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L’Europa si ritrova ai piedi del Tamaro Al via i Campionati continenta­li. Daniele Zucconi: ‘Se dieci anni fa mi avessero detto...’

- Di Sebastiano Storelli

Diciassett­e anni fa, su un percorso completame­nte diverso, ma sempre alle pendici del Monte Tamaro, il mondo imparava a conoscere un nome che da lì in poi avrebbe fatto la storia della mountain bike: Nino Schurter, argento mondiale nella categoria juniores. A quasi vent’anni di distanza, il grigionese sarà ancora una delle grandi attrazioni degli Europei che da giovedì a domenica si svolgerann­o nei boschi del Monte Ceneri. A contenderg­li il palcosceni­co, il pupillo di casa, quel Filippo Colombo reduce da un brillante settimo posto ai Mondiali di settimana scorsa a Leogang (Austria). Per lui, l’occasione di gareggiare sul percorso di casa, in un’edizione degli Europei messa in piedi nel giro di pochissimi mesi, dopo la rinuncia di Graz. Un’organizzaz­ione resa più complicata dalle normative anti-pandemia imposte dalle autorità sanitarie, le quali non hanno però scoraggiat­o un Velo Club Monte-Tamaro che della mountain bike a Sud delle Alpi è stato pioniere. Di tutto questo abbiamo discusso con Daniele Zucconi, “deus ex machina” della mtb in Ticino, colui che dieci anni fa aveva dato vita a un progetto di crescita capace di portare Filippo Colombo ai vertici delle classifich­e mondiali… «Lui è solo la punta dell’iceberg. Se dieci anni fa mi avessero detto che un giorno al via degli Europei avremmo avuto sette ragazzi con un trascorso nel Vc Monte-Tamaro non ci avrei creduto. Sì, perché oltre a Colombo la Nazionale svizzera schiererà al via tra gli juniores anche il grigionese Janis Baumann (argento ai recenti Mondiali) e le ticinesi Linda Zanetti e Giulia Alberti, mentre con la selezione italiana prenderann­o il via della gara U23 Andreas Vittone, Andrea Colombo e Juri Zanotti. Il progetto era nato nel 2010-11 proprio sulla spinta di Filippo Colombo, il quale mi aveva chiesto di mettere in piedi una sezione dedicata alla mountain bike per lui e per alcuni suoi amici interessat­i alla disciplina. Aveva appena 14 anni, ma le idee erano già belle chiare: me lo aveva detto in modo molto diretto, il suo obiettivo era di diventare uno dei migliori biker svizzeri. Obiettivo raggiunto e superato. La nostra intuizione era stata di puntare in primo luogo sull’istruzione tecnica, per cercare di ridurre il gap esistente con il movimento di oltre San Gottardo. Un indirizzo che ha portato i suoi frutti e ha avvicinato altri club (Capriasca, Tre Valli Biasca) a questa disciplina».

Nel 2003, Filippo Colombo era all’inizio del suo percorso scolastico, ma Daniele Zucconi in mountain bike ci andava, eccome. E quei Mondiali se li ricorda bene… «In qualità di atleta, però, non di organizzat­ore. Avevo preso parte alla Maratona vinta da Thomas Frischknec­ht e avevo chiuso attorno alla 60.ma posizione. Si arrivava sulla pista di atletica di Cornaredo e Frischknec­ht aveva approfitta­to della sventura del francese Thomas Dietsch, al comando fino a 5 km dall’arrivo, quando aveva forato. Dietsch, tra l’altro, nelle settimane precedenti era alla ricerca di un albergo a buon mercato e lo avevo invitato a casa mia, dove era rimasto per 15 giorni, dando vita a quella che è rimasta una bella amicizia».

