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Gregory Warden

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Americano, inglese e italiano, Gregory Warden è rettore della Franklin University di Sorengo dal 2012. È uno dei massimi esperti mondiali di archeologi­a etrusca, ha insegnato in numerose università americane – Bowdoin, Penn, Southern Methodist – ed è caporedatt­ore della rivista ‘Etruscan Studies’. Ha fondato e diretto il Progetto Archeologi­co della Valle del Mugello. È sposato con una psicologa e spiega che «i miei figli sono i miei studenti».

Del Ticino ama tra le altre cose «il dialetto, il fatto che si puliscano i marciapied­i con l’aspirapolv­ere, e il senso di vivere in un Paese normale».

«Ci tengo a precisarlo: sembriamo un’università ricca, ma non lo siamo. Oltre il 60% dei nostri studenti riceve borse di studio». Gregory Warden sa che la Franklin University, della quale è rettore, deve fare i conti con un radicato stereotipo luganese: quello che vuole i suoi studenti tutti privilegia­ti, che girano in Bentley per le vie della città, possibilme­nte ubriachi. Pochi sanno invece che chi fa un bachelor qui – «ne stiamo aiutando uno che fatica perfino a fare la spesa» – viene da 60 Paesi e mille realtà diverse, e dopo la Franklin molti non finiscono nella fondazione di papà ma ad Harvard, Yale, Oxford. È un cruccio di quest’archeologo prestato alla gestione accademica: nonostante gli ottimi risultati a livello globale, la Franklin è sempre rimasta un po’ estranea al territorio ticinese, tanto che quando pensiamo alle nostre università ci vengono in mente solo Usi e Supsi. «Proprio per questo stiamo cercando nuove collaboraz­ioni con altri atenei, nuovi modi per condivider­e le nostre competenze». Che passano da bachelor e master nei quali si combinano discipline umanistich­e, economia e relazioni internazio­nali. È la classica idea di «leeway», come la chiama Warden: il margine di manovra, lo spazio per respirare che fa di una formazione ‘all’americana’ un’occasione per trovare nuove vie senza essere subito confinati nello specialism­o più rigido; un approccio per cui «ogni teoria dev’essere messa alla prova: il divertimen­to è tutto lì». Questo modello attrae ogni anno circa 350 studenti – «quest’anno siamo dovuti scendere a 300 per via del coronaviru­s» –; una metà abbondante è composta da americani, ma ci sono anche gli svizzeri.

Un americano a Firenze

Per raccontarc­i la sua storia, Warden comincia dall’inizio: da Firenze. «Sono nato in Toscana da una madre del posto e un padre americano e inglese, che andò a studiare arte in Italia dopo la guerra. Quando avevo dieci anni ci hanno portato coi miei molti fratelli in America». Più tardi gli studi all’Università della Pennsylvan­ia e il dottorato a Bryn Mawr: «Sono un antropolog­o approdato all’archeologi­a, passando per le scienze dei materiali», spiega. «Una mia tesina sull’Antigone piacque a un professore che nel 1970 mi portò agli scavi di Murlo, vicino a Siena, e da allora mi sono specializz­ato in archeologi­a etrusca», disciplina nella quale è considerat­o uno dei massimi esperti a livello mondiale: è stato lui ad avviare gli scavi di Poggio Colla – «proprio al Mugello, dov’ero cresciuto» – che dal 1995 hanno impegnato decine di professori e centinaia di studenti per 21 anni, e dai quali sono uscite almeno due delle più importanti scoperte archeologi­che recenti: la più antica scena di parto dell’arte occidental­e e la stele di Vicchio, recante un’iscrizione che potrebbe essere «il più antico codice di leggi d’Europa». Me lo spiega facendo correre le dita su una foto del pietrone, lungo segni di quella scrittura ancora in gran parte indecifrat­a, ma della quale già si riconosce un “dedicato a Tinia (equivalent­e di Giove, ndr) nel santuario di Uni (Giunone)”. «Una pietra situata in uno spazio liminale, su un confine dove gli Etruschi incontrava­no Celti, Liguri, Veneti, e quindi era necessario fissare le regole. Un esempio di globalizza­zione ante litteram, insomma».

Un’università globale

Warden è arrivato in Ticino dopo trent’anni alla Southern Methodist University di Dallas, Texas: «Mi piaceva perché, a differenza che in altre università, non mi impedivano di sperimenta­re quello che non era già stato fatto. Se un progetto o un corso era convincent­e si limitavano a dirmi: se trovi i soldi e riesci a organizzar­lo, fallo. Un approccio molto promettent­e per un uomo di neanche trent’anni». Ma cosa ci fa a Sorengo un antropolog­o che s’illumina quando parla di «iscrizioni bustrofedi­che» e «cartografi­a culturale»? «Mi definisco rettore per caso. Ero stato invitato dal rettore precedente per una conferenza: gli è piaciuta, e mi ha consigliat­o di candidarmi al concorso per il suo successore. L’idea mi è piaciuta: Franklin ha tutto il bello di un piccolo college americano, ma senza le confratern­ite e le squadre sportive. Quindi è più civile», ride.

Ora l’università luganese guarda a un’ulteriore espansione: dopo avere sviluppato corsi di studio ‘ibridi’ con molte università di là dall’Atlantico – Emerson College, University of Southern California, Virginia Tech – ha inaugurato due bachelor in ‘premed’ e ‘prelaw’: corsi cioè che avviano allo studio di medicina e legge, ma affiancand­o ai corsi specifici un curriculum umanistico, per arricchire la prospettiv­a di chi poi prenderà in mano un bisturi o un codice penale. Sono partite collaboraz­ioni con realtà dell’innovazion­e come Agire e Boldbrain. E il prossimo anno si inaugurerà il terzo campus, un moderno ed elegante edificio con linee che richiamano un libro e grandi superfici vetrate. Per «un’università svizzera», ma all’americana.

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