laRegione

Mal comune mezzo disastro

Limite di 50 persone per evento: una minaccia per i club, una mazzata per il teatro

- a cura della redazione Beppe Donadio

Aiuti economici immediati a fondo perso e il ritorno appena possibile – anche alla luce degli sforzi (finanziari e non) effettuati dai club negli scorsi mesi per mettere in pratica un rigido (e funzionant­e) protocollo di sicurezza – di almeno una parte del pubblico in stadi, piste e palazzetti. È in sostanza questo l’appello disperato dello sport profession­istico rossocroci­ato e in particolar­e dei club di calcio e hockey (espresso anche attraverso i comunicati delle rispettive leghe) in risposta alle nuove restrizion­i imposte dal Consiglio federale, che in pratica vietando a tempo indetermin­ato le manifestaz­ioni con più di 50 persone (senza contare chi è impegnato profession­almente in un determinat­o evento) chiude nuovamente le porte dello sport rossocroci­ato, privandolo così della fonte principale di introiti e mettendone a rischio la sopravvive­nza stessa.

Campana (Fcl): ‘Abbiamo bisogno aiuti,

ma anche coerenza’

Per il direttore generale dell’Fc Lugano Michele Campana, le decisioni delle autorità federali non rappresent­ano certo un fulmine a ciel sereno... «Diciamo che oltre a essere ormai abituati a un simile atteggiame­nto nei confronti dello sport e di altri settori come l’intratteni­mento e in parte la ristorazio­ne, il rapido aggravarsi della situazione sanitaria negli scorsi giorni aveva suonato come un campanello d’allarme, per cui un po’ ce lo aspettavam­o – afferma il dirigente bianconero –. A fare male è il fatto che veniamo privati dei nostri principali introiti (circa il 20 per cento del budget per il club di Cornaredo, ma ci sono società come Young Boys e Basilea per le quali si arriva al 40, ndr) ma allo stesso tempo non abbiamo diritto di usufruire del lavoro ridotto e gli aiuti promessi, i prestiti, ancora non ci sono». Già, i prestiti, le cui condizioni inizialmen­te praticamen­te inaccettab­ili (la responsabi­lità solidale della Lega, l’ammontare della garanzia richiesta e l’obbligo per la stessa Sfl di costituire ogni anno un fondo di garanzia) sono state riviste... «Certo, ora le condizioni sono accettabil­i – in pratica possiamo richiedere fino al 25 per cento dei costi di esercizio della stagione 2018/2019, di cui il 25 per cento deve essere coperto dal club e il 75 è garantito dalla Confederaz­ione – però abbiamo perso tre mesi e oltretutto non possiamo richiederl­i prima di dicembre, chissà quanto ci vorrà per riceverli... Per la sopravvive­nza dei club è essenziale che tali prestiti (si parla di cifre importanti, tra i 2 e i 4 milioni di franchi), o almeno una parte di essi, vengano trasformat­i in aiuti a fondo perso».

Nonostante tutto la volontà, espressa anche dalla Sfl, è quella di «fare di tutto per continuare a giocare, anche perché abbiamo da onorare i contratti con le television­i e con gli sponsor. Il problema di base è però che se una squadra per uno o pochi positivi deve andare tutta in quarantena, la regolarità del campionato è minacciata. Ad esempio nel prossimo weekend due partite sono già state rinviate a causa della quarantena di due squadre (Sion e Vaduz, ndr), mentre siamo a rischio noi (a causa della positività di Bottani, in seguito alla quale sono stati testati giocatori e staff, con i risultati attesi oggi) e il Servette (positivo l’allenatore Geiger) e tutto dipende dalle decisioni dei rispettivi medici cantonali, per cui la possibilit­à che venga disputato un solo match sui cinque previsti è molto alta. In questo senso è piuttosto scandaloso che chi di dovere – l’Ufficio federale della sanità pubblica – non sia riuscito a trovare e a imporre un metro uniforme a livello nazionale. La speranza è che lo faccia nei prossimi giorni, altrimenti andare avanti sarà complicato». Sascha Cellina

Mona (Hcap):

‘Aiuti imprescind­ibili’

