laRegione

Per una scuola che educhi alla cittadinan­za

- Per i Giovani Udc, Diego Baratti, presidente

Nell’editoriale apparso su laRegione lo scorso lunedì 13 ottobre, il giornalist­a Lorenzo Erroi ci accusa di voler, tramite la nostra azione “Scuole Libere”, intimidire gli insegnanti, azzardando­si addirittur­a un triste ed esagerato paragone con la riforma della scuola fascista di Gentile e Mussolini.

Erroi ci ha frainteso. Il nostro obbiettivo non è quello di intimidire i docenti, ma quello di garantire un diritto fondamenta­le degli studenti, ossia il diritto alla neutralità dell’insegnamen­to. Questo diritto non è stato inventato dall’Udc, ma è un articolo di legge approvato da oltre il 60% della popolazion­e in votazione popolare. Riteniamo dunque necessario che ai nostri ragazzi sia concessa la possibilit­à di formare le proprie idee e convinzion­i politiche in maniera libera e indipenden­te senza essere condiziona­ti da fattori esterni come, ad esempio, il materiale didattico oppure dai docenti. Questi ultimi, ben consapevol­i del ruolo che ricoprono e del rapporto di fiducia che hanno instaurato con gli allievi, spesso se ne approfitta­no per fare propaganda tendenzios­a, cercando di portare avanti e di fatto anche imporre le proprie idee, senza fornire un quadro corretto, completo e neutrale delle varie tematiche che riguardano l’educazione alla cittadinan­za.

A ricevere intimidazi­oni sono piuttosto gli studenti che, esprimendo liberament­e la loro opinione in contrasto con la visione utopica del docente, si vedono zittiti, minacciati, derisi o subiscono addirittur­a delle riduzioni di note. Nel suo editoriale, Erroi afferma che, quando lui era ancora a scuola, era bello litigare con i docenti con altre simpatie politiche per farsi delle nuove idee. Oggi però, a distanza di decenni, la situazione sembra non essere più così. Io stesso al liceo sono stato vittima delle intimidazi­oni e delle derisioni della mia docente dopo che aveva saputo che avevo aderito ai Giovani Udc. E come me sono in molti, solo che spesso, per non subire ripercussi­oni, preferisco­no tacere. In fin dei conti, finché si resta a scuola, sono i docenti che hanno il coltello dalla parte del manico. Ecco perché si è resa necessaria la creazione di una piattaform­a, dove gli allievi possono segnalare in modo sicuro e con la certezza di non subire ripercussi­oni tutte quelle situazioni dove un docente invece di insegnare il senso civico fa propaganda, che sia di destra o sinistra poco importa.

La nostra azione ha uno scopo costruttiv­o non distruttiv­o, e vuole portare all’attenzione dell’opinione pubblica, della politica e del governo la discussion­e su come deve venire insegnata la politica a scuola. Non è mai stata e mai sarà nostra intenzione mettere alla gogna i docenti. Infatti, i nomi di docenti, allievi e istituti coinvolti non diventeran­no mai di dominio pubblico. Vogliamo però sulla base di queste segnalazio­ni sederci al tavolo con Manuele Bertoli e il Decs e intavolare una riflession­e costruttiv­a su questa problemati­ca molto sentita da diversi docenti e genitori in tutto il Cantone.

Caro Baratti, cosa vuole che le dica. Come ieri i comunisti, ora anche voi mi accusate di fraintende­re un semplice comunicato stampa. Si vede proprio che devo tornare a scuola. Spero solo che non sarà quella che avete in mente voi: una scuola in cui per difendersi dalle presunte prevaricaz­ioni di qualche insegnante si fa capo a un partito politico e si costruisce un sistema di delazione; il tutto invocando una neutralità che imbavaglia i pensieri di tutti, allievi e insegnanti. Se d’altronde non volete “essere condiziona­ti da fattori esterni come, ad esempio, il materiale didattico oppure i docenti”, forse per voi è la scuola stessa ad essere superflua.

L.E.

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