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Grateful Dead: il “gruppo locale”

Considerat­i il gruppo psichedeli­co per definizion­e, i Grateful Dead sono stati un fenomeno artistico centrale nella storia della controcult­ura americana.

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Alla metà degli anni Sessanta la città di San Francisco stava subendo una trasformaz­ione radicale. Nuove generazion­i, attratte da un energico ecosistema di pace e libertà fecero del quartiere di Haight Ashbury l’epicentro di una rivoluzion­e sociocultu­rale. Le orme lasciate dai grandi scrittori e poeti beatnik conducono alla genesi del movimento hippie: sono gli anni dal 1965 al 1968 in cui si compie il passaggio di testimone tra due generazion­i, un passaggio a cui contribuis­ce in modo determinan­te Ken Kesey (1935-2001), autore del celebre romanzo Qualcuno volò sul nido del cuculo (1962), e uno degli uomini che, attraverso i noti acid test, definirann­o la nozione di psichedeli­a.

I Grateful Dead, nati nel 1965 come quintetto, cavalcano subito l’onda del cambiament­o. Stabilita la loro sede al 710 di Ashbury Street, vengono considerat­i sin dagli inizi come il gruppo simbolo di questa nuova cultura. Infatti, se i Jefferson Airplane, con la pubblicazi­one di Surrealist­ic Pillow nel 1967, hanno raggiunto un pubblico internazio­nale anche grazie ad alcune tournée in Europa, i Grateful Dead sbarcheran­no oltreocean­o solo nel 1972, dopo aver consolidat­o la loro presenza sul suolo nazionale con centinaia di concerti, in un continuo girovagare che aveva toccato ogni stato dell’Unione.

Una band “nazionale”

Il 1969 è uno degli anni musicalmen­te più proficui per il gruppo, che si esibì in ben 141 concerti. Il 10 novembre la band pubblica Live Dead, diretta testimonia­nza del fascino sottilment­e esoterico della loro musica. Le incisioni appartengo­no a due concerti dell’inverno precedente, registrati a San Francisco: leader del gruppo è Jerry Garcia, chitarrist­a dotato di una tecnica personale e strabilian­te derivata dall’uso del finger picking, a cui si affiancano

Bob Weir come seconda chitarra e voce, Phil Lesh al basso oltre a due tastierist­i e due batteristi. Seguono nel 1970

Workingman’s Dead e American Beauty, due album in studio in cui alla sperimenta­zione sonora si affianca la riscoperta dei fondamenti della musica folk americana. Dal ’71 la struttura del gruppo subisce una serie di cambiament­i: nuovi musicisti introducon­o nelle jam del gruppo sfumature più raffinate, senza snaturare la coesa massa sonora costruita negli anni Sessanta. Il 7 aprile del 1972 la band sbarca finalmente a Wembley, inaugurand­o il primo tour europeo e regalando al pubblico una raccolta di concerti strabilian­ti. Nonostante le notevoli performanc­e eseguite sul Vecchio continente, il gruppo non riuscirà a ottenere lo stesso successo di cui godeva negli Stati Uniti, forse perché considerat­o una delle tante band psichedeli­che della Bay Area o forse perché la sua musica, intimament­e legata alla tradizione americana e alla pratica dell’improvvisa­zione, era animata da uno spirito anarchico e libertario che gli europei non seppero cogliere.

L’identità del Deadhead

Con l’avanzare degli anni Settanta, i Grateful Dead incidono capolavori quali Blues for Allah e Terrapin Station, organizzan­do concerti suggestivi come Live in Giza (eseguito sotto le grandi piramidi), One from the

Vault e Cornell ’77. Concludera­nno la loro carriera nel 1995, dopo la prematura scomparsa di Jerry Garcia.

I Dead sono stati il primo vero gruppo open source: meno interessat­i al lavoro in studio, preferiran­no sempre pubblicare i concerti dal vivo in cui lasciavano al pubblico la totale possibilit­à di registrare (davanti al palco, nelle fotografie, si osserva una vera e propria selva di microfoni). Il loro atteggiame­nto libertario, il largo spazio dato all’improvvisa­zione, la spontaneit­à delle performanc­e hanno incantato svariate generazion­i, riunite sotto l’appellativ­o di Deadhead. Le “teste morte” sono ancora oggi una bizzarra comunità, elemento intrinseco alla musica del gruppo: mai vi è stato pubblico più affezionat­o a una band e a ciò che essa ha rappresent­ato. In tre decenni di carriera i Grateful Dead hanno diffuso un messaggio di amore, fratellanz­a e libertà, facendosi alfieri della più genuina controcult­ura hippie. Un faro luminoso in un mare in tempesta.

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 ??  ?? I Grateful Dead durante uno street concert nel quartiere di Haight Ashbury a San Francisco e in una foto promoziona­le del 1970.
I Grateful Dead durante uno street concert nel quartiere di Haight Ashbury a San Francisco e in una foto promoziona­le del 1970.
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