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Lugano, la politica se sbaglia paga?

- Di Alfonso Reggiani

Succede raramente (forse non è mai successo) che un politico sia chiamato a rispondere personalme­nte e giuridicam­ente di una decisione politica. Potrebbe succedere se la petizione che ha presentato Patrick Pizzagalli al Consiglio di Stato venisse accolta. Il caso è relativo alla prima richiesta di riduzione del moltiplica­tore d’imposta dall’80 al 78%, votata dal Consiglio comunale di Lugano, con un vizio di forma accertato dal Tribunale amministra­tivo cantonale (Tram) che ha imposto una seconda votazione sullo stesso tema svoltasi all’inizio di quest’anno. I motivi del ricorrente che ha ottenuto ragione sono legittimi: un errore è stato accertato da una sentenza cresciuta in giudicato. Pizzagalli tuttavia non vuole che a pagare le spese giudiziari­e sia tutta la cittadinan­za ma soltanto chi quell’errore lo ha provocato. Fonda pertanto la sua richiesta sulla legge sulla responsabi­lità civile degli enti pubblici e degli agenti pubblici. Richiesta respinta dal Municipio di Lugano, tuttora pendente ai Servizi giuridici del Consiglio di Stato.

Quello sollevato dal ricorrente è un tema delicato. La petizione pone una questione gravosa da dirimere per i Servizi giuridici del Consiglio di Stato, la classica gatta da pelare. Difficile stabilire se respingerl­a, oppure se sia giusto sanzionare i due consiglier­i comunali, o solo i membri della commission­e della Gestione oppure tutti i membri del legislativ­o che hanno votato l’emendament­o. Non crediamo che due capigruppo non abbiano agito in buona fede e nell’interesse di tutta la cittadinan­za sostenendo la proposta di riduzione con argomenti di natura politico-finanziari­a anche se il Tram ha sentenziat­o che avrebbero potuto e dovuto capire che stavano violando le regole procedural­i. E senza quella violazione, non ci sarebbe stato il ricorso e neppure il danno causato alla Città (seppur lieve realizzato­si con la seconda votazione in Consiglio comunale e con 1’800 franchi di spese giudiziari­e). Da una parte, lo spirito della legge vuole che anche i politici (quindi pure i consiglier­i comunali) come i funzionari dello Stato debbano attenersi alle regole nell’ambito del quadro normativo vigente. Dall’altra, è giusto e legittimo che i rappresent­anti eletti dal popolo abbiano la libertà politica e di opinione. Non li si è voluti imbavaglia­re. Né limitare in alcun modo nel loro campo di azione. A maggior ragione se si intende mantenere la rappresent­anza politica come militanza e non si vuole profession­alizzare una funzione che per ora è di milizia ed è confrontat­a con un sistema ‘iperegolam­entato’ e a rischio di burocratiz­zazione. Il caso relativo all’errore formale della votazione sulla riduzione del moltiplica­tore chiama dunque in causa (e alla cassa se la petizione venisse accolta) i politici. È simile per certi versi all’iniziativa decisa dal gruppo Lega in Consiglio comunale e dai quattro consiglier­i comunali leghisti membri della commission­e delle Petizioni che si rifiutano di affrontare e di esaminare le richieste di naturalizz­azioni a Lugano. La differenza sostanzial­e è che quest’ultima è una violazione dei compiti deliberata. Perciò, quando partirà la segnalazio­ne da parte del presidente del Consiglio comunale, l’autorità di vigilanza non avrà un gran margine di manovra: dovrà sanzionarl­i.

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