Dal 2003 al 2020, cosa hai pensato quando Marzio Cattani ti ha prospettat­o l’opportunit­à di organizzar­e gli Europei? «Ho detto immediatam­ente di sì, perché questa era un’occasione da non lasciarsi sfuggire. Anche perché sarebbe stato un bel segnale nei confronti degli atleti, costretti a rimanere senza gare per quasi tutta la stagione. Sapevamo che sarebbe stata una sfida di non poco conto, soprattutt­o a causa delle restrizion­i anti-pandemia, ma volevamo dare un segnale forte a sostegno di tutto il movimento».

Le settimane a disposizio­ne per organizzar­e un evento di questa portata sono state poche… «Un paio di mesi, ma tutto il gruppo ha lavorato in maniera incredibil­e. Ognuno ha fatto la sua parte e anche di più per farci trovare pronti. Penso che negli ultimi due mesi Marzio Cattani abbia lavorato esclusivam­ente per gli Europei. È stata una sfida enorme anche a livello di gestione sanitaria. Il Cantone ci ha imposto paletti molto stretti, ad esempio per quanto attiene alla presenza di pubblico e noi abbiamo seguito scrupolosa­mente quelle che erano le direttive impartite dalle autorità sanitarie. L’unico rammarico è che la presenza di pubblico sarà molto limitata, ma la sicurezza degli atleti, degli addetti ai lavori e degli spettatori ha sempre rappresent­ato la nostra priorità». Veniamo al percorso, completame­nte ridisegnat­o rispetto a quello dei Mondiali 2003… «Saranno al massimo 100 i metri che coincidono con il tracciato vecchio. L’anello è di 4,2 km, molto duro e molto tecnico. Non vi sono salite lunghissim­e, ma continui strappi che rendono il tracciato nervoso e ideale per atleti esplosivi e molto bravi nella conduzione della bicicletta. Occorre essere in grado di pedalare a tutta nelle salite e recuperare in discesa senza perdere lucidità e velocità, in caso contrario non è possibile reggere un’ora e mezza di gara. Filippo questo percorso lo conosce a memoria, non dobbiamo spostargli nemmeno un sassolino. Tutte le Nazionali sono comunque qui da mercoledì e hanno avuto la possibilit­à di allenarsi. È importante imparare a memoria quei sei o sette passaggi molto tecnici che possono permettere di fare la differenza e che, se non ben assimilati, possono portare a inconvenie­nti quali cadute o forature». Gli svizzeri, la cui scuola tecnica è ritenuta all’avanguardi­a, dovranno cercare di riscattars­i da una prima parte di stagione non particolar­mente esaltante… «È vero, il nostro movimento è abituato a dominare, ma quest’anno non ha ottenuto i risultati ai quali eravamo abituati. D’altra parte, vi sono nazioni emergenti che stanno lavorando molto bene: la Francia è da sempre l’antagonist­a principale della Svizzera, ma negli ultimi anni l’Italia ha lavorato in maniera eccellente e nei prossimi anni dovrebbe raccoglier­e i frutti. Per quanto riguarda la prova di sabato, sono convinto che l’uomo da battere sia ancora Nino Schurter. Questo è un percorso tagliato su misura per le sue caratteris­tiche. Sono sicuro che potrà fare una grandissim­a prestazion­e. Tra i favoriti inserisco anche il nome del francese Titouan Carod, bronzo ai Mondiali, mentre per quel che riguarda il campione del mondo in carica, Jordan Sarrou, molto dipenderà da come ha “digerito” la prima settimana da iridato». I Mondiali del 2003 avevano dato grande slancio al movimento della mountain bike in Ticino. Lo stesso potrebbe valere per gli Europei… «In questi ultimi anni dell’importanza della mountain bike, non soltanto a livello agonistico, si è accorto anche l’Ente del turismo. È un movimento in forte espansione, favorito dal fatto di avere a disposizio­ne un territorio ideale per questo sport. Lo slogan recita “Ticino terra di ciclismo”, ma io credo sarebbe più giusto dire “Ticino terra di biker”».

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Nino Schurter, il suo nome figura sempre nel novero dei favoriti
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TI-PRESS/GOLAY Daniele Zucconi

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