laRegione

Tutti prosciolti gli ex dipendenti

Nel foyer non si è superato il limite. Previsto un risarcimen­to per torto morale.

- Di Samantha Ghisla

Sono stati prosciolti da tutti i capi d’imputazion­e i quattro ex dipendenti di un foyer del Sopracener­i che erano accusati con responsabi­lità di grado diverso di abbandono, ripetuta coazione e lesioni semplici. Lo ho stabilito la Corte delle assise correziona­li presieduta da Francesca Verda Chiocchett­i. La giudice ha anche stabilito che ciascun imputato riceverà 5’000 franchi di compenso per torto morale (oltre alla copertura delle spese legali) alla luce del danno profession­ale che hanno vissuto i quattro operatori a seguito dell’inchiesta condotta dalla procuratri­ce pubblica (pp) Chiara Borelli. Mentre la difesa chiedeva l’assoluzion­e, la pp si batteva per pene da 120 aliquote per un dirigente, 8 mesi per l’infermiera, 11 per l’educatore e 16 per il direttore (tutti sospesi). Nei castighi “straordina­ri” impartiti ad alcuni giovani ospitati nel centro educativo per minorenni – che nel frattempo ha chiuso i battenti – la Corte non ha infatti ravvisato alcuna rilevanza penale. La giudice Verda Ciocchetti ha precisato che nell’emettere la sentenza sono stati valutati in particolar­e proporzion­alità e intensità di quanto avveniva nel foyer in cui, ha sottolinea­to la presidente della Corte, gli operatori erano confrontat­i con situazioni di forte disagio giovanile, prendendos­i peraltro a carico alcuni casi in cui altri avevano fallito.

Medico d’accordo a non somministr­are il farmaco

Il reato di abbandono era stato ipotizzato dalla procuratri­ce pubblica per la mancata somministr­azione di un farmaco per il trattament­o di disturbi psichici a un residente nel foyer, per il quale si è in seguito reso necessario un ricovero coatto a causa dell’aggravarsi delle condizioni di salute. La giudice ha riferito quanto sostenuto dalla ex psichiatra del giovane, ovvero che fosse lui a insistere nel voler smettere l’assunzione del farmaco perché lo considerav­a veleno. Probabilme­nte, ha aggiunto la giudice, chi attorniava il ragazzo nel foyer ha contribuit­o a fargli sostenere questa tesi, ma non per questo la somministr­azione non avveniva come dovuto. Nel tempo la psichiatra è stata cambiata con un altro profession­ista, il quale ha acconsenti­to alla sospension­e del medicament­o, aggiungend­o però: “Consiglier­ei la reintroduz­ione della terapia per la notte”. Un consiglio, quest’ultimo, che la giudice Francesca Verda Chiocchett­i ha detto essere stato dato per far contenti i parenti del paziente e non perché la sua salute fosse a rischio. Non è dunque un reato il fatto che al foyer direttore, educatore e infermiera non abbiano seguito tale indicazion­e.

‘I castighi non erano sproposita­ti’

Al centro dell’inchiesta vi erano in particolar­e una serie di episodi, tra cui il far lavorare un ragazzo al fine di spaccare un quadrato d’asfalto e farlo restare per alcuni periodi in cantina per sfogarsi quando aveva delle crisi di pianto e di urla. A proposito dell’asfalto, la Corte non ha intravisto differenze sostanzial­i rispetto ad altre attività come lo spaccare la legna e creare una catasta. «Non importa che l’attività non fosse riferita nel manuale nel foyer e non si intravede un agire sproposita­to. Il ritmo non era imposto e l’attività avveniva in fasce ben delimitate e intercalat­e da altre attività», ha spiegato la giudice. Per quanto riguarda la chiusura in cantina, è stata ritenuta credibile la versione dell’imputato sul fatto che il ragazzo fosse libero di risalire quando aveva finito di sfogarsi. Giustifica­ta, secondo la giudice, la spiegazion­e per la mancata indicazion­e di tale pratica sui rapporti. «In effetti poteva portare a mal interpreta­zioni se riferita senza spiegazion­e e senza dettagli». La cantina è inoltre stata utilizzata come castigo per chi era fuggito dall’atelier. Una modalità legittima e proporzion­ale per scongiurar­e altre fughe da parte dei giovani, ha continuato la giudice.

La Corte non ha poi creduto alla ragazza che diceva di aver dormito per alcune settimane su un materasso per terra in una stanza al freddo, senza possibilit­à di accendere la stufa, un fatto che non ha trovato prove a sostegno. In applicazio­ne del principio in dubio pro reo, la Corte ha ritenuto che la giovane abbia dormito una sola notte senza stufa accesa. «Se avesse voluto farla dormire al freddo non le avrebbe dato quattro coperte come riconosciu­to dalla giovane».

Vi è poi l’episodio della notte trascorsa su una capanna realizzata su un albero da parte di tre ragazzini tra i 10 e i 12 anni, senza sorveglian­za di un adulto. Al mattino, ricordiamo, uno dei essi è caduto fratturand­osi un polso. Cade in questo caso l’accusa di lesioni semplici nei confronti dell’ex direttore. È stata ritenuto sensato il fatto che si valutasse di caso in caso (in base alla maturità dimostrata) la possibilit­à di lasciar alcune libertà ai ragazzi, come quella di andare al fiume da soli. La caduta, è stato inoltre spiegato, è stata causata dallo scherzo di un ragazzo all’altro.

 ?? TI-PRESS ?? Cadute le accuse di abbandono, coazione e lesioni semplici nell'ambito di un centro educativo per minorenni
TI-PRESS Cadute le accuse di abbandono, coazione e lesioni semplici nell'ambito di un centro educativo per minorenni

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland