laRegione

La simmetria delle responsabi­lità

- di Jacopo Scarinci

Essere giovani non significa essere invincibil­i, ma avere la responsabi­lità di rappresent­are in ogni accezione il futuro che verrà. Il contagio da coronaviru­s anche in ragazze e ragazzi non appartenen­ti a gruppi a rischio ci mette, come generazion­e, davanti a una situazione nuova. Spesso cullati anche troppo, protetti a oltranza da una vita che comunque con i giovani del passato è stata molto meno tenera, oggi abbiamo la possibilit­à di affermare il nostro posto nel mondo. Non solo con titoli di studio, posizioni importanti nel mondo del lavoro, carriere fulgide. Ma proteggend­o chi è meno forte di noi. Rispettand­o un patto etico con gli anziani e i più fragili. Un patto che deve richiamare alla responsabi­lità ogni individuo, ma ragazze e ragazzi ancor di più. Da questa assunzione di responsabi­lità imparerà quella che sarà la futura classe dirigente, il futuro insieme di donne e uomini che crescerà un giorno i bambini che saranno adulti tra mezzo secolo. Questo senso di responsabi­lità deve nascere in noi molto prima che a ordinarlo sia lo Stato con qualche decisione calata dall’alto. Attenzione, però. Perché ciò avvenga è fondamenta­le discutere del concetto di colpa, e di tutte le conseguenz­e che può portare. Alcune molto nefaste. Un malato non è colpevole. Una persona che contrae il virus nell’ambito di una pandemia globale non è colpevole. Un conto è la scellerata sottovalut­azione del tutto. Un altro è un momento di disattenzi­one, o la semplice sfortuna nonostante vengano seguite coscienzio­samente tutte le misure sanitarie decise dalla politica. Va spiegato questo alla nostra generazion­e, ai giovani che ancora non si abituano, pensandosi invincibil­i, alla nuova situazione. Va spiegato una volta per tutte che anche noi abbiamo dei nonni, degli amici con persone a rischio in casa, conoscenti con un intervento da subire che potrebbe essere rinviato se gli ospedali tornassero pieni di malati di Covid-19. Ma tutto questo va spiegato trattando tutti gli interlocut­ori da adulti, non da untori. Dando quella fiducia che è fondamenta­le se l’obiettivo è ottenere responsabi­lità. Perché sennò è nient’altro che un ordine, il cittadino che viene privato delle spiegazion­i e delle motivazion­i diventa suddito. E la reazione è semplice da immaginare.

Questo è un discorso tanto più urgente ora che sono in arrivo ulteriori misure per contenere il contagio e forse altre giungerann­o. Il semplice indossare la mascherina in più situazioni e contesti rispetto a quanto prescritto in precedenza, o l’eventualit­à di restrizion­i con perniciose conseguenz­e per l’occupazion­e e le condizioni di lavoratori dipendenti e indipenden­ti, pari sono nel loro bisogno di spiegazion­e da parte delle autorità e di comprensio­ne da parte dei cittadini. Davanti all’urgenza, e quindi davanti all’assenza di passaggi dalla rappresent­anza popolare seduta nei parlamenti, la buona comunicazi­one sarà la via maestra perché negli individui ci sia la giusta consapevol­ezza della situazione. E perché nelle nuove generazion­i ci sia quel sentimento di vedersi riconosciu­ti e responsabi­lizzati che è semplice anticamera del miglior ingresso possibile nella vita adulta.

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