De Rosa: il sistema sanitario è pronto
Moncucco e La Carità: previsti fino a 61 letti di cure intense e altri 220 di reparto
Numero dei contagi da coronavirus in netto aumento: ieri in Ticino si sono registrati 255 nuovi casi. Era da fine marzo che non si superavano i 250 contagi. Oltre ai numeri assoluti, qualche indicazione in più sull’evoluzione della pandemia lo fornisce il tasso di positività che lunedì scorso si attestava al 22%, mentre negli ultimi 14 giorni al 12%. Ieri sono inoltre state segnalate anche sette nuove ospedalizzazioni. In totale nei nosocomi di riferimento Covid-19 (l’ospedale La Carità di Locarno e la Clinica luganese Moncucco) ieri si trovavano 35 pazienti, di cui 3 in cure intense e due ventilati. Questi numeri verosimilmente aumenteranno ancora. Di quanto «dipende da noi», ha affermato ieri in conferenza stampa a Bellinzona Raffaele De Rosa, direttore del Dipartimento sanità e socialità, che assieme al presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi, al direttore del Dipartimento dell’educazione Manuele Bertoli e al medico cantonale Giorgio Merlani, ha lanciato il nuovo slogan della campagna di sensibilizzazione che recita ‘Le scelte giuste ci proteggono’. In ogni caso in Ticino «il dispositivo sanitario è pronto», ha rassicurato De Rosa. Un dispositivo che prevede due fasi: nella prima l’ospedale La Carità e la clinica Moncucco possono aumentare la capienza per pazienti Covid di 7 letti di cure intense e 20 di reparto ogni 48 ore, fino a un massimo di 42 letti per la terapia intensiva e 120 di reparto a Locarno e di 19 letti di cure intense e 100 di reparto a Lugano. Inoltre, alla Carità è possibile un aumento di 4 letti ogni 48 ore per pazienti intubati attraverso la trachea fino a un massimo di 20. In questa fase anche il Cardiocentro Ticino è tenuto a mettere a disposizione 7 letti di cure intense. «Nel momento in cui il tasso di occupazione dei letti di reparto si avvicina al 70%» scatterà la fase due che prevede il supporto dell’Ospedale italiano di Lugano e di quello di Faido: metteranno a disposizione progressivamente dieci letti di reparto ogni 72 ore fino a un massimo di 50 a Lugano e 70 a Faido. Inoltre, a seconda della necessità, è previsto anche il supporto dell’Ospedale Malcantonese di Castelrotto, della clinica di riabilitazione di Novaggio e della clinica Hildebrand di Brissago. Se poi nella prima fase ci si avvicina a un tasso di occupazione dei letti in cure intense del 50%, il Cantone può limitare o sospendere gli esami e i trattamenti non urgenti nelle strutture Covid. Ovvero quello che era già successo durante la prima ondata, ma su indicazione della Confederazione. «I numeri cresceranno ancora, ma dobbiamo agire ora per poi vedere i risultati del nostro impegno fra un paio di settimane», ha affermato De Rosa. Ma come agire? Dobbiamo «evitare i luoghi affollati, mantenere le distanze, portare la mascherina quando non si può stare lontani, stare a casa se si hanno sintomi e applicare scrupolosamente l’igiene delle mani». E magari non fare «tre cene con gli amici in una settimana, ma limitarsi a farne una», ha aggiunto Giorgio Merlani, ribadendo che con l’aumento dei casi «il contact tracing è in difficoltà». Insomma, «la situazione è seria, ma non fuori controllo», ha detto da parte sua Norman Gobbi. Questa crisi «è una maratona: il virus ci accompagnerà ancora per molto tempo». Una maratona che per Manuele Bertoli è arrivata a «un quinto» nell’ambito della scuola. In ogni caso, attualmente, «i piani di protezione funzionano», anche perché il virus entra negli istituti dall’esterno e quindi «la scuola non è un luogo di contagio».
