La neutralità della scuola pubblica
Pare che il movimento giovanile dell’Udc abbia particolarmente a cuore le sorti della scuola pubblica ticinese. Ha lanciato infatti una campagna politica tramite un sito web per garantire la neutralità dell’insegnamento e opporsi all’indottrinamento cui sarebbero esposti gli allievi che la frequentano. Può sorprendere tanto interesse per la scuola pubblica in un’area politica che ha perseguito fin qui finalità contrarie. Le reali intenzioni dei promotori sono però altre e per capirlo basta leggere la documentazione riportata sul loro sito – redatta peraltro in un italiano incerto. Malgrado ciò l’iniziativa un merito ce l’ha: quello di pretendere che un principio della scuola pubblica trovi concreta applicazione nella pratica quotidiana dell’insegnamento. Il principio di neutralità costituisce infatti uno dei valori della scuola pubblica che la distingue da quelle confessionali. Prescrivere la neutralità all’insegnante della scuola pubblica può sembrare una forzatura. Non è però una chimera e neppure un’idea filosofica irrealizzabile, come qualcuno ha sostenuto. Al contrario il vincolo non è soltanto giustificato da alcuni valori fondamentali di una società libera e democratica (come la libertà di coscienza degli allievi e i diritti dei loro genitori in materia di educazione), ma è altresì un principio praticabile. Occorre però interpretarlo correttamente. Utili indicazioni si trovano in alcune sentenze di corti di giustizia. Merita una citazione quella che la Corte europea dei diritti umani pronunciò nell’ormai lontano 1976. Fu una sentenza che fece dottrina. Stabilì infatti l’obbligo per gli insegnanti della scuola pubblica di trasmettere informazioni e conoscenze ai loro allievi in modo “oggettivo, critico e pluralistico”. Ciò può voler dire per l’insegnante che deve distinguere i fatti dalle opinioni; che deve fornire argomenti validi; che deve dar conto di giudizi e punti di vista diversi. Così inteso non c’è modo di scambiare l’insegnamento anche di questioni controverse con una forma – magari anche subdola – di indottrinamento. Il vincolo della neutralità nella scuola pubblica non significa tuttavia che l’insegnante debba illustrare qualsiasi opinione come equivalente. Sappiamo che le finalità della scuola pubblica ticinese sono fondate su alcuni valori fondamentali, a cominciare da quello della persona, chiunque ella o egli sia: la nostra comune umanità. Il sentimento di solidarietà umana deve dunque permeare ogni singolo momento dell’educazione scolastica. Non è sempre facile conciliare queste due richieste: il vincolo della neutralità nell’insegnamento e la fedeltà alle finalità educative della scuola pubblica. Non è sempre evidente per l’insegnante sapere cosa comporti essere neutrale e – al tempo stesso – essere impegnato. Accanto ai doveri, ci sono poi anche i suoi diritti. Dove finisce l’obbligo della neutralità a cui è tenuto e dove comincia invece la libertà didattica che pure gli è riconosciuta? Talvolta il conflitto di valori dev’essere risolto nel bel mezzo di una discussione animata su una questione controversa. Altre volte l’ambiguità della situazione può essere all’origine di dubbi o di fraintendimenti. Sono circostanze nelle quali un novizio può trovarsi facilmente in difficoltà; però anche chi è più esperto non sempre è in grado di venirne a capo. È la prova che le norme di condotta che riguardano gli insegnanti non sono sempre ovvie e risapute, neppure per chi non è più un novizio. Sono considerazioni che dovrebbero indurre anche gli insegnanti ticinesi a dotarsi finalmente di un codice di condotta della professione così come già hanno fatto quelli di altre parti della Svizzera. Sarà questo il frutto – non avvelenato – della proposta del movimento giovanile dell’Udc?