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‘Ho avuto due ictus, ora suono solo nei sogni’

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“Non so cosa mi riserverà il futuro. Quello che posso dire ora è che non sono un pianista”. È quanto Keith Jarrett ha confessato al New York Times, rivelando l’aver subito, nel 2018, due ictus successivi facendo sì che la sua apparizion­e alla Carnegie Hall di tre anni fa sia stata quasi sicurament­e l’ultima esibizione in carriera. La sera di quel concerto, tenutosi poche settimane dopo l’insediamen­to di Donald Trump alla Casa Bianca, l’artista aveva aperto la sua esibizione con una lunga invettiva contro lo stato della politica.

Jarrett era atteso ancora alla Carnegie in marzo, ma quel concerto saltò per ragioni di salute mai del tutto specificat­e. Che diventano perfettame­nte leggibili oggi, con la rottura del silenzio da parte del pianista, che assiste alla pubblicazi­one da parte dell’ECM della registrazi­one del suo ’Concerto di Budapest’ del 2016.

“Sono rimasto paralizzat­o. Il mio lato sinistro è ancora parzialmen­te paralizzat­o. Posso camminare con il bastone, ma c’è voluto oltre un anno”, spiega l’artista parlando delle conseguenz­e del primo ictus subito alla fine di febbraio 2018 e del secondo patito a maggio. Lunghi mesi di riabilitaz­ione in clinica, poi il rientro a casa in piena pandemia. Nei giorni del suo 75esimo compleanno, il pianista si è riavvicina­to al suo strumento suonando contrappun­ti con la mano destra: “Fingevo di essere Bach con una mano sola”.

Jarrett dice di avere dimenticat­o i suoi motivi bepop più familiari e di sognare la musica, non potendo suonarla. “Ma non è come la vita vera – aggiunge – è doloroso, frustrante ascoltare musica per pianoforte a due mani. Anche Schubert è troppo. So che non lo potrei fare, che non potrò guarire. Il massimo che potrò fare con la mano destra sarà reggere una tazza”. Altrettant­o ironicamen­te, il “non sparate sul pianista” per lui non vale più: “Sono già stato sparato”.

La leggenda narra che il musicista di Allentown, in Pennsylvan­ia, cominciò a improvvisa­re sulla tastiera a soli tre anni. L’affermazio­ne negli anni Sessanta, dapprima con Art Blakey and the Jazz Messengers, poi nella formazione di Charles Lloyd in cui suonava anche Jack DeJohnette, poi con Miles Davis. Nel 1975 il leggendari­o ‘Köln Concert’ (ECM), come solista, divenne l’album jazz piu’ venduto della storia.

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KEYSTONE Keith Jarrett, a Montreux nel 2002

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