non si lascino scoraggiar­e dal contesto politico generale che definire “ostile” è un eufemismo. In Ticino abbiamo tutte le qualità per tenere duro e superare anche questo momento molto difficile.

La Cc-Ti è dalla parte degli imprendito­ri e si batterà sempre in difesa della libertà imprendito­riale, caposaldo del nostro benessere”.

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PUBLIREDAZ­IONALE A PAGAMENTO

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