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‘Tempi durissimi per i bar’

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Bar e ristoranti chiusi tra le 23 e le 6, ha deciso il Consiglio federale. Che inizialmen­te prospettav­a la chiusura alle 22. «Il nostro e altri Cantoni chiedevano di spostarla alle 23 – fa sapere Gobbi –. Dal nostro punto di vista, le 22 era un orario non corrispond­ente alle aspettativ­e del settore ma neanche alla vita sociale che conosciamo». Il presidente di GastroTici­no Massimo Suter dice alla ‘Regione’ di non vedere «l’utilità di questa misura e comunque prevedo grossi problemi non tanto per la ristorazio­ne ma per i bar, soprattutt­o per loro. Parlo dei bar perché molti di questi esercizi pubblici lavorano nel dopo cena. Tutto il mercato del dopo cena rischia di crollare come un castello di carte. Per questo genere di locali temo tempi durissimi, se teniamo conto anche del telelavoro che durante il giorno ha ridotto nei bar la presenza dei lavoratori». Quanto alla ristorazio­ne, il presidente della Gastro fa buon viso a cattivo gioco. «Sarebbe stato meglio non dover chiudere alle 23, tuttavia l’arrivo della stagione invernale dovrebbe aiutarci a ‘contenere’ il colpo – osserva –. Nei mesi invernali, col buio che arriva presto e il freddo, le persone di regola non cenano a tarda ora. Confidiamo in un piccolo e temporaneo cambiament­o delle abitudini. Mi auguro che il Consiglio di Stato ticinese non introduca ulteriori restrizion­i a livello di orario». Il che, evidenzia Suter, «dipende anche dai comportame­nti di tutti noi: esorto pertanto sia i ristorator­i sia i clienti a rispettare le regole affinché i casi di contagio non aumentino: dobbiamo contribuir­e a che diminuisca­no». Restando al settore degli esercizi pubblici, c’è chi nel frattempo si è appellato ai giudici. «Se è scientific­amente appurato che la prostituzi­one è fonte di contagio, allora per una questione di parità di trattament­o il Consiglio di Stato avrebbe dovuto decretare la chiusura anche degli appartamen­ti a luci rosse, appartamen­ti che oltretutto, a differenza dei locali erotici, non hanno un piano di protezione anti-pandemico»: così, raggiunto dal nostro giornale, l’avvocato Marco Garbani sintetizza i motivi del ricorso che ha inoltrato l’altro ieri, per conto di otto postriboli ticinesi, quasi tutti del Sottocener­i, al Tribunale cantonale amministra­tivo contro la chiusura dei locali erotici decretata dal Consiglio di Stato nella recente risoluzion­e. Nel ricorso, di cui ha dato notizia ‘20 minuti’, Garbani chiede ai giudici di annullare il provvedime­nto governativ­o. E nell’attesa della sentenza di merito di congelarlo, conferendo l’effetto sospensivo al ricorso, affinché i locali erotici possano riprendere l’attività, perlomeno “limitatame­nte con un’apertura fino alle 01:00, oppure – in caso di limitazion­e degli orari dei locali pubblici ordinari – fino a tale medesimo orario”. I postriboli, sostiene ancora l’avvocato, «non si opporrebbe­ro se dovessero chiudere a una certa ora, se per esempio il Consiglio federale dovesse decidere che gli esercizi pubblici devono chiudere alle 23 (come poi stabilito da Berna). Ma si oppongono a questa chiusura totale decretata dal Consiglio di Stato». Perché postriboli chiusi e appartamen­ti dove si pratica il meretricio no? «In questa situazione il problema nei locali erotici sono gli assembrame­nti di persone negli spazi comuni dell’esercizio – ricorda Gobbi –. Il Consiglio di Stato, tuttavia, non ha ancora ricevuto copia del ricorso per le osservazio­ni, per cui mi è ora difficile dire di più».

Ordine pubblico, la Polizia cantonale: monitoriam­o costanteme­nte la situazione Divieti, restrizion­i: in Italia ci sono già state proteste di piazza, anche violente. «Come Polizia cantonale monitoriam­o costanteme­nte questi aspetti legati all’ordine pubblico, mantenendo stretti contatti con tutti i partner. Guardiamo evidenteme­nte con attenzione a quanto avviene negli Stati a noi vicini», annota il portavoce Renato Pizolli. Osserva dal canto suo Gobbi: «Fortunatam­ente non viviamo una situazione paragonabi­le a quella italiana, se penso alle limitazion­i alle libertà introdotte di recente dal governo Conte, come la chiusura alle 18 di bar e ristoranti. L’ordinanza del Consiglio federale ammette, per esempio, gli assembrame­nti per scopi politici e questo a tutela di uno dei diritti fondamenta­li sanciti dalla Costituzio­ne federale. L’Italia ha adottato misure molto stringenti che non vengono comprese e per questo mal sopportate dalla popolazion­e». Avete segnali di situazioni a rischio in Ticino? «Per ora no – risponde il direttore del Dipartimen­to istituzion­i –. Si continua comunque a monitorare».

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