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‘Lo sport profession­istico rischia il fallimento’

Manuele Bertoli si aspetta aiuti finanziari sostanzios­i. De Rosa: ‘Ospedali pronti’.

- Di Generoso Chiaradonn­a e Andrea Manna

L’insegnamen­to nelle scuole dell’obbligo e del secondario rimarranno in presenza. Le università e le scuole universita­rie profession­ali torneranno in modalità online. Lo sport e la cultura rischiano di pagare il prezzo più alto. La chiusura, di fatto, delle università non convince appieno il consiglier­e di Stato Manuele Bertoli, direttore del Dipartimen­to dell’educazione della cultura e dello sport (Decs) avvicinato durante un incontro stampa nel cortile di Palazzo delle Orsoline dove erano presenti anche i colleghi Raffaele De Rosa e Norman Gobbi. «Avrei preferito che si fosse lasciato la decisione ai singoli atenei e ai loro piani di protezione che nelle scorse settimane hanno dimostrato di funzionare bene», afferma Bertoli. Quella del Consiglio federale somiglia molto a una decisione da ‘situazione straordina­ria’ senza averla decretata. Attualment­e ci troviamo infatti in una ‘situazione particolar­e’ dove i Cantoni hanno ancora margine di manovra. «No, non direi questo. Quando c’è stato, la scorsa primavera, lo stato di necessità nazionale c’erano regole federali ed eccezioni, che dovevano essere espresse in maniera chiara, per i cantoni». «Ora invece – continua Bertoli – il meccanismo è un po’ diverso. La Confederaz­ione decide uno standard e i singoli Cantoni possono fare di più. Quindi c’è un lavoro complement­are tra i due livelli che permette di articolare diversamen­te il dispositiv­o su tutto il Paese».

La cultura ha già pagato pegno

Lo sport, anche quello profession­istico e la cultura, sono i settori più colpiti dalle restrizion­i decise da Berna. È possibile dire che si sta sacrifican­do uno degli ambiti della società che non ha, a oggi, dimostrato di essere più pericoloso per la diffusione del coronaviru­s rispetto ad altri. «Si potrebbe fare un ragionamen­to su quali sono i settori che sono stati più toccati da queste misure. Ma interrogar­si sul fatto se davvero quei settori, come anche le università che vengono di fatto chiuse, sono davvero veicoli del contagio, non credo sia adesso di fare questo discorso», aggiunge Bertoli che precisa: «Si può certamente dire che sia il settore sportivo, sia il settore culturale devono essere aiutati in modo deciso in questa fase altrimenti moriranno e sarebbe una perdita netta in termini proprio di presenza civile». «Auspico che come è stato fatto nei mesi scorsi, meglio per la cultura e un po’ meno bene per lo sport, la Confederaz­ione riveda le sue ordinanze e soprattutt­o il sistema di sostentame­nto di chi di sport e cultura vive. Noi come Cantone faremo la nostra parte complement­are ben volentieri e con una regia federale». Si riferisce solo alle piccole società sportive o anche per le squadre maggiori profession­istiche? «No, non solo. Credo che il rischio di vedere tanti fallimenti e quindi un panorama profession­istico totalmente cambiato, è grosso». «Si tratta di capire in che modo possa essere salvata questa stagione, penso al calcio e all’hockey, per prendere i due sport più popolari, ma anche ad altri sport. Le squadre dovranno metterci del loro, ovviamente». «Hanno già rivisto al ribasso gli ingaggi, e va bene, perché non sarebbe corretto che versino salari troppo elevati quando si prendono sovvenzion­i pubbliche». Sull’ipotesi di ulteriori strette (un lockdown a Natale, ndr) Bertoli non si sbilancia. «Questo non lo sa nessuno. Quello che sappiamo è che dobbiamo seguire l’evoluzione dell’epidemia ed essere pronti a reagire giorno dopo giorno. Sono veramente tempi eccezional­i quelli che stiamo vivendo», conclude.

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KEYSTONE Popolare sì, ma senza pubblico ed entrate

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