Fornitura mascherine: i motivi del concorso La Sezione cantonale della logistica e l’Ufficio del farmacista cantonale hanno intanto pubblicato, come riportato dal ‘Foglio ufficiale’ dell’altro ieri, un bando di concorso per la fornitura di mascherine. Destinate all’Amministrazione e al settore sanitario, sono quelle di tipo IIR certificate EN 14683:2019. In altre parole, si tratta delle mascherine ‘classiche’, bianche all’interno e azzurre all’esterno. Il concorso, si afferma nel bando, è aperto “unicamente” alle ditte che producono mascherine in Svizzera. «Sfruttando il margine di manovra che la Legge sulle commesse pubbliche ci concede – spiega alla ‘Regione’ il farmacista cantonale Giovan Maria Zanini –, abbiamo deciso di limitare la partecipazione a chi produce in Svizzera fondamentalmente per due ragioni». La prima «è di eliminare il rischio che si presenta acquistando la merce all’estero, il rischio cioè che le mascherine arrivino in ritardo o, peggio, che non arrivino del tutto perché bloccate alla partenza dall’autorità del Paese in cui sono state comprate o dalla dogana dello Stato dove sono transitate. Ed è ciò che ci è capitato in occasione della prima ondata pandemica – ricorda Zanini –. A un certo punto la Confederazione aveva organizzato dei ponti aerei per evitare gli scali, poi però le flotte sono rimaste a terra a causa del lockdown, che ha causato grossi problemi ai trasporti in generale. Per fortuna avevamo già in casa un numero sufficiente di mascherine per fronteggiare la situazione». Un primo motivo dunque di natura pratica. «La seconda ragione per cui abbiamo aperto il concorso solo alle aziende che producono in Svizzera – riprende Zanini – è legata alla possibilità di verificare che i prodotti che si intendono acquistare rispettino i requisiti di qualità». Aspetto tutt’altro che secondario. «Un paio di settimane fa – continua Zanini – Swissmedic segnalava di aver controllato 130 tonnellate di mascherine e che un terzo non era conforme. Ora, se la non conformità del prodotto riguarda le informazioni non precise nell’etichetta è un conto, assai diverso il discorso se la non conformità è da ricondurre al malfunzionamento delle mascherine, cosa evidentemente grave. Aggiungo che se un prodotto è fabbricato all’estero, la verifica della relativa documentazione diventa particolarmente complicata. Peraltro, nei mesi scorsi abbiamo riscontrato l’esistenza di molte carte contraffatte. Se il prodotto è realizzato in Svizzera, posso fare uno o più sopralluoghi in quella data ditta per controllare che tutto sia svolto regolarmente, come indicato dai documenti». C’è di più.«In primavera quando c’è stata a livello internazionale una penuria di mascherine – rammenta il Farmacista cantonale – si sono affacciate sul mercato società e persone che prima si occupavano di altro. C’erano persone di buona volontà, ma anche degli approfittatori senza scrupoli. E se sei mosso dalle migliori intenzioni, ma non hai mai prodotto mascherine in vita tua, corri il rischio di farti fregare dai fornitori. È anche per tale motivo che nel bando chiediamo che le società producano in Svizzera, escludendo così ditte importatrici visto che avremmo troppe difficoltà ad accertare la qualità del prodotto».
Le mascherine ‘oggetto’ del concorso dovranno avere una “scadenza minima di cinque anni dalla consegna”. Consegna il cui inizio è previsto per il prossimo gennaio. «Fin lì – fa sapere Zanini – dovremmo arrivare senza problemi con il materiale già oggi a nostra disposizione». Il fabbisogno? «Nel settore sanitario, tra ospedali e studi medici, possiamo dire, con un buon grado di approssimazione, che 200mila mascherine del modello messo a concorso sono necessarie ogni settimana. Poi abbiamo Polizia, Protezione civile e altri servizi. Senza dimenticare l’Amministrazione cantonale e le scuole, dunque docenti e allievi. Insomma, in un mese abbiamo un fabbisogno complessivo di diverse centinaia di migliaia di mascherine».