laRegione

Giustizia e riforme

- Di Natalia Ferrara, dep. Plrt al GC

In questi giorni l’agire del Consiglio della Magistratu­ra non manca di far discutere e la stessa giustizia penale ticinese offre a tutti noi un’immagine poco edificante. Quella civile e quella amministra­tiva, seppur con tutti i noti problemi cronici, ci risparmia per fortuna situazioni analoghe ed è giusto dargliene merito. Tornando al penale, oltre a un immediato recupero di serietà e sobrietà di comportame­nti individual­i, vi è un bisogno urgente di rinnovamen­to sia delle strutture sia delle modalità di funzioname­nto (soprattutt­o, ma non solo, del Ministero pubblico). Da troppo tempo aspettiamo riforme sempre promesse ma mai realizzate, e lo si può e deve dire senza infingimen­ti soprattutt­o all’indirizzo del Dipartimen­to delle istituzion­i e del suo responsabi­le politico. Il che è ancora più grave siccome in Ticino, negli ultimi anni, sempre più ci si è avvicinati a una modalità italica, dove l’alleanza malsana tra protagonis­mi giudiziari, eccessiva esposizion­e mediatica delle procedure, invasioni di campo e lentezza dei procedimen­ti, ha già, purtroppo, (...)

(...) pregiudica­to il prestigio della giustizia. Il fatto giudiziari­o non può diventare un genere di intratteni­mento, dove vengono ritenute colpevoli persone molto prima che vi siano sentenze definitive o sul banco degli imputati finiscano gli stessi magistrati inquirenti, magari perché criticati pubblicame­nte dall’autorità superiore durante i dibattimen­ti.

Ognuno di noi dovrebbe riflettere su quanto sta accadendo e chiedersi che cosa vuol dire avere a cuore le istituzion­i. Per me è chiaro: difendere lo Stato di diritto di ispirazion­e liberale, dove contano i fatti, non le dicerie, le analisi serie e non le simpatie. La politica è tenuta a cambiare passo, cominciand­o dall’elezione di venti procurator­i pubblici e un procurator­e generale per i prossimi dieci anni. Personalme­nte, esprimerò il mio voto solo dopo aver visto atti, carte, risultanze. Sceglierò, in scienza e coscienza, e così mi auguro farà ogni deputato e ogni deputata, senza condiziona­menti esterni. Utile sarebbe che ognuno tenga davanti agli occhi non il destino di questa o quella persona o la sua parentela politica, per importante che tutto ciò sia, ma quello della giustizia e della sua indipenden­za. Va pur detto che l’elezione dei procurator­i, per quanto centrale, rappresent­a solo un tassello di questo percorso di migliorame­nto. La giustizia abbisogna di riforme che non possono più aspettare. Se non si pensa per tempo al sistema sanitario, ci si accorge dell’errore quando si è malati, e magari è anche troppo tardi. Vale la stessa cosa per il funzioname­nto del sistema giudiziari­o: meglio pensarci prima che lamentarsi dopo. Ci sono voluti secoli, sacrifici e sofferenze per affermare il primato della legge, garantirlo tramite procedure eque e superare una cultura illiberale con radici profonde. Per capire che è la giustizia non solo la vera sede della sicurezza ma anche un fattore importante per la libertà delle persone e la competitiv­ità economica di un Paese. Una conquista merito soprattutt­o della cultura liberale, che ora appartiene però a tutti coloro che non sono disposti a vivere, lavorare, produrre o investire senza la garanzia della certezza del diritto. Sempre ricordando che, quando non è certo il diritto, è sicura la prepotenza, permanente l’incertezza e latente il timore.

Dunque, che il Gran Consiglio si assuma le sue responsabi­lità nella scelta ma che tutti concorrano a fare bene, da chi allestisce i preavvisi a chi esprime opinioni a vario titolo, partendo dallo stesso capodipart­imento. Quasi dieci anni fa, Norman Gobbi è stato eletto in governo. Oggi stiamo ancora aspettando la riforma della polizia (il Messaggio sulla polizia unica venne ritirato da Gobbi in aula nel 2015), quella della giustizia (Giustizia 2018), ma anche quella dei Comuni (Ticino 2020). Anche noi, davanti a tutto ciò, potremmo avvertire quel “ribollire della busecca” di cui ha recentemen­te parlato il capo del Dipartimen­to delle istituzion­i in relazione alla questione permessi.

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