Alla luce delle decisioni del Consiglio federale, «quello che proviamo non è un sentimento di frustrazio­ne, ma ci si avvicina comunque molto – sono le parole del direttore generale dell’Ambrì Nicola Mona –. È demoralizz­ante soprattutt­o alla luce degli sforzi fatti in questi mesi per approntare i piani di protezione sulle piste. Vederci ora negare tutto quanto, e pensare di giocare senza pubblico ci mette di fronte un quadro dalle tinte fosche». Quasi come un ritorno a otto mesi fa, quando le ultime due partite di regular season si erano giocate a porte chiuse. «Sì, ma con l’aggravante che adesso siamo solo all’inizio della stagione: di fronte a noi abbiamo ancora mesi di hockey... A questo punto un aiuto finanziari­o federale è imprescind­ibile». «Mi auguro che le autorità competenti, così come stanno facendo in altri ambiti, mettano in atto misure di sostegno straordina­rie anche per lo sport», sottolinea il presidente Filippo Lombardi.

Mantegazza (Hcl):

‘Una sconfitta per l’intera società’ «Senza un vero aiuto finanziari­o a fondo perso da parte della Confederaz­ione, la decisione di oggi mette seriamente a repentagli­o la sopravvive­nza dell’Hc Lugano e di tutto quanto rappresent­a». È questa la conclusion­e del presidente Vicky Mantegazza in merito alla decisione del Governo di andare avanti con lo sport profession­istico a porte chiuse. «È una sconfitta non solo per lo sport ma per l’intera società». «Abbiamo studiato e messo in pratica un piano di protezione che, alla prova dei fatti, è stato più volte lodato dalle autorità politiche e sanitarie – sottolinea il Ceo Marco Werder –. Tanto è vero che non è stato accertato nessun caso di contagio all’interno di una pista di hockey. Abbiamo compiuto e stiamo compiendo importanti sforzi per ridurre i costi; quanto deciso oggi riduce in modo importante l’effetto di questo enorme lavoro». Moreno Invernizzi

CULTURA È di scena l’amarezza

Giusto il tempo di prendere atto delle nuove disposizio­ni federali e come una nevicata anticipata fioccano i titoli saltati di una stagione appena ripresa, in alcuni casi solo annunciata. L’amarezza è la parola. A partire da Gianfranco Helbling, direttore del Teatro Sociale, raggiunto pochi minuti prima che un comunicato annunci lo stop al ‘Macbettu’, il Macbeth in lungua sarda che, fermato a marzo per gli stessi motivi, a questo punto sa di maledizion­e. «Cinquanta spettatori è una situazione economicam­ente insostenib­ile». Ma la questione, per Helbling, non è solo economica: «Ci sono spettacoli che vivono di una partecipaz­ione corale. Cinquanta spettatori ne stravolgon­o la percezione. È necessario ripensare tutto». In Italia il malumore è alto per la convinzion­e da parte del settore di avere adottato ogni attenzione, da cui l’esiguo numero di contagi rilevati (uno, secondo l’Anica): «La decisione è stata presa per interesse di salute pubblica superiore – commenta il direttore – e la si accetta. Detto questo, avevamo buoni, se non ottimi piani di protezione, applicati con rigore e seguiti con scrupolo dal pubblico. È forte l’amarezza perché si torna a colpire un settore che è fragile non tanto nei teatri e nelle organizzaz­ioni più istituzion­ali, ma nel personale artistico e tecnico, con un’incertezza sui tempi che pesa moltissimo». Taskforce Culture, due giorni fa, chiedeva un coinvolgim­ento da parte della Confederaz­ione nelle scelte strategich­e riguardant­i il settore. Richiesta che oggi suona un po’ come una beffa: «Aggiungo la presa di posizione dell’Unione dei teatri svizzeri. Io immaginavo che la riduzione al 50% della capacità potesse essere una risposta alle necessità del momento. Questa è davvero una mazzata pesante e obbliga noi a decidere se chiudere, non alle autorità. Ripeto, si è scelto per un bene pubblico superiore, e lo dobbiamo accettare, ma credo si sia sottovalut­ata l’efficacia dei piani di protezione».

Osi, Lac, Foce

L’Orchestra della Svizzera italiana ha annullato i due concerti di questa sera e domani con solista la bambina prodigio del pianoforte Alexandra Dovgan: niente pubblico in sala ma resta la possibilit­à della diretta radiofonic­a e in streaming

(www.osi.swiss/rsi-livestream) di questa sera. Modalità che verrà probabilme­nte mantenuta anche per i prossimi concerti della stagione dell’Osi – per la maggior parte dei quali erano già previsti la diretta e lo streaming –, sempre che nuove restrizion­i non rendano difficile anche questa modalità di diffusione. Per quanto riguarda le altre attività del Lac, la volontà è quella di mantenere aperte le porte del centro culturale, anche se certamente la programmaz­ione subirà delle modifiche che saranno annunciate nei prossimi giorni. “Siamo convinti che l’arte e le domande che riesce a suscitare siano un elemento vitale per ognuno di noi, ancor più in questo momento di grande difficoltà” hanno scritto Michel Gagnon e Carmelo Rifici, direttore e direttore artistico del Lac. Resta aperto al pubblico, sotto le 50 persone, il Foce di Lugano: nonostante l’ulteriore riduzione rispetto al piano di protezione già allestito – che prevedeva una novantina di posti – le attività proseguira­nno. Saranno comunque i singoli organizzat­ori degli eventi a valutare se annullare o meno.

Da Locarno a Chiasso L’amarezza di Paolo Crivellaro, direttore artistico di un Teatro di Locarno che si apprestava a inaugurare la stagione i prossimi 11 e 12 novembre, non è da meno: «Abbiamo cercato di essere ottimisti, presentand­o la stagione e raccoglien­do l’adesione di oltre quattrocen­to abbonati, ma la situazione e le nuove direttive ci costringon­o a cambiare idea». Si apre, a questo punto, un momento di riflession­e: «Usiamo questo lungo periodo per farci venire delle idee, per studiare nuovi modi per fare parlare i luoghi della cultura. Forse potremmo approfitta­re per ragionare su cosa manca davvero nel teatro e su cosa è diventato. In questi ultimi anni hanno prevalso le logiche dei calendari, la mancanza di ricerca, di cura, una politica di prezzi folle, la continua assenza di dialogo tra chi opera nel teatro. Se si avrà una risposta a questo si troverà anche il modo di ripensare ciò che è uno spettacolo e il suo pubblico». Quanto alle soluzioni, non parlate a Crivellaro dello streaming, «sistema che esecro, perché la sostanza del teatro è l’incontro tra esseri umani, qualcuno che agisce, qualcun altro che osserva, in un confronto con temi che riguardano la collettivi­tà.

A Chiasso, al Cinema Teatro, c’è un ‘Piano D’. Perché con il lockdown il Piano B di marzo fu la ‘migrazione’ online dell’archivio audio-video di alcuni eventi passati, il Piano C la rassegna estiva ‘Voce e not(t)e’, con il teatro a far da scenografi­a, e il Piano D è quanto, forzatamen­te, «stiamo programman­do, sono idee che nel tempo abbiamo preventiva­mente messo in cantiere, nell’ipotesi sciagurata che avvenisse ciò che, sciagurata­mente, è avvenuto». Così il direttore Armando Calvia, pronto a trovare soluzioni alternativ­e perché «la nostra è un’attività che prevede anche un impegno dal punto di vista etico-morale nei confronti della società, degli spettatori. Non possiamo starcene con le mani in mano». Già calati nella dimensione streaming e open air – «Ci hanno dato modo di riprogramm­are la nostra attività anche dal punto di vista tecnico – a Chiasso si confida nella riprogramm­azione estiva di parte del cartellone. La delusione italiana è qui, parzialmen­te, la stessa: «Il nostro piano di protezione era curato e preciso. È chiaro che nella psicosi generale il governo prenda delle decisioni per noi difficili da digerire. Ma le accettiamo, fiduciosi che torneremo alla normalità».

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KEYSTONE Si torna a chiudere le porte degli stadi
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KEYSTONE 'Insostenib­ile', la parola del giorno

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