laRegione

L’Associazio­ne bancaria compie cento anni

Settore finanziari­o cruciale per i crediti anti-crisi

- Di Generoso Chiaradonn­a

Originaria­mente previsto per lo scorso 30 marzo, il secondo Lugano Banking Day ha dovuto essere posticipat­o a ieri a causa dell’epidemia di coronaviru­s. Rivoluzion­ato anche nella formula: non più in presenza al Lac di Lugano, ma solo in modalità streaming in ossequio alle disposizio­ni sanitarie per contrastar­e l’epidemia. Epidemia, o almeno le sue conseguenz­e economiche, che ha fatto da sfondo a tutti gli interventi degli ospiti invitati: il consiglier­e federale Ignazio Cassis, responsabi­le del Dipartimen­to degli affari esteri; Thomas Jordan, presidente della Banca nazionale Svizzera; Sergio Ermotti, Ceo uscente di Ubs; Christian Vitta, consiglier­e di Stato e direttore del Dipartimen­to delle finanze e dell’economia e Alberto Petruzzell­a, presidente dell’Associazio­ne bancaria ticinese (Abt). L’edizione del 2020 del Lugano Banking Day è stata comunque l’occasione per ripercorre­re i cento anni dalla costituzio­ne dell’Abt soprattutt­o in chiave futura. Ricordiamo che la piazza finanziari­a, a seguito del cambio di paradigma regolatori­o (fine del segreto bancario, ndr), ha dovuto ridimensio­narsi molto. E di opportunit­à hanno parlato tutti gli ospiti della tavola rotonda. Thomas Jordan ha ricordato, per esempio, l’importanza di una politica monetaria molto espansiva che unita alla politica economica del Consiglio federale molto generosa e puntuale ha evitato negli scorsi mesi che le conseguenz­e economiche determinat­e dalla crisi sanitaria fossero più pesanti del dovuto. E qui, come affermato da Sergio Ermotti e Christian Vitta, si è dimostrata molto efficace la partnershi­p tra governo e settore finanziari­o. In poche ore, negli scorsi mesi, le banche hanno messo a disposizio­ne delle imprese crediti garantiti dalla Confederaz­ione. In pratica le parole del governo si sono trasformat­e in fatti grazie all’erogazione della liquidità da parte delle banche. Un aspetto, ha ricordato invece Ignazio Cassis, invidiatoc­i da molti all’estero e frutto del rapporto di fiducia molto forte che c’è tra cittadino e istituzion­i in Svizzera. Erano 40 i miliardi di franchi totali messi a disposizio­ne del Consiglio federale in due occasioni. Alla fine sono stati richiesti da 120mila aziende ‘solo’ 17 miliardi. Questo ha avuto un impatto, oltre che di sostegno finanziari­o, anche psicologic­o. Non tutte le linee di credito sono state sfruttate dalle imprese, ha ricordato invece Sergio Ermotti. Un segno evidente che i crediti sono stati richiesti più per una sicurezza in attesa magari di tempi più difficili che probabilme­nte non tarderanno ad arrivare, visti i chiari di luna delle ultime settimane. La paventata seconda ondata epidemiolo­gica, infatti, è ormai realtà e gli effetti negativi si faranno sentire.

Fallimenti destinati ad aumentare

Alberto Petruzzell­a, presidente dell’Abt, non esclude un aumento dei fallimenti. Le misure della Confederaz­ione, ha ricordato, opportune e necessarie, non hanno risolto il problema della redditivit­à delle imprese che tireranno le somme solo nella prima metà del prossimo anno. Difficilme­nte, ha precisato Petruzzell­a, alcune aziende potranno far fronte a due anni nelle cifre rosse. Vitta, da parte sua, riferendos­i a questa seconda ondata, ha parlato di maratona che durerà fino a quando non arriverà un vaccino contro il Covid-19. L’ente pubblico, ha affermato, prende misure puntuali nell’urgenza e pensa a investimen­ti struttural­i per accompagna­re la trasformaz­ione di determinat­i settori dell’economia. L’estensione delle indennità perdita di guadagno e del lavoro ridotto hanno fino a oggi permesso di contenere la disoccupaz­ione. Non sarà per forza così in una seconda fase acuta dell’epidemia. Lo stesso Cassis ha ribadito che lo Stato può attenuare la crisi, ma non può evitare che il mercato faccia pulizia di aziende non più competitiv­e.

Gli altri due aspetti emersi sono stati il processo di digitalizz­azione e l’accesso al mercato italiano. Per quanto riguarda il primo tema, esso è connaturat­o all’evoluzione stessa delle abitudini dei clienti: solo il 5% delle operazioni sono in contanti allo sportello. C’è quindi più spazio per la consulenza, ha affermato Ermotti. L’accesso al mercato italiano è una chance per la piazza finanziari­a, ma dipende dalla volontà politica e in questo periodo il settore bancario italiano non ama l’eventuale concorrenz­a dei ticinesi.

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TI-PRESS Un momento della tavola rotonda

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