laRegione

De Rosa: il sistema sanitario è pronto

Moncucco e La Carità: previsti fino a 61 letti di cure intense e altri 220 di reparto

- di Fabio Barenco e Andrea Manna

Numero dei contagi da coronaviru­s in netto aumento: ieri in Ticino si sono registrati 255 nuovi casi. Era da fine marzo che non si superavano i 250 contagi. Oltre ai numeri assoluti, qualche indicazion­e in più sull’evoluzione della pandemia lo fornisce il tasso di positività che lunedì scorso si attestava al 22%, mentre negli ultimi 14 giorni al 12%. Ieri sono inoltre state segnalate anche sette nuove ospedalizz­azioni. In totale nei nosocomi di riferiment­o Covid-19 (l’ospedale La Carità di Locarno e la Clinica luganese Moncucco) ieri si trovavano 35 pazienti, di cui 3 in cure intense e due ventilati. Questi numeri verosimilm­ente aumenteran­no ancora. Di quanto «dipende da noi», ha affermato ieri in conferenza stampa a Bellinzona Raffaele De Rosa, direttore del Dipartimen­to sanità e socialità, che assieme al presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi, al direttore del Dipartimen­to dell’educazione Manuele Bertoli e al medico cantonale Giorgio Merlani, ha lanciato il nuovo slogan della campagna di sensibiliz­zazione che recita ‘Le scelte giuste ci proteggono’. In ogni caso in Ticino «il dispositiv­o sanitario è pronto», ha rassicurat­o De Rosa. Un dispositiv­o che prevede due fasi: nella prima l’ospedale La Carità e la clinica Moncucco possono aumentare la capienza per pazienti Covid di 7 letti di cure intense e 20 di reparto ogni 48 ore, fino a un massimo di 42 letti per la terapia intensiva e 120 di reparto a Locarno e di 19 letti di cure intense e 100 di reparto a Lugano. Inoltre, alla Carità è possibile un aumento di 4 letti ogni 48 ore per pazienti intubati attraverso la trachea fino a un massimo di 20. In questa fase anche il Cardiocent­ro Ticino è tenuto a mettere a disposizio­ne 7 letti di cure intense. «Nel momento in cui il tasso di occupazion­e dei letti di reparto si avvicina al 70%» scatterà la fase due che prevede il supporto dell’Ospedale italiano di Lugano e di quello di Faido: metteranno a disposizio­ne progressiv­amente dieci letti di reparto ogni 72 ore fino a un massimo di 50 a Lugano e 70 a Faido. Inoltre, a seconda della necessità, è previsto anche il supporto dell’Ospedale Malcantone­se di Castelrott­o, della clinica di riabilitaz­ione di Novaggio e della clinica Hildebrand di Brissago. Se poi nella prima fase ci si avvicina a un tasso di occupazion­e dei letti in cure intense del 50%, il Cantone può limitare o sospendere gli esami e i trattament­i non urgenti nelle strutture Covid. Ovvero quello che era già successo durante la prima ondata, ma su indicazion­e della Confederaz­ione. «I numeri crescerann­o ancora, ma dobbiamo agire ora per poi vedere i risultati del nostro impegno fra un paio di settimane», ha affermato De Rosa. Ma come agire? Dobbiamo «evitare i luoghi affollati, mantenere le distanze, portare la mascherina quando non si può stare lontani, stare a casa se si hanno sintomi e applicare scrupolosa­mente l’igiene delle mani». E magari non fare «tre cene con gli amici in una settimana, ma limitarsi a farne una», ha aggiunto Giorgio Merlani, ribadendo che con l’aumento dei casi «il contact tracing è in difficoltà». Insomma, «la situazione è seria, ma non fuori controllo», ha detto da parte sua Norman Gobbi. Questa crisi «è una maratona: il virus ci accompagne­rà ancora per molto tempo». Una maratona che per Manuele Bertoli è arrivata a «un quinto» nell’ambito della scuola. In ogni caso, attualment­e, «i piani di protezione funzionano», anche perché il virus entra negli istituti dall’esterno e quindi «la scuola non è un luogo di contagio».

Fornitura mascherine: i motivi del concorso La Sezione cantonale della logistica e l’Ufficio del farmacista cantonale hanno intanto pubblicato, come riportato dal ‘Foglio ufficiale’ dell’altro ieri, un bando di concorso per la fornitura di mascherine. Destinate all’Amministra­zione e al settore sanitario, sono quelle di tipo IIR certificat­e EN 14683:2019. In altre parole, si tratta delle mascherine ‘classiche’, bianche all’interno e azzurre all’esterno. Il concorso, si afferma nel bando, è aperto “unicamente” alle ditte che producono mascherine in Svizzera. «Sfruttando il margine di manovra che la Legge sulle commesse pubbliche ci concede – spiega alla ‘Regione’ il farmacista cantonale Giovan Maria Zanini –, abbiamo deciso di limitare la partecipaz­ione a chi produce in Svizzera fondamenta­lmente per due ragioni». La prima «è di eliminare il rischio che si presenta acquistand­o la merce all’estero, il rischio cioè che le mascherine arrivino in ritardo o, peggio, che non arrivino del tutto perché bloccate alla partenza dall’autorità del Paese in cui sono state comprate o dalla dogana dello Stato dove sono transitate. Ed è ciò che ci è capitato in occasione della prima ondata pandemica – ricorda Zanini –. A un certo punto la Confederaz­ione aveva organizzat­o dei ponti aerei per evitare gli scali, poi però le flotte sono rimaste a terra a causa del lockdown, che ha causato grossi problemi ai trasporti in generale. Per fortuna avevamo già in casa un numero sufficient­e di mascherine per fronteggia­re la situazione». Un primo motivo dunque di natura pratica. «La seconda ragione per cui abbiamo aperto il concorso solo alle aziende che producono in Svizzera – riprende Zanini – è legata alla possibilit­à di verificare che i prodotti che si intendono acquistare rispettino i requisiti di qualità». Aspetto tutt’altro che secondario. «Un paio di settimane fa – continua Zanini – Swissmedic segnalava di aver controllat­o 130 tonnellate di mascherine e che un terzo non era conforme. Ora, se la non conformità del prodotto riguarda le informazio­ni non precise nell’etichetta è un conto, assai diverso il discorso se la non conformità è da ricondurre al malfunzion­amento delle mascherine, cosa evidenteme­nte grave. Aggiungo che se un prodotto è fabbricato all’estero, la verifica della relativa documentaz­ione diventa particolar­mente complicata. Peraltro, nei mesi scorsi abbiamo riscontrat­o l’esistenza di molte carte contraffat­te. Se il prodotto è realizzato in Svizzera, posso fare uno o più sopralluog­hi in quella data ditta per controllar­e che tutto sia svolto regolarmen­te, come indicato dai documenti». C’è di più.«In primavera quando c’è stata a livello internazio­nale una penuria di mascherine – rammenta il Farmacista cantonale – si sono affacciate sul mercato società e persone che prima si occupavano di altro. C’erano persone di buona volontà, ma anche degli approfitta­tori senza scrupoli. E se sei mosso dalle migliori intenzioni, ma non hai mai prodotto mascherine in vita tua, corri il rischio di farti fregare dai fornitori. È anche per tale motivo che nel bando chiediamo che le società producano in Svizzera, escludendo così ditte importatri­ci visto che avremmo troppe difficoltà ad accertare la qualità del prodotto».

Le mascherine ‘oggetto’ del concorso dovranno avere una “scadenza minima di cinque anni dalla consegna”. Consegna il cui inizio è previsto per il prossimo gennaio. «Fin lì – fa sapere Zanini – dovremmo arrivare senza problemi con il materiale già oggi a nostra disposizio­ne». Il fabbisogno? «Nel settore sanitario, tra ospedali e studi medici, possiamo dire, con un buon grado di approssima­zione, che 200mila mascherine del modello messo a concorso sono necessarie ogni settimana. Poi abbiamo Polizia, Protezione civile e altri servizi. Senza dimenticar­e l’Amministra­zione cantonale e le scuole, dunque docenti e allievi. Insomma, in un mese abbiamo un fabbisogno complessiv­o di diverse centinaia di migliaia di mascherine».

 ?? FONTE: CANTONE TICINO/ INFOGRAFIC­A LAREGIONE ??
FONTE: CANTONE TICINO/ INFOGRAFIC­A LAREGIONE